24 Maggio 2025
Francesco Micheli, Presidente di Nextalia, in occasione dell'uscita del suo nuovo libro "Il Capitalista Riluttante" è stato intervistato da Il Giornale d'Italia su tematiche attuali quali il risiko bancario in corso, l'introduzione dei dazi di Trump e il genocidio in atto a Gaza per mano di Israele.
Parliamo del suo nuovo libro "Il Capitalista Riluttante". Quali sono i principali temi che vuole mettere in evidenza?
“È un libro autobiografico. Di tutte le volte che ho fatto qualche operazione significativa di quelle che vanno sui giornali ho sempre avuto qualcuno che mi ha chiesto di scrivere un libro avendo battuto il marciapiede a lungo. Ho cominciato a lavorare nel 1959 nella borsa gridata, quella che si vede in certi film di Antonioni. I miei nipoti mi hanno chiesto per mesi di raccontarmi. Mi sono detto “facciamolo” ed è nato così. Detto questo, io ho cercato di raccontare alcune delle operazioni che ho condotto con personaggi importanti che non ci sono più. Volevo fare un libro leggibile che fosse anche abbastanza divertente e con questa prospettiva ho trovato una formula in cui mescolo aspetti personali ed esperienze lavorative significative che ho condotto a termine. Devo dire che mi sono accorto che ho battuto a lungo il marciapiede, quindi ho un sacco di storie da raccontare. Con questo non dico che voglio fare un sequel, però c’è una serie di episodi fondamentali della storia d'Italia, delle grandi operazioni di Borsa e i grandi personaggi di allora come Cuccia, Cefis, Debenedetti.”
Quindi insomma un excursus della sua vita con un'ottica non solo economica ma anche proprio personale.
“Ha finito per esserci una parte notevole di storie personali, che riguardano poi Padova e Parma dove sono nato, che avvenivano allora con personaggi molto curiosi perché ho avuto la fortuna di avere in famiglia personaggi protagonisti. Ci sono delle storie abbastanza curiose che le persone, gli amici con le quali ho parlato a cui è piaciuto il libro hanno molto apprezzato questi aspetti umani che sono inseriti nel libro e che si mescolano poi con un pezzo di storia d'Italia in un momento in cui c'è stata una rivoluzione, si è passati da vecchi testamenti a nuovi testamenti soprattutto nel campo della finanza.”
Dopo anni di apparente stabilità, il risiko bancario italiano è esploso, toccando perfino istituzioni fino a ieri intoccabili. Come interpreta questo nuovo terremoto nel settore?
“Oggi dopo un'ottantina di anni, dalla fine della seconda guerra mondiale, di pace quantomeno nei nostri giardini, perché altrove ci sono state guerre di tutti i generi che per fortuna non ha toccato le nostre zone, di colpo c'è stato questo crescere di guerre e di interventi come India e Pakistan, le follie in Israele e in Ucraina. Quindi c'è stato questo enorme cambiamento che stiamo vivendo, con anche il passaggio da un pontefice a un altro che sono sulla stessa linea per quanto riguarda le guerre e le armi. Nel contempo il sistema bancario era rimasto a vecchie storie quindi c'era una pace anche lì molto tranquilla fintanto che Orcel, amministratore delegato di Unicredit, ha lanciato questa operazione ancora in corso e da lì ne sono partite altre tra cui l'ultima più significativa è quella tra Montepaschi e Mediobanca, poi ce ne sono altre piccole in corso. È un grosso cambiamento legato anche a fattori di poltrone, di personaggi che devono conservare o non conservare le loro posizioni. Se Montepaschi, che è un pesce piccolo, vuole ingoiare un pesce grosso che è Mediobanca pur con la forza politica che ha con sé è un paradosso perché il Monte dei Paschi è stato massacrato dalla politica di anni fa e dopo una vita lunghissima, tra un fallimento e l'altro, il pantalone ha sempre ricostituito un capitale. La Mediobanca di oggi non è la Mediobanca che io racconto ai tempi di Cuccia, che era qualcosa di assolutamente inaccettabile per conflitti di interessi, per tradimento del progetto di Mattioli che l'aveva fondata per le piccole e medie imprese: Mediobanca ora, dopo avere superato le difficoltà del 2008, ha un bilancio perfetto, non ha praticamente i titoli di Stato quindi non ha rischi di un certo tipo e ha dei numeri formidabili. L’operazione di Mps è abbastanza bizzarra, io la definisco solo così. Vediamo cosa succederà perché si concluderà questa estate. Sul sistema bancario quindi adesso è tutto sulle ginocchia di Giove, è molto difficile prevedere cosa succede.”
Per quanto riguarda l’Ops di UniCredit su Banco BPM, perché secondo lei il governo ha attivato lo strumento del golden power con delle richieste molto pesanti e non di mercato come l'uscita dalla Russia?
“È un'arma letale, dovrebbe essere adottata in tantissimi altri casi cioè le grandi banche come UniCredit e Banca Intesa non sono più italiane, sono in mano stranieri, sono banche internazionali, quindi se si usa questa misura andrebbe usata per tutti.”
Per quanto riguarda invece l'opzione di Mediobanca su Banca Generali?
“È una mossa difensiva abbastanza azzardata perché Mediobanca ha dei fondamentali molto buoni, anche perché la partecipazione del 13,8% di Generali, quella più importante sulla quale Cuccia ha sempre insistito che esistesse, contribuiva fortemente al dividendo, mentre Banca Generali non ha in questo momento delle prospettive analoghe. Mediobanca, essendo partita da prezzi molto bassi perché era quotata a 7-8€ adesso praticamente è a 21€, non ha più quei vantaggi competitivi come titolo di grande affidamento. È un arrocco, perché nei panni di Nagel è una mossa intelligente dal punto di vista della società, bisogna vedere poi come reagirà il mercato. Quello che è certo è che se l'operazione Montepaschi-Mediobanca va in porto dovranno cambiare i rapporti di cambio. Oggi chi ha le azioni Mediobanca le consegnerà per il successo dell'operazione a Montepaschi se verrà riconosciuto un prezzo superiore in termini di rapporti di cambio rispetto al momento in cui è stata annunciata l'operazione.”
E Generali in tutto questo che ruolo vuole giocare secondo lei?
“La domanda è: Caltagirone che ruolo vuole giocare in Generali? È il terzo incomodo in tutta questa vicenda. Si dice che abbia fatto anche un indebitamento per poter acquisire ancora ulteriormente Generali. Capisco che voglia giocarsi questa carta e lo fa con metodi legati alla sua età, oggi si gioca in modo un po’ diverso ma fa parte di questo risveglio che c'è.”
Trump è tornato al centro della scena e minaccia ulteriori dazi. Quale impatto può avere il suo approccio sul fragile equilibrio globale?
“Trump è un narcisista ossessivo che considera di essere il centro del potere in assoluto e riesce a fare dei maestosi errori. Non si è reso conto che i dazi sono delle tasse e le tasse finché colpiscono gli ultraricchi o la classe media non importa a nessuno. Ma quando il reddito è di 30-40.000€, che è la popolazione che ha votato Trump, ha fatto un autogol perché ha colpito i suoi elettori. Però essendo il campione del mondo di sbagliare e rimettere subito a posto in un altro modo, di tutte le cose che ha annunciato il primo giorno non se n'è verificata nessuno. Ha detto di voler prendere il Canada, il Canale di Panama, la Groenlandia il giorno stesso delle elezioni. Allora credo che deve aver avuto un qualche avvertimento forte, perché si è dimenticato di queste cose. Essendo un uomo di spettacolo in cui lui vuole essere sempre il vincitore, si muove in un modo impressionante e non ha non ha pudore: si veste da Pontefice dicendo ‘Se io fossi il Papa sarei più bravo di lui’, fa vedere la Striscia di Gaza dove è diventata come se fosse un resort che è un cimitero di 80.000 persone, cittadini non militari, morte sotto le macerie. Se è Disneyland va bene, ma se è la realtà è una follia. Quello che è certo è che in questa operazione sta guadagnando a bocca di barile, con le criptovalute uscite il giorno stesso dell'incoronazione a nome di sua moglie e dei figli e con operazioni che fa in Borsa di cui poi si vanta in video. È un caso clinico.”
Lei crede che la popolazione, come lui che ha la memoria corta, nell'ultimo periodo storico abbia una memoria breve per quanto riguarda i fatti che accadono o è da sempre così? Anche per quanto riguarda il popolo americano.
“L’americano non era così, ma è un fenomeno globale. Era più comodo quando c'erano la destra vera e la sinistra vera, oggi è cambiato lo scenario in tutto il mondo. In America con Trump è arrivato Musk che è sembra veramente un alieno, è un genio assoluto. È partito lo stesso giorno con Trump, il giorno della nomina, proprio avendo anche l'ufficio in Casa Bianca. Poi era chiaro due galli nel pollaio litigano, infatti ha resistito poche ore. Perché con le follie di Trump hanno perfino bruciato i negozi Tesla. Allora, intendiamoci, Musk è uno che valeva 200 miliardi di dollari come Arnaut e sono stati a lungo tempo pari più o meno. Il giorno in cui è stato incoronato Trump e aveva vicino a sé Musk, da 200 è andato a 400 miliardi di valutazione. Poi, dopo una ventina di giorni quando è saltato fuori questo strafare del Presidente, c'è stata una rivolta contro Tesla ma talmente pesante per cui lui si è molto preoccupato e si è sfilato dalla situazione.”
Qual è il disegno di Netanyahu in Palestina e perché nessuno interviene per fermare il genocidio in corso?
“Io sono un grandissimo estimatore di Israele perché ho vissuto l'Israele grande e importante dei kibbutz dopo la tragedia di 6 milioni di morti per mano dei nazisti ed era una popolazione straordinaria. Vedere di colpo questa attività disumana che fa il premier, che tra l'altro ha tanti peccati sulla coscienza per cui se non è più premier rischia molto, col sostegno degli estremisti locali che non sono contenibili quindi è un problema interno loro. Gli israeliani di una volta non hanno né la forza né la voglia di reagire a queste cose. Netanyahu ha assunto delle posizioni assolutamente inaccettabili che sia Papa Francesco che Leone XIV affermano quotidianamente, cioè che questi bombardamenti su una popolazione che ha la sfortuna di essere palestinese, perché non sono Hamas, quelli di Hamas sono dei palestinesi ma quelli che muoiono sulla Striscia di Gaza sono cittadini bambini. Questo genocidio e questi interventi pesanti fatti sul Libano fanno pensare che l'unica logica sia quella di fare un ingrandimento del Paese come Putin sull'Ucraina, che vuole arrivare al mare più in modo più ampio che non rispetto alla Crimea e quindi ci deve essere un disegno di questo tipo altrimenti non si spiega. È una situazione estremamente delicata, quando si muove qualche cosa tutti si possono muovere, quando le guerre si diffondono tutti possono farlo, per cui Taiwan diventa rischiosa, India e Pakistan ecc. E la spregiudicatezza del leader di Israele è quella di approfittare della situazione per passare alla storia come quello che ha fatto diventare un piccolo Paese come Israele un grande Paese, perché ci metto dentro parte del Libano, la Striscia di Gaza e la Cisgiordania; se questo costa qualche decina di migliaia di morti in più di popolazione civile o quei pochi ostaggi di Hamas non importa.”
Cosa può dire sul fatto che il governo di Giorgia Meloni non si sia ancora esposto sul genocidio di Gaza?
"La Meloni ha la giacca tirata da tutte le parti, vive nel terrore del complotto secondo me e devo dire che regge quotidianamente delle situazioni in cui probabilmente neppure lei stessa crede. Non ha un governo così forte, dovrebbe fare un rimpasto che però non le conviene, un disegno più probabile è che voglia andare alle elezioni in stato di grazia dove può avere un risultato più forte, perché dal punto di vista elettorale non ha avuto una base molto solida, ma si mostra con la sua empatia e apparendo di casa dai maggiori leader mondiali davanti ai cittadini."
Francesco Micheli nasce a Parma, figlio di un compositore e docente al Conservatorio Verdi di Milano e di una sua ex allieva. Cresciuto in un ambiente colto e borghese, Micheli ha intrecciato fin da giovane la pratica musicale a un percorso che lo porterà a distinguersi nell’alta finanza e nell’imprenditoria. In memoria del padre, nel 1994 ha promosso con Luciano Berio, Maurizio Pollini e Gae Aulenti un concorso pianistico internazionale.
La musica resta il filo rosso della sua identità, nonostante sia stata la madre – convinta che un solo musicista in famiglia bastasse – a orientarlo altrove. Per Micheli, il denaro non è né un feticcio né uno strumento di dominio: è un mezzo per conquistare libertà e incidere sul piano intellettuale e civile. Un equilibrio raro, tra rigore culturale e visione economica, che ancora oggi caratterizza il suo sguardo sul mondo.
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