22 Ottobre 2025
Meloni, fonte: imagoeconomica
Nei corridoi di Palazzo Chigi si respira già aria di primavera. Ma non è il calendario a dettare i ritmi: è il timer, silenzioso ma inesorabile, che scandisce l’avvicinarsi della grande tornata di nomine ai vertici delle partecipate di Stato. Una scadenza che, per il governo Meloni, rappresenta molto più di una semplice routine amministrativa: è il banco di prova per consolidare l’asse tra politica ed economia, e definire — forse per l’intera legislatura — la vera geografia del potere nazionale.
Il dossier, per ora, è gestito in prima persona dalla premier. Pochi fedelissimi al lavoro, riserbo massimo, e un equilibrio delicato da mantenere tra gli alleati di maggioranza. Forza Italia osserva con attenzione, la Lega tasta il terreno, ma è Fratelli d’Italia a muoversi con anticipo e metodo. «Non sarà un risiko, ma una visione industriale», ripetono fonti vicine alla presidenza del Consiglio. In realtà, la mappa delle nomine è già in costruzione, tra conferme che appaiono scontate e partite ancora tutte da giocare.
Il caso più emblematico è quello di Claudio Descalzi. Alla guida di Eni dal 2014, l’ad è considerato insostituibile, tanto per il suo profilo tecnico quanto per la rete geopolitica che ha saputo tessere nel tempo, in primis con gli Usa. La recente commessa ottenuta in Israele, per l’estrazione offshore al largo della Striscia di Gaza — accordo siglato prima del 7 ottobre — rafforza il ruolo strategico della compagnia nel Mediterraneo allargato. E, indirettamente, quello dell’Italia. A Palazzo Chigi il dossier è oggetto di riflessione costante: Meloni considera l’energia non solo leva economica, ma anche strumento di diplomazia internazionale. Al vaglio anche l'opzione di salire al ruolo di Presidente operativo, con la nomina a Ceo del numero 2 dell'azienda Guido Brusco, attuale Chief Operating Officer Global Natural Resources e Direttore Generale del cane a 6 zampe.
Più lineare, almeno al momento, il percorso di Roberto Cingolani in Leonardo. Ex ministro della Transizione ecologica, poi consigliere strategico della presidenza del Consiglio, Cingolani ha gestito la transizione post-Profumo in modo sobrio, lontano dai riflettori ma in costante dialogo con il sistema industriale e militare. Il suo rinnovo non sembra in discussione.
Diverso il discorso per le presidenze. Giuseppe Zafarana e Stefano Pontecorvo — rispettivamente in Eni e Leonardo — potrebbero concludere il loro mandato. Ed è qui che si riaffaccia un nome pesante: Elisabetta Belloni. L’attuale direttrice del DIS, da sempre figura chiave nelle trame istituzionali, è indicata da più fonti come possibile presidente di una delle due big partecipate. Sarebbe un ritorno nell’orbita operativa delle aziende di Stato, in una fase in cui l’intreccio tra sicurezza, industria e relazioni internazionali diventa sempre più stretto. Nel totonomi per le presidenze anche quello di Luca Zaia, dopo due mandati come governatore del Veneto.
Infine Enel, dove il nodo è Flavio Cattaneo: qualcuno, nei palazzi, lo immagina già proiettato verso Generali (circostanza smentita dal colosso energetico), mentre altri lo vorrebbero al timone per un secondo mandato. In ogni caso, la partita Enel si interseca con quella di Ferrovie e Cdp: segno che le nomine di primavera, stavolta, non saranno solo una questione di poltrone. Ma di potere.
Fine prima parte
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