21 Aprile 2022
David LaChapelle, racconta la sua mostra "I Believe in Miracles" ospitata al MUDEC, il risultato di un percorso di ricerca artistica che dura da una vita illustrato in 90 scatti - IL VIDEO
“Questa mia mostra copre 40 anni di fotografie che ho scattato: inizieremo guardando le vetrate che io ho prodotto quando ero molto giovane, avevo 18 anni e abitavo a New York e avevo questo senso di riuscire a completare e portare a termine delle immagini. Eravamo in guerra anche in quegli anni, io pensavo di non avere molta vita davanti a me, in quel momento c’era l’AIDS e avevo l’urgenza di riuscire a capire come fosse l’anima e come riuscire a rappresentarla. C’erano tanti amici miei che in quel periodo stavano morendo e allora ho pensato di farli rivivere attraverso le ali, ho cominciato a rappresentare gli angeli e a cercare una rappresentazione del paradiso."
"Cercavo davvero di riuscire a rappresentare il non fotografabile, cercavo una lingua di espressione che forse non era semplice trovare in quel momento perché eravamo in un momento di guerra negli anni ’80 e la nostra guerra era l’AIDS, c’erano tanti morti e anche io avevo questa paura, che mi dava la sensazione di fredda, di dover lasciare qualcosa al mondo in cui vivevo. In quel momento ho sentito che potevo ravvicinarmi a Dio, questa cosa mi è successa anche negli ultimi 15 anni mi è tornato questo senso di urgenza, sensazione che la natura e noi siamo minacciati, il genere umano ha sempre più paura. Allora ho cominciato a onorare la sacralità della Sacra Famiglia, a rivolgermi alle scene bibliche e a dare a questi personaggi una nuova vita, ispirata da una passione e una fede nuda e cruda attraverso la quale raccontare queste storie che non venivano dalla mia mente ma dal mio cuore."
"Sono stato davvero molto fortunato perché ho lavorato con degli amici che mi hanno aiutato a compiere dei piccoli miracoli, queste idee attraverso la nostra fede, attraverso il camminare tutti insieme si sono trasformate in immagini. Abbiamo lasciato lavorare Dio ad un certo punto, se si può dire, quindi la spontaneità, l’intuizione ci hanno guidati no la pianificazione o il voler capire prima quello che sarebbe successo dopo e questo perché ci siamo sempre sentiti protetti dalla natura e siam riusciti a fare cose in modo imprevedibile. Questo ha dato forma al nostro lavoro ma anche a quello che potete carpire nelle foto che siamo riusciti a fare, credo che siamo stati in grado di dare un’immagine differente di quella che è stata un’esperienza incredibile."
"Noi ci ritroviamo oggi in un mondo che sta andando in pezzi e il nostro compito è rimettere insieme questi pezzi liberandoci da materialismo, preoccupazioni e ansia, lottando con la fede attraverso la creazione. Questa è la narrazione che io ho cercato di mettere nelle mie immagini quando parlo della Sacra Famiglia, della sicurezza del fatto che dobbiamo trovare riparo e in un momento come questo di violenza dico che non è possibile creare arte. La guerra è esattamente il contrario di tutti questi sentimenti, dell’amore per la famiglia, della sicurezza e della protezione e quindi non è sempre possibile produrre e fare arte insieme se siamo minacciati in questo modo. Ecco perché ho avuto questo desiderio nelle mie immagini di riportare la luce, l’ispirazione, il sentimento e di condividere tutte queste cose."
"Il mio lavoro se riesce a non finire mai di dare sensazioni e emozioni mi rende felice, il mio lavoro è come un pezzo musicale che si sente, si ascolta una prima volta e poi si riascolta e non finisce mai. Il mio scopo è creare dei collegamenti e far risuonare questi in modo tale da dare una completezza al mio lavoro e se sono riuscito a fare questo ringrazio anche voi che siete l’elemento che darà completezza al mio lavoro visitando questa mostra.”
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia