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Food M&A, nel 2025 acquisizioni transatlantiche a quota €25 miliardi, record tra Europa e Stati Uniti; in Messico costi produttivi inferiori del 50%.

Operazioni come i €15,7 miliardi di Keurig Dr Pepper–JDE Peet’s e i €2,7 miliardi di Ferrero per Kellogg trainano l’M&A, con l’Europa più attiva negli Usa e il Messico nuova piattaforma produttiva

28 Novembre 2025

Food M&A, nel 2025 acquisizioni transatlantiche a quota €25 miliardi, record tra Europa e Stati Uniti; in Messico costi produttivi inferiori del 50%.

Timothy Cofer, CEO di Keurig Dr Pepper e Rafael Oliveira, CEO di JDE Peet's

Il 2025 segna un nuovo record per le acquisizioni nel settore alimentare tra Stati Uniti ed Europa, con operazioni transatlantiche che hanno già raggiunto quasi 25 miliardi di euro. A trainare questa corsa sono dazi, macro-squilibri e una rinnovata strategia industriale che spinge le aziende europee a investire negli Usa per proteggersi dalle tariffe e rafforzare la presenza produttiva locale, mentre le società americane aumentano la loro attività di M&A nel Vecchio Continente. Secondo Ing Research, il mercato ha vissuto un’estate senza precedenti, con maxi deal miliardari che hanno ribaltato la lentezza del primo semestre e ridisegnato gli equilibri del comparto alimentare globale. 

Un anno di acquisizioni eccezionali

Dopo un avvio sottotono, il 2025 ha visto una ripresa esplosiva delle attività di fusione e acquisizione nel food. Thijs Geijer, senior sector economist Food & Agri di Ing Research, parla dell’anno come di un periodo di “estremi”: la forte frenata iniziale è stata seguita da un’estate da record, durante la quale sono stati annunciati accordi multimiliardari. Tra i più rilevanti figurano l’acquisizione Kellogg–Ferrero nel segmento dei cereali, l’operazione Simplot–Clarebout nelle patate lavorate e il deal da 15,7 miliardi di euro tra Keurig Dr Pepper e JDE Peet’s, che da solo ha gonfiato il totale delle acquisizioni americane in Europa.

Il ruolo dei dazi

Sul fronte opposto, anche le imprese europee hanno accelerato negli Stati Uniti, con operazioni che sfiorano i 3 miliardi di euro, contro appena 1 miliardo di euro dell’anno precedente. La principale motivazione è legata ai dazi: produrre direttamente negli Usa permette alle aziende di evitare l’aumento dei costi sulle esportazioni. A questo fattore si affiancano un’economia statunitense più solida e mercati finanziari più favorevoli rispetto a quelli europei, elementi che incentivano l’espansione industriale oltre Atlantico.

Target e settori più appetibili 

Il mercato americano è però altamente consolidato, e le aziende europee raramente riescono a concludere mega-operazioni. La maggior parte dei deal riguarda realtà più piccole, con particolare interesse nei settori birra, vino, cioccolato, caffè e prodotti a base di patate. In questi comparti, dazi e rafforzamento dell’euro stanno infatti riducendo la competitività degli esportatori europei, favorendo strategie di acquisizione per stabilire una presenza produttiva locale.

Il Messico come nuova piattaforma industriale

A fronte delle criticità negli Usa, il Messico emerge come un’alternativa sempre più strategica. Con costi produttivi inferiori del 50% rispetto agli Stati Uniti e un mercato interno dinamico, il Paese offre alle imprese europee un hub ideale per attività orientate all’export e un accesso privilegiato al continente nordamericano. Una via che, secondo Ing Research, potrebbe diventare cruciale nei prossimi anni per riequilibrare i costi e mantenere competitività globale.

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