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Mps a Mediobanca, le intercettazioni svelerebbero "il piano perfetto”, così Lovaglio e Caltagirone commentavano l’operazione

Telefonate e documenti nell’inchiesta milanese mostrerebbero intese precedenti all’Ops da €13,5 miliardi e un presunto progetto concertato con Delfin per il controllo di Mediobanca e Generali. Nel mirino anche la vendita accelerata del 15% di Mps nel 2024 e il possibile conflitto di interessi del Tesoro

28 Novembre 2025

Mps a Mediobanca, le intercettazioni svelerebbero  "il piano perfetto”, così Lovaglio e Caltagirone commentavano l’operazione

Luigi Lovaglio - sx alto- Mps, Francesco Caltagirone - dx alto- Mediobanca, Francesco Milleri - sx basso- Luxottica, Ginacarlo Giorgetti - dx basso- Ministro Economia

"Il vero ingegnere è stato lei, io ho solo eseguito l'incarico. Ha ingegnato una cosa perfetta, quindi complimenti per l'idea".
Così Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Mps, si rivolgeva al costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone in una delle telefonate, ora agli atti, dell’inchiesta milanese sulla scalata del Monte dei Paschi a Mediobanca, operazione che aveva nel mirino anche il controllo delle Generali. L’indagine vede coinvolti l’imprenditore, il banchiere e il presidente di Delfin Francesco Milleri per presunto ostacolo alla vigilanza e manipolazione del mercato.

Ops Mps - Mediobanca, Caltagirone, Milleri e Lovaglio indagati per aggiotaggio e ostacolo a Consob e Bce, contestato il concerto

Le intercettazioni tra Lovaglio e Caltagirone

Secondo alcune fonti sembrerebbe che una chiamata del 18 aprile — il giorno dell’assemblea Mps che approvò l’aumento di capitale da destinare all’Ops da 13,5 miliardi su Mediobanca, decisione fino all’ultimo incerta — avrebbe mostrato un clima di entusiasmo tra i due interlocutori e lascia emergere l’esistenza di una pianificazione comune precedente all’operazione.

«Ma lei è il grande comandante? Come sta?» esordirebbe Caltagirone.
«Molto bene! Abbiamo fatto una bella operazione», risponderebbe Lovaglio.
Il costruttore si congratula: «Mi pare fantastico, complimenti».
Lovaglio ribatterebbe: «Il vero ingegnere è stato lei, io ho eseguito solo l’incarico… Ha ingegnato una cosa perfetta, complimenti per l’idea».
«Perfetto, è andata come doveva», concluderebbe Caltagirone.
«Come meritavamo», aggiungerebbe il banchiere.

L’origine dell’operazione secondo Lovaglio

Questi scambi contrasterebbero con quanto Lovaglio ha sempre dichiarato pubblicamente, anche davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche: l’Ad ha infatti sostenuto che l’idea della scalata a Mediobanca fosse nata da una sua iniziativa personale a fine 2022, poi comunicata al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Un’altra intercettazione di una conversazione tra il numero uno di Rocca Salimbeni e un manager della banca, avvenuta dieci giorni prima del lancio dell’offerta in Borsa, rivelerebbe invece la convinzione di Lovaglio di poter già contare sul 35% del capitale di Mediobanca grazie alle quote di Delfin e dello stesso Caltagirone (circa il 30%).

"Infatti facciamo così perché abbiamo il 35% in mano, abbiamo già il controllo, l’avete capito o no? Cioè, arriveremo al 60%, però abbiamo il controllo, regolatevi, se volete ancora continuare a farci problemi, a speculare, a inventare storie, a fare i bastardi della finanza, regolatevi: noi abbiamo il 35%, e questo è un messaggio vero", affermerebbe Lovaglio al telefono.

Il teorema dell’accusa: il progetto Mediobanca–Generali

Per i pm, il comportamento congiunto di Caltagirone e Delfin rientrerebbe in un piano coordinato — avviato già dal 2019 — per ottenere il controllo di Mediobanca e, attraverso essa, di Generali. Un progetto che, secondo l’accusa, sarebbe stato tenuto nascosto al mercato e alle autorità di vigilanza (Consob, Bce, Ivass) per evitare l’obbligo di lanciare una costosa Opa in caso di superamento della soglia del 25%.

Le anomalie nella vendita del 15% di Mps nel 2024

Nel mirino della Procura anche il collocamento accelerato con cui, il 13 novembre 2024, il Tesoro affidò a Banca Akros (la merchant di Banco Bpm) la vendita del 15% di Mps. Gli inquirenti ritengono che l’operazione non possa essere considerata una vera gara pubblica, come richiesto dal decreto ministeriale del 2020 sulle dismissioni.

Dalle carte emergerebbero varie "opacità e anomalie", al punto da far ipotizzare un possibile scenario di turbativa d’asta: l’assegnazione, infatti, sarebbe stata "strutturata" in modo da far risultare acquirenti proprio i soggetti — Caltagirone e Delfin — che avrebbero beneficiato del progetto di controllo su Mediobanca. Entrambi, teoricamente all’oscuro l’uno dell’altro, avrebbero presentato al Mef lo stesso numero di azioni allo stesso prezzo.

Il ruolo del governo e il possibile conflitto di interessi

Oltre ai profili penali, la Procura solleva anche il tema del potenziale conflitto di interessi del governo, che in quel momento era contemporaneamente: azionista rilevante di Mpstitolare del Golden Power, strumento che consente all’esecutivo di bloccare operazioni finanziarie considerate sensibili per l’interesse nazionale.

I pm ricordano che il Golden Power era stato esercitato poco prima proprio per fermare l’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Nel caso Mps–Mediobanca, invece, lo strumento non fu utilizzato.

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