28 Ottobre 2025
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si è svolto oggi a Roma l’evento di celebrazione della 101ª Giornata Mondiale del Risparmio, da sempre organizzato da Acri, l’Associazione che rappresenta le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio Spa. Sul tema “Risparmio: tutela, inclusione, sviluppo”, sono intervenuti il Presidente di Acri Giovanni Azzone, il Presidente di Abi Antonio Patuelli, il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.
Come ogni anno, in occasione della Giornata, Acri presenta un’indagine, realizzata in collaborazione con Ipsos, che restituisce una fotografia relativa al modo in cui gli italiani gestiscono e vivono il risparmio, alla luce del contesto Paese e della condizione socio-economica personale. Si tratta della venticinquesima edizione dell’indagine, che ogni anno rileva: livello di soddisfazione per la propria situazione economica e tenore di vita, atteggiamento e propensione al risparmio e agli investimenti, comportamenti di consumo.
“Risparmio: tutela, inclusione, sviluppo” è il tema della Giornata di quest’anno. Il valore del risparmio viene analizzato attraverso tre prospettive: tutela, ovvero quanto gli italiani percepiscono al sicuro i propri risparmi; inclusione, intesa come la capacità di allargare la platea di chi accede del risparmio; sviluppo, cioè il contributo che il risparmio privato può offrire alla crescita del Paese.
Il clima economico in Italia mostra segni di un generale peggioramento, rispetto al 2024, anno che aveva registrato un cauto ottimismo in continuità con il 2023, all’indomani di un pessimo 2022 (invasione dell’Ucraina, aumento del costo dell’energia e dalle ricadute pesanti sui prezzi).
Il 2025 si caratterizza per un quadro “a due velocità”: resta diffuso il pessimismo sull’andamento dell’economia italiana ed europea, ma si attenua il pessimismo rispetto al futuro del proprio territorio. La fiducia dei consumatori flette rispetto all’autunno 2024, mentre il mercato del lavoro dà segnali favorevoli (disoccupazione in calo), ma non sufficienti a compensare i timori.Sul piano personale si evidenzia una spaccatura, quasi 4 italiani su 10 ritengono possibile migliorare la propria situazione nei prossimi anni, gli altri non vedono miglioramenti, quando non temono dei peggioramenti. Ne deriva una maggiore prudenza nella gestione economica, con un rafforzamento del risparmio precauzionale, consumi più selettivi e preferenza per la liquidità.
Aumentano gli insoddisfatti della propria situazione economica; il 57% delle famiglie dichiarano un tenore di vita peggiorato o ravvisano delle difficoltà, contro un 43% che ha sperimentato miglioramenti o tranquillità. Per quanto riguarda le aspettative dei prossimi 3 anni, la situazione personale divide gli italiani tra un 38% di ottimisti, un 39% che non vedono cambiamenti, e un 16% di seriamente preoccupati. I pessimisti sull’Italia sono il 53% a fronte di un 19% di ottimisti, mentre riguardo il proprio territorio i pessimisti scendono al 28%, bilanciati da un 26% di ottimisti. Riguardo le attese circa l’economia europea e mondiale, si registra un ulteriore peggioramento rispetto all’anno precedente; per l’Europa il saldo tra chi si attende un miglioramento e chi prevede un peggioramento scende a -24 punti (da -16 nel 2024), per l’economia mondiale il saldo si attesta a -15 punti (-11 nel 2024; -16 nel 2023).
Cresce infatti la quota di famiglie che dichiarano di essere state colpite da difficoltà lavorative in qualcuno dei componenti (29% nel 2025, dal 21% nel 2024), spesso per aver perso il posto di lavoro o per un peggioramento delle condizioni contrattuali e/o retributive.
Riguardo l’Europa arretra ulteriormente la fiducia e si raffredda la soddisfazione verso l’euro; i giovani rimangono i più favorevoli, ma anche il loro sentiment è in calo. Nel 2025 aumenta infatti la quota di chi vedrebbe nell’uscita dall’UE un vantaggio e cresce lo scetticismo sui benefici di lungo periodo dell’euro. La generazione 18-30 resta più favorevole, mentre dai 45 anni in su, nel Sud e tra i meno istruiti, prevalgono posizioni maggiormente critiche.
Le prospettive economiche dell’Europa e il suo contributo allo sviluppo economico sembrano affievolirsi. Si riduce la fiducia degli italiani nelle prospettive dell’UE (il 62% non ha fiducia vs 55 % del 2024) e cala la percezione che si stia andando nella giusta direzione (44% ritiene che si vada nella giusta direzione, rispetto al 58% del 2023, il 42% in quella sbagliata).
Al contempo rimane ampiamente maggioritaria l’idea che sarebbe un errore uscire (56% contro il 24% che lo vivrebbe con favore), e rimane alta la percezione dei punti di forza dell’UE: libero scambio, libertà di movimento, confronto tra i Paesi e difesa della democrazia.
Meno serenità e più pressione a mettere da parte delle risorse, anche a costo di una maggiore fatica, determinano la propensione al risparmio e il saldo familiare. Nel 2025 la propensione psicologica a risparmiare si rafforza e cresce l’ansia da mancanza di risparmio, anche perché la capacità effettiva di accantonare si riduce: più famiglie consumano tutto il reddito o attingono ai risparmi, le famiglie che risparmiano sono il 41%, in contrazione rispetto al 46% del 2024, il dato più basso dal 2018. E anche le aspettative per i prossimi 12 mesi indicano ulteriore compressione della capacità di risparmio.
La conseguenza di questa crescente difficoltà a risparmiare, unita a una decisa volontà di farlo anche per le famiglie in difficoltà, determinano una capacità di affrontare spese di piccola entità (1.000€) per 3 italiani su 4, ma è sempre più ridotto il numero di famiglie (36%) che potrebbe assorbire senza problemi una spesa rilevante (10.000€).
Riguardo i consumi si osserva una contrazione sia dei beni voluttuari sia di quelli essenziali. Il profilo di consumo delle famiglie si fa più difensivo: si riducono alcune voci essenziali (beni di base, salute), si blocca il recupero delle spese per la “cura di sé” (vestiario, estetica, sport), si contraggono le spese del “fuori casa” (ristorazione, viaggi) e quelle culturali (lettura, cinema, teatro, musei); tengono le spese per auto e spostamenti, telefonia e internet ed elettronica ed elettrodomestici. In generale nessuna categoria è sostanzialmente in crescita rispetto al 2024 e rispetto al 2023 sono quasi tutte in contrazione.
Anche dal punto di vista finanziario prevale la cautela e si riduce la ricerca di investimenti finanziari. Il portafoglio delle famiglie resta ancor più fortemente ancorato alla liquidità; il 64% degli italiani preferisce mantenere buona parte delle proprie riserve in liquidità. La quota di risparmiatori che preferisce investire è minoritaria (circa un terzo) e, quando lo fa, privilegia strumenti semplici e percepiti come sicuri. Il possesso di prodotti finanziari è stabile nel tempo e mediamente poco diversificato. Le preferenze di investimento segnalano un parziale ritorno all’immobiliare e un arretramento sia della domanda di strumenti “sicuri” sia degli strumenti più rischiosi, mentre cresce la quota di coloro che non sanno indicare un investimento idoneo per le caratteristiche della loro famiglia.
Chi investe lo fa prevalentemente perché ha in mente un progetto futuro (22%), oppure per accrescere il valore del capitale (21%), o difenderlo dall’inflazione (19%), nonché per tutelare i propri familiari in futuro (11%). Altri investono per evitare di spendere troppo (8%), o perché si rendono conto che i soldi sul conto corrente non danno alcun vantaggio (9%). Cambia il “come” si decide un investimento: meno spazio per investimenti con ricadute sociali o per l’economia italiana, cresce l’attenzione alla rischiosità, aumenta la propensione al rendimento, mentre rimane stabile l’attenzione al soggetto proponente. Quindi sale l’attenzione al rendimento, senza derogare alla logica di contenimento del rischio, mentre hanno minore rilevanza gli investimenti ESG (14% vs 20% nel 2024).
In una situazione di incertezza, il risparmio torna a svolgere il ruolo prioritario di tutela individuale. Sul piano semantico prevalgono le associazioni positive al risparmio (tranquillità, tutela, saggezza), ma cresce l’idea che il risparmio sia un “sacrificio” attuale (+4 p.p. rispetto al 2024) per avere un futuro più sereno (+3 p.p.) e tutelato (+2 p.p.). Quindi, nel 2025 il risparmio è ancor più percepito come strumento di tutela individuale (priorità valoriale per il 77% gli italiani) con un riconoscimento significativo del suo ruolo per l’economia del Paese (60%). Infine, il ruolo del risparmio come strumento di inclusione sociale rimane saliente per metà degli Italiani (49%).
Il risparmio è dunque rilevante come tutela sia per le situazioni personali meno prevedibili (57%) sia per quelle che derivano dal contesto economico generale (per il 54% è molto rilevante in caso di crisi economica), nonché per aumentare la sicurezza quando non sarà più possibile avere redditi aggiuntivi, come in vecchiaia (49%).
Risulta molto rilevante il ruolo sociale e collettivo del risparmio, che attutisce l’impatto sul Paese delle crisi globali (67%), riduce la dipendenza dalle risorse estere (63%), permettendo maggiori investimenti in settori strategici (56%), e fornisce una migliore stabilità al sistema bancario (56%). Il risparmio gioca un ruolo nell’inclusione sociale poiché accumulare risorse consente a chi risparmia di raggiungere l’indipendenza economica (34%), permette di tutelare il proprio stato di salute (23%) e anche di sostenere i propri cari che dovessero attraversare un momento di difficoltà (23%), accrescendo quindi l’efficacia delle reti sociali. Facilita anche la possibilità di maggiore istruzione e di stabilizzazione di individui e famiglie attraverso l’acquisto di una casa.
Per svolgere appieno il suo ruolo, il risparmio avrebbe bisogno di una fiscalità “amica” del risparmiatore, aspetto citato da 32% degli italiani, al contempo sarebbe necessario sviluppare una maggiore cultura finanziaria (27%) e avere prodotti semplici, adatti ai tempi, fruibili da tutti (27%). La fiducia degli italiani nei confronti di leggi e strumenti a tutela del risparmio è in crescita, e raggiunge quasi 1 italiano su 2.
Il legame tra sostenibilità economica e sociale è molto rilevante (72%), ma si riducono coloro che lo indicano come priorità (erano il 55% nel 2024, ora sono il 49%). La Pubblica Amministrazione (statale e locale) resta l’attore ritenuto più decisivo per accelerare la ripresa economica e lo sviluppo sociale del Paese; cresce la centralità delle associazioni imprenditoriali e i corpi intermedi e il Terzo settore restano importanti.
Rimane alto l’impegno civico degli italiani: il 56% svolge attività di volontariato, di cui il 26% con una certa assiduità, dato in crescita rispetto al 2024; metà degli italiani partecipa ad attività, incontri, eventi organizzati da associazioni culturali, ambientaliste; 6 italiani su 10 fanno donazioni ogni anno, e di questi più di 1 su 5 frequentemente.
Aumenta la quota di italiani che conosce e intende utilizzare la destinazione del 5x1000 e aumentano quelli interessati alla possibilità di lasciti testamentari: sono ancora una minoranza, ma in tre anni sono passati dal 22% del 2023, al 26% del 2024 al 33% del 2025.
Il quadro che si delinea è quello di un contesto di crescente incertezza, che si riflette in un maggior timore per il futuro del Paese. Un sentiment che incide su consumi, propensione e capacità di investimento e sulle scelte di portafoglio. Il risparmio, tuttavia, resta uno strumento fondamentale di tutela delle famiglie e, se ben tutelato e indirizzato, può diventare anche il motore della crescita del Paese.
L’indagine è stata realizzata dal 22 settembre al 6 ottobre 2025, tramite interviste telefoniche (fisso e mobile) con tecnologia Cati – Computer Aided Telephone Interviews – ed è stata arricchita con alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte da Istat e con dati provenienti da altri osservatori condotti da Ipsos nell’anno in corso, per tenere traccia del punto di vista degli italiani. Sono state svolte circa 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai seguenti criteri: area geografica e ampiezza del centro, sesso ed età. In corso di elaborazione, i risultati sono stati ponderati al fine di riprodurre più fedelmente il contesto di riferimento (fonte Istat).
In un contesto di incertezza elevata, per gli italiani il risparmio è innanzitutto una forma di tutela e protezione individuale, in secondo luogo una leva per l’economia del Paese e in misura minore uno strumento di inclusione sociale.
Più in dettaglio, circa 8 italiani su 10 considerano il risparmio una forma di tutela individuale, quota che sale a circa 9 su 10 tra gli over 65. A conferma di ciò, a livello semantico, il risparmio è associato soprattutto a tranquillità, protezione e saggezza, anche se al contempo cresce l’idea di “sacrificio”, segnale che mettere da parte richiede oggi maggiori rinunce. Il 61% degli italiani vede il risparmio come tutela per l’economia nazionale e il 60% come motore di sviluppo; più sfumata, ma non marginale, la dimensione dell’inclusività del risparmio (49%) segnalata in misura maggiore dai giovani 18-34enni.
Sul versante della tutela individuale, il risparmio è percepito come uno strumento di protezione dagli imprevisti finanziari (57%) che permette di affrontare periodi di difficoltà economica (54%), ma anche come garanzia per la vecchiaia (49%), aspetti maggiormente evidenziati da un target di età maturo; è altresì associato a elementi più “progettuali” come la realizzazione di obiettivi futuri (46%), in particolare tra i giovani 18-34enni e il raggiungimento dell’indipendenza economica dai familiari (37%) da un target più adulto (35-44 anni). Infine, sono i più giovani che vedono nel risparmio la possibilità di progettare il futuro professionale.
Nell’ambito dell’economia del Paese, il risparmio delle famiglie è riconosciuto come un fattore “sistemico” di stabilizzazione e crescita. L’indagine Ipsos-Acri evidenzia come la maggioranza degli italiani riconosca nel risparmio la capacità di attenuare gli effetti delle crisi globali (67%), in particolare tra i meno abbienti (71%), ridurre la dipendenza da finanziamenti esteri (63%), sostenere la stabilità del sistema bancario (56%), abilitare investimenti in settori strategici (56%, vs 60% tra le fasce di reddito più elevate) e alleggerire la pressione sul welfare pubblico (52%). In altri termini, il risparmio è percepito come un bene privato che può avere un rilevante impatto collettivo e alimentarne la traiettoria di sviluppo del Paese.
Per gli italiani il risparmio si configura principalmente come un percorso di crescita e rafforzamento personale e familiare. Le priorità, infatti, sono concrete e legate alla vita quotidiana: il risparmio è anzitutto leva di indipendenza economica (34%) e di sostegno alla propria rete sociale in caso di bisogno (il 23% cita la possibilità di aiutare familiari o amici in difficoltà); è inoltre percepito come strumento per tutelare la salute fisica e mentale (23%) e per aprire l’accesso a opportunità che ampliano il capitale umano e patrimoniale, come l’istruzione (20%) e l’abitazione (20%). Più in generale, il risparmio contribuisce anche alla partecipazione alla vita sociale e culturale (15%) e al rafforzamento del senso di appartenenza tramite investimenti locali (15%).
Le priorità variano in base alle generazioni. I giovani e gli studenti attribuiscono maggiore rilevanza agli aspetti abilitanti di lungo periodo – istruzione (38% tra gli studenti vs 20% della media nazionale), formazione (27% tra i 25-34enni vs 18% della media nazionale), autonomia (45% tra gli studenti vs 34% della media nazionale), – coerenti con la fase di formazione e l’ingresso nel mercato del lavoro. Le fasce più mature, invece, enfatizzano la tutela della salute e la solidità della rete di sostegno (36% tra gli over 65enni vs 23% della media nazionale), riflettendo bisogni di protezione e stabilità in fasi della vita in cui le difficoltà occupazionali, sanitarie, ed economiche possono essere più difficili da affrontare.
Per rendere il risparmio davvero inclusivo, dovrebbe essere introdotta una fiscalità “amica” del risparmiatore, sviluppare una maggiore cultura finanziaria e offrire prodotti semplici, adatti ai tempi, fruibili da tutti. Gli italiani indicano, infatti, come leve prioritarie incentivi fiscali al risparmio (32%), educazione finanziaria nelle scuole (27%) e prodotti semplificati a basso costo (27%), seguiti da campagne di sensibilizzazione (20%), corsi per adulti (19%). La richiesta è dunque di regole semplici, costi trasparenti, canali accessibili e formazione “pratica” che aiutino a trasformare l’intenzione in comportamento effettivo.
In sintesi, il risparmio è riconosciuto come un asset centrale, ma per la sua piena valorizzazione è necessario preservare il potere d’acquisto delle famiglie, fornire strumenti finanziari semplici e affidabili, un quadro regolatorio chiaro e tutele effettive. Solo così, la prudenza oggi dominante potrà tradursi in una maggiore inclusione finanziaria e in un contributo più ampio del risparmio privato allo sviluppo economico del Paese.
Il 2025 si presenta come un anno caratterizzato da una maggiore incertezza economica rispetto all’anno passato. Gli italiani sembrano mantenere prospettive positive riguardo alla loro condizione personale, ma esprimono scetticismo sulle prospettive del Paese, dell’Europa e del contesto globale a causa dei conflitti internazionali e delle tensioni geopolitiche in corso.
Nel corso dell’autunno 2025, il panorama economico italiano mostra un quadro meno positivo rispetto a un anno fa. Dopo un 2024 segnato da un clima di moderato ottimismo, si riaffacciano segnali di una minore fiducia complessiva. Un numero crescente di famiglie percepisce un peggioramento o una gestione più difficile del proprio tenore di vita (57% vs 51% nel 2024). Questo andamento negativo si riflette anche in una maggiore insoddisfazione personale: 1 italiano su 2 è insoddisfatto e 1 su 5 in grande difficoltà (20% vs 13% nel 2024).
A dimostrazione di questo, torna a salire la quota dei pessimisti. La quota di pessimisti complessivi oggi è al 52% rispetto al 47% nel 2024. Gli ottimisti rimangono complessivamente stabili al 30%, quindi assistiamo a uno spostamento verso il pessimismo di coloro che erano neutrali (né ottimisti, né pessimisti), che infatti scendono al 18% rispetto al 23% nel 2024. Di conseguenza, si assiste a un peggioramento complessivo del saldo netto tra ottimisti e pessimisti, che passa da -17 p.p. nel 2024 a -22 p.p. oggi.
Solo le prospettive economiche personali si confermano favorevoli: +22 p.p. il saldo tra chi pensa che nei prossimi 3 anni la propria situazione personale migliorerà contro chi pensa che peggiorerà (era +19 p.p. nel 2024). Risultano più ottimisti i giovani (18-30enni), i laureati, le classi direttive e coloro che sono riusciti a risparmiare.
Mentre le aspettative per l’economia mondiale restano negative e peggiorano leggermente rispetto al 2024: il saldo tra chi si attende un miglioramento e chi prevede un peggioramento si attesta a -15 punti (-11 nel 2024; -16 nel 2023).
Le prospettive per l’Italia e, soprattutto, per l’Europa si confermano più cupe. Per l’Europa il saldo scende a -24 punti (da -16 nel 2024), riflettendo preoccupazioni persistenti per sfide macroeconomiche, incertezze geopolitiche e conflitti internazionali in corso. Sul fronte nazionale, solo il 19% degli italiani si aspetta un miglioramento dell’economia nazionale nei prossimi tre anni, mentre il 53% si aspetta un peggioramento (il saldo risulta di -34 p.p., in lieve risalita dai -36 p.p. nel 2024).
In controtendenza, le prospettive del contesto “locale” migliorano (saldo -2 p.p. da - 11 p.p. del 2024), segnale di una maggiore fiducia nella capacità del proprio territorio di tenere il passo con le sfide economiche e sociali attuali, trainata in particolare dalle aree del Nord Ovest e dal Centro Italia.
Nel contesto attuale, all’Unione Europea sembra essere attribuita una forte responsabilità: la fiducia scende al 38% rispetto al 45% del 2024. Questa tendenza si manifesta principalmente tra gli over 45, che mostrano livelli di fiducia decisamente inferiori rispetto ai giovani tra i 18 e i 30 anni. Tra i giovani, infatti, domina un atteggiamento più positivo (45% hanno fiducia), mantenendo viva la fiducia in un contesto europeo.
Le prospettive sul futuro dell’Unione Europea appaiono decisamente più incerte. Diminuisce la quota di italiani che crede che l’UE seguirà una direzione positiva nei prossimi anni, attestandosi al 44% rispetto al 48% del 2024, mentre aumenta al 42% (dal 39% nel 2024) la percentuale di chi prevede una “direzione sbagliata”. Anche tra i giovani 18-30 anni le aspettative si raffreddano, pur restando più favorevoli della media: circa 1 su 2 continua a indicare una traiettoria positiva per l’UE.
Nonostante le incertezze, 6 italiani su 10 continuano a ritenere che un’uscita dall’Unione Europea sarebbe un grave errore, anche se questa percentuale è in progressiva diminuzione (56% rispetto al 61% nel 2024). In ogni caso il dato rimane superiore a chi auspica un’uscita, pari al 24% rispetto al 20% nel 2024, segnale di delusione sul progetto europeo, ma non di rinuncia.
L’Unione Europea continua a evocare percezioni positive. Sul versante positivo, continua a essere associata ai principi di libertà (libera circolazione di persone 25% e merci, servizi, denaro 28%) e cooperazione (23%), incarnando ideali che sono profondamente radicati nell’immaginario collettivo europeo. Infatti, il merito di promuovere la libertà di scambio e la circolazione di merci, servizi e denaro tra i Paesi membri rimane il tratto maggiormente riconosciuto dagli italiani.
Un altro aspetto positivo significativamente riconosciuto è la libertà di movimento, citata da 1 italiano su 4 che permette ai cittadini dei paesi membri di scegliere liberamente dove vivere, promuovendo un senso di appartenenza a una comunità più ampia. Permane come carattere distintivo associato all’UE, seppure ridimensionato, la capacità di favorire la cooperazione economica (23% vs 28% nel 2024), evidenziando come l’integrazione europea offra un terreno fertile per la collaborazione tra nazioni.
Si confermano, seppur su livelli contenuti, il riferimento al confronto costante tra Paesi membri (20%) e alla capacità dell’UE di competere con grandi blocchi economici (19%). Al tempo stesso, permangono criticità ben radicate, anche se non in crescita, in particolare il riferimento alla burocrazia percepita come eccessiva dal 32% (33% nel 2024) e come un vincolo all’autonomia decisionale dei singoli Stati membri dal 22%. Si attenua, però, il riconoscimento dell’UE come attore attivo del progresso sociale ed economico (23% vs 27% nel 2024). L’Europa non sembra riuscire a giocare un ruolo rilevante nelle controversie internazionali, e nemmeno a garantire una sufficiente trasparenza e rispetto della democrazia in tutti i suoi Stati membri.
Rispetto a questi giudizi sull’Unione Europea, tra i più giovani emerge un’idea decisamente positiva, tra cui spicca l’impegno verso l’attenzione all’ambiente (il Green Deal continua a essere considerata un’operazione rilevante), al cambiamento climatico, alla salute, alle relazioni esterne, alla sicurezza e all’immigrazione (+8 p.p. rispetto al totale pari al 23%). Riconoscono, ancor più della media, la capacità dell’Unione Europea di garantire che le sue istituzioni e le istituzioni dei Paesi membri operino in modo trasparente e democratico (+ 4 p.p. rispetto al totale pari al 15%). Inoltre, tendono a vedere l’UE come istituzione meno “burocratica” rispetto alle fasce più mature.
A oltre vent’anni dalla sua nascita, l’euro continua a non essere percepito come un fattore in grado di apportare un valore significativo; la soddisfazione arretra progressivamente dopo il picco del 2021. Il 65% degli italiani si dichiara insoddisfatto (60% nel 2024), con giudizi più negativi pronunciati tra gli adulti, i residenti nel Sud, e quelli con un’istruzione inferiore. Anche la visione a lungo termine si raffredda e si polarizza: la quota di chi ritiene che l’euro rappresenterà un vantaggio per il Paese nei prossimi vent’anni scende al 45% (dal 50% nel 2024), a favore dei più pessimisti (41% vs 37% nel 2024). Restano più favorevoli i giovani (18-30enni), i residenti nel Nord Est, i laureati e le classi direttive.
La gestione finanziaria delle famiglie evolve da una situazione di “serenità vigilata” a una di prudenza accentuata. Complice la riduzione della capacità di risparmio delle famiglie, cresce il ricorso ai risparmi accumulati e si rafforza la percezione che il risparmio richieda rinunce tangibili e tutto ciò determina una razionalizzazione dei consumi.
In calo il numero di famiglie che dichiara di aver risparmiato (41% vs il 46% nel 2024), mentre aumentano sia quanti hanno consumato tutto il reddito (37% vs 34% nel 2024), sia chi ha dovuto attingere ai risparmi accumulati (15% vs 12% nel 2024). Non si nota però un aumento del numero di famiglie costrette a ricorrere ai prestiti.
Cresce la preoccupazione di riuscire a risparmiare, infatti diminuisce la quota di coloro che vivono il risparmio con meno ansia e senza troppe rinunce (45% vs 54% nel 2024), a fronte di una crescita di coloro che non vivono tranquilli se non accumulano il denaro (38% vs 31% nel 2024). Il 14% preferisce godere dell’oggi senza preoccuparsi per il futuro.
È in lieve calo la capacità di far fronte a piccole spese impreviste con mezzi propri e con una certa tranquillità: il 74% delle famiglie è ancora in grado di far fronte a spese non programmate pari a 1.000 euro. Si indebolisce anche la capacità di far fronte a spese di entità importanti: il 36% sarebbe in grado di fare fronte a spese non programmate di 10.000 euro con risorse proprie, in calo rispetto al 2024 (38%). Si tratta in misura maggiore di italiani residenti nel Nord, uomini, di età tra i 31 e 44 anni, laureati, che in generale si dichiarano maggiormente soddisfatti della propria condizione economica.
Nell’attuale contesto, rimane forte la propensione degli italiani verso la liquidità. Per chi investe, si osserva una flessione dei propensi verso strumenti finanziari più sicuri, torna a crescere, invece, la propensione a investire sul “mattone” ed è molto alta la percentuale di chi non riesce a identificare un investimento idoneo per le caratteristiche della su famiglia.
Nel 2025 si contrae di poco il livello di apertura all’investimento: il 32% dichiara di investire una parte dei risparmi rispetto al 34% nel 2024. Si mantiene pressoché stabile la propensione a tenere il denaro sul conto corrente, che riguarda il 64% degli italiani (era il 63% nel 2024 e il 62% nel 2023). Chi investe è spinto da una progettualità concreta (22% per progetti futuri), più evidente tra i 30-39enni, con l’obiettivo di accrescere e preservare il valore del proprio patrimonio (21%) e per difendere il proprio denaro dall’inflazione (19%), aspetto a cui sono più attenti i giovani e coloro che hanno un elevato livello di istruzione.
Si conferma la flessione nella propensione a strumenti finanziari più sicuri già osservata nel 2024 (33% vs 36% nel 2024; 38% nel 2023), scende il numero di individui propensi a considerare l’azionario come un’alternativa che offre rendimenti più elevati sui propri investimenti. Questo cambiamento è ancora più evidente tra coloro che sono riusciti a risparmiare nel 2025, infatti la loro propensione a investire sull’immobiliare sale dal 26% al 34%, a discapito delle diverse tipologie di investimenti finanziari.
Si osserva tra gli investitori una crescente attenzione alla rischiosità dell’investimento (39% vs 33% nel 2024). Nell’investire, si guarda, inoltre, maggiormente al rendimento (20% vs 16% nel 2024), mentre arretra il voler contribuire alla ripresa dell’Italia e l’attenzione all’impatto positivo su ambiente e società (14% vs 20%). Stabile, invece, la quota di coloro che sono attenti alla solidità del soggetto proponente (18%), segno di una maggiore tranquillità nei confronti del sistema finanziario.
Rimane molto alta l’importanza percepita del legame tra risparmio e crescita del Paese, all’insegna di uno sviluppo sociale e civile, pur con una lieve flessione rispetto al 2024.
Gli attori principali che possono favorire la crescita del Paese sono diversi: la Pubblica amministrazione (nazionale e locale), le imprese, i corpi intermedi. Quanto al Terzo settore, sono i giovani, 18-30enni, a sottolineare l’importanza del ruolo che le organizzazioni non profit potranno avere per la ripresa del Paese.
Rimane alto l’impegno civico degli italiani: il 56% svolge della attività di volontariato nell’anno, di cui il 26% con una certa assiduità, dato in crescita rispetto al 2024; metà degli italiani partecipa ad attività, incontri, eventi organizzati da associazioni culturali, ambientaliste; 6 italiani su 10 fanno donazioni ogni anno, e di questi più di 1 su 5 frequentemente. I 18-30enni si distinguono ancora una volta per un maggior impegno nel campo sociale, sono maggiormente coinvolti nelle donazioni (+ 9 p.p. rispetto al totale), nel volontariato (+8 p.p. rispetto al totale), e nella partecipazione attiva in associazioni culturali, ambientaliste (+6 p.p. rispetto al totale), adoperandosi in questi ambiti con maggior frequenza rispetto al resto della popolazione.
Aumenta la quota di italiani che conosce e intende utilizzare la destinazione del 5x1000 e aumentano quelli interessati alla possibilità di lasciti testamentari: sono ancora una minoranza, ma in tre anni sono passati dal 22% del 2023, al 26% del 2024 al 33% del 2025.
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