07 Ottobre 2025
Fino al 12 ottobre sarà visitabile la mostra monografica dell’artista marchigiano Simone Cantarini (1612-1648) presso la Galleria Nazionale delle Marche. La mostra del giovane maestro che visse tra Pesaro, Bologna e Roma, è allestita negli spazi della Galleria Nazionale delle Marche, al piano terra del Palazzo Ducale di Urbino.
Con quasi 77mila visitatori (dato aggiornato a domenica scorsa), si profila all’orizzonte un nuovo grande successo di pubblico e di critica, che va ad aggiungersi a quello straordinario della mostra dedicata a Federico Barocci nel 2024, che ottenne oltre 80mila visitatori e centinaia di articoli sulla stampa specializzata e generalista, guadagnandosi il titolo di “più bella mostra d’Italia nel 2024” da parte di una giuria specializzata di 100 addetti ai lavori.
Anche se il risultato finale sarà noto solo tra una settimana, di sicuro - dopo la mostra dedicata a Federico Barocci – anche questa che vede protagonista l’arte di Simone Cantarini dà ragione alla volontà del Direttore del museo urbinate, Luigi Gallo, di intensificare l’opera di riscoperta dei protagonisti della pittura Marchigiana del Seicento.
"La mostra – dice Gallo – ha aperto alla riflessione sulla produzione, eccezionalmente prolifica rispetto alla sua breve vita, di Simone Cantarini e ha consolidato i frutti di un’approfondita azione di studio condotta da una squadra composta da esponenti del mondo accademico e della conservazione. Non solo: i quasi cinque mesi di esposizione hanno reso omaggio all’Artista la cui pittura arricchisce la grande tradizione pittorica delle Marche. Tanto rimane da fare per valorizzare questa meravigliosa regione e la sua arte, e sarà bello scrivere altre storie nel futuro. In definitiva si è trattato di un’appassionante indagine che non si è conclusa nell’apertura della mostra, ma che, anzi, ha progredito con essa e, i cui risultati, saranno esposti nel convegno che si celebrerà a Pesaro dal 12 al 15 ottobre".
Curata dallo stesso Gallo, da Anna Maria Ambrosini Massari (Docente di Storia dell’arte moderna all’Università di Urbino) e da Yuri Primarosa (Storico dell’arte), e organizzata in collaborazione con le Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma, l’esposizione dedicata a Simone Cantarini testimonia l'estro pienamente moderno del giovane pittore attraverso una selezione di 56 dipinti.
Prima del suo genere a Urbino, città che il giovane Cantarini frequentò, dallo scorso maggio la mostra è anche l’occasione per celebrare l’ingresso, nelle collezioni di Palazzo Ducale, delle opere del Pesarese che, dopo il deposito della collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e delle due grandi pale arrivate dalla Pinacoteca di Brera con il progetto 100 opere tornano a casa, si arricchisce di un ulteriore nucleo di opere, grazie all’accordo di comodato sottoscritto con Intesa Sanpaolo, comprendente anche cinque dipinti di Cantarini.
Nato a Pesaro nel 1612 e scomparso prematuramente nel 1648, in circostanze ancora misteriose, Simone Cantarini – il più grande pittore marchigiano del Seicento – sarà celebrato 28 anni dopo la memorabile mostra organizzata a Bologna da Andrea Emiliani.
L’esposizione che si tiene negli spazi di Palazzo Ducale di Urbino propone al pubblico una selezione altrettanto ricca di opere del Pesarese, il cui corpus pittorico – accresciutosi notevolmente – è stato per l’occasione ulteriormente incrementato da opere inedite provenienti da collezioni pubbliche e private.
Grazie a prestigiosi prestiti da musei italiani ed europei, importanti opere di Cantarini ospitate negli ambienti storici di Palazzo Ducale, recentemente riallestiti, sono accostate per la prima volta a numerosi capolavori del pittore e di maestri a lui contemporanei, al fine di presentare al pubblico l’intera parabola artistica del pittore nel suo contesto.
Il progetto espositivo si pone l’obiettivo di approfondire aspetti ancora poco noti della produzione artistica di Cantarini: la sua prima attività nella terra d’origine, i rapporti con la famiglia Barberini e in particolare con il cardinal legato Antonio Barberini junior, il funzionamento della sua bottega e, in filigrana, il suo rapporto con Guido Reni a Bologna, segnato dal litigio a seguito della Trasfigurazione di nostro Signore commissionata dai Barberini nel 1637 per la chiesa del Forte Urbano a Castelfranco.
Mentre il Montefeltro scompariva dall’orizzonte della storia sotto l’assalto dei Medici prima e di Urbano VIII Barberini dopo, il Pesarese metteva a punto un linguaggio straordinariamente innovativo, frutto della sua formazione marchigiana sotto il segno di Raffaello e Barocci, unita al modello reniano appreso a Bologna tra il 1630 circa e il 1639 e allo studio dell’antico al quale si era dedicato nel biennio romano inquadrato nell’equipe di casa Barberini (1640-1642).
La sua originale sintesi di classicismo e naturalismo, riconducibile al suo ritorno a Bologna a seguito della morte di Guido nel 1642 e alla disfatta dei Barberini segnata dalla guerra di Castro del 1641 e dalla morte del papa nel 1644, chiudeva un’epoca gloriosa, all’insegna di nuovi orizzonti. Il soggiorno romano si presentava infatti come una sorta di ritorno al grande stile dei bolognesi e tornato a Bologna, Simone si dedicò molto all’invenzione e all’elaborazione del progetto. Il suo linguaggio, che diventò vera e propria maniera, non guardava infatti soltanto ai modelli aulici dei campioni urbinati, ma si apriva a ventaglio a stimoli più aggiornati, provenienti da Roma e Bologna.
L’esposizione ruota attorno ai seguenti nuclei tematici: il ritratto – per cui secondo Carlo Cesare Malvasia (1678) Cantarini era “provisto di una particolar dote” – (Autoritratto, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini; Ritratto di Guido Reni, Bologna, Pinacoteca Nazionale; Ritratto di Eleonora Albani Tomasi, Pesaro, Collezione Banca Intesa Sanpaolo; Ritratto di Antonio Barberini junior, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini), i temi profani (Allegoria della pittura, Repubblica di San Marino, Collezione Cassa di Risparmio; Ercole e Iole, Roma, Collezione privata; Giudizio di Paride, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, in deposito presso Urbino, Galleria Nazionale delle Marche) e il rapporto di Cantarini con gli altri maestri del suo tempo, a partire appunto da quello col Reni, che viene mostrato nel percorso espositivo attraverso il confronto con alcune delle produzioni che Simone emulò come il San Girolamo (Parigi, Galerie Canesso), il Davide e Golia (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche – donazione Volponi), il San Giuseppe (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini) e il San Giovanni Battista (Londra, Dulwich Picture Gallery).
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