18 Marzo 2024
Fabrizio Palenzona, Presidente Fondazione Crt; fonte: La Stampa
Il dinamismo di Fabrizio Palenzona non sembra proprio conoscere soste. La Crt, terza fondazione italiana per patrimonio (oltre 3 miliardi di euro) ha acquistato per due milioni lo 0,7% della Banca del Fucino, presieduta dall’ex direttore generale della Rai Mauro Masi e guidata da Francesco Maiolini.
L'abile presidente dell'ente piemontese (e di Prelios, la società che la settimana scorsa ha ricevuto l'autorizzazione del governo per la vendita a lon di Andrea Pignataro) ha puntato un gettone su quello che è considerato un rilevante crocevia finanziario.
L'istituto capitolino è una specie di salotto buono del centro Italia che negli ultimi anni ha dovuto rivedere la sua compagine azionaria a causa di alcune difficoltà finanziarie. La banca, da sempre considerata vicina al centro destra, fu fondata nel 1923 da Giovanni Torlonia, terzo principe del Fucino, per finanziare le attività economiche nei territori abruzzesi interessati dalla bonifica del lago. La sede centrale si trova nel centro storico di Roma e porta il nome di una vasta zona della Marsica, un tempo sede del terzo lago d'Italia. Bacino che nell’ 800 fu prosciugato, con un'imponente opera di bonifica, da Alessandro Torlonia. Un risanamento portato a termine laddove avevano fallito Giulio Cesare e l'imperatore Claudio, che si erano messi in testa di svuotare il lago per dar nuove terre all'affamata capitale dell'impero.
Ma tomiamo ai giorni nostri. Ultimamente la famosa casata romana ha dovuto fare un passo indietro. Nel dicembre 2017, all’ età di 92 anni, è scomparso Alessandro Torlonia, presidente onorario della banca dopo esserne stato numero uno per decenni, a partire dal 1947.
La situazione finanziaria non era proprio delle migliori e così all'inizio del 2018 era stata avviata una trattativa con la società di riassicurazione di Panama, Barents Re. Il progetto prevedeva un aumento di 50 milioni di cui venti versati dagli stessi Torionia e la cessione dei crediti deteriorati.
Tutto sembrava risolto, ma improvvisa mente Barents Re si è ritirata dall'operazione. E così la banca, assistita dalla Rothschid guidata da Alessandro Daffina, si è messa alla ricerca di nuovi investitori e nel novembre ha cambiato proprietà, anche se gli assetti azionari sono in continuo movimento.
Il consiglio d'amministrazione ha dato il via libera all'aggregazione con Igea Banca, nata sulle ceneri della Popolare dell'Etna di Bronte, già in amministrazione controllata.
Un decreto regionale aveva disposto la cancellazione della Popolare a seguito dell'incorporazione nella Igea finanziaria che si era trasformata così in istituto. L’ Igea ha deliberato un aumento di capitale da 100 milioni, ma la dotazione finanziaria è stata più rilevante con l'ingresso di altri investitori. Il salvataggio ha comportato una fusione inversa di Igea Banca in Banca Fucino che ha mantenuto il marchio.
Un altro tassello fondamentale del salvataggio è stata la pulizia del conto economico e l'approvazione di piano industriale triennale, scaduto l'anno scorso. L'intero portafoglio di crediti deteriorati, per un importo di circa 300 milioni, è stato rilevato dalla Sga (ora Amco), la società specializzata nel recupero e nella gestione di npi di proprietà del Tesoro. La Banca del Fucino è diventata la capogruppo del gruppo creditizio e, fra l’altro, di Igea
Digital Bank, specializzata in lending alle piccole e medie imprese e ai professionisti attraverso una piattaforma digitale, Fucino Finance, intermediario finanziario nei crediti al lavoro, e di Fucino Green, società non finanziaria che punta sugli investimenti nel settore delle energie rinnovabili.
La situazione azionaria è rimasta fluida. Il primo azionista GGG Holding, società controllata da Giorgio Girondi, è uscita gradualmente dal capitale lasciando spazio ad altri soggetti, come TXT e-Solutions S.p.A., Angelini Partecipazioni Finanziarie e Vulcano di Santo Versace. Successivamente è entrato nel capitale Umberto Petricca, imprenditore italo-venezuelano con importanti attività in America Latina e negli Stati Uniti. C’è stato poi l'ingresso dell'angloitaliana Srl Group, guidata da Giulio Gallazzi che è diventato uno dei principali azionisti con una quota del 9.9 per cento.
A fine 2023 va segnalato anche l'arrivo dell'Enpam, l'ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri, che si è garantito una quota dell'8, 1 per cento. L'iniezione di liquidità ha dato i suoi frutti.
Il consiglio ha infatti esaminato e approvato il bilancio al 31 dicembre 2022. Gli impieghi con clientela hanno registrato un aumento a 1,8 miliardi, la raccolta diretta ha toccato gli 2,8 miliardi mentre il margine di interesse ha superato i so milioni. L'esercizio si è chiuso con un utile netto di 17 milioпі.
Significativo lo sviluppo delle società controllate. Fucino Green, la società focalizzata sul settore della green economy, è giunta a detenere la partecipazione di controllo di E-Way Finance che è tra i più importanti player nel settore delle rinnovabili in Italia.
L'ultimo elemento da segnalare è che l'istituto è finito al centro di uno scontro di potere che vede protagonisti gli eredi della dinastia nobiliare. A trovarsi su sponde opposte sono da un lato Carlo Torlonia e dall'altro il fratello Giulio e il nipote Alexander Poma Murialdo. Oggetto del braccio di ferro è proprio la vendita dell'istituto a Banca Igea, i cui termini del passaggio di proprietà sarebbero stati occultati a Carlo Torionia per nascondere le perdite in bilancio ed evitare azioni di responsabilità. Almeno questa è l'accusa per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Giulio Torionia e Alexander Francis Poma Murialdo. Va ricordato che la Banca del Fucino all’ epoca della vendita era controllata dalla società Torionia partecipazioni di cui Murialdo era amministratore unico.
Insomma, un travagliato epilogo giudiziario per una casata nobiliare che ha scritto una pagina di storia del centro Italia. Dei principi Torionia così partò Ignazio Silone nel suo capolavoro ‘Pontamara’: “In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe
Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi nulla, poi nulla, poi ancora nulla. Poi vengono i ‘catoni’. E si può dire ch'è finito.”
Fonte: Milano Finanza
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