11 Dicembre 2025
Fonte: imagoeconomica
Una campagna online pensata e distribuita da Israele, in primis sui social, chiamata "For Judah", è entrata in vigore per cercare di "promuovere il turismo in siti archeologici e insediamenti dei coloni in Cisgiordania". Ciò è stato denunciato dalle Ong come una vera e propria "normalizzazione dell'occupazione da parte di Tel Aviv".
Israele ha lanciato una vasta campagna online chiamata “For Judah” (“Per Giuda”), mirata a incoraggiare soldati israeliani e il pubblico più ampio a visitare siti archeologici e avamposti di coloni nella Cisgiordania occupata — territorio che comprende aree sotto controllo militare israeliano e civile palestinese. La mobilitazione si sviluppa su più piattaforme digitali, tra cui gruppi WhatsApp e Telegram, canali Instagram e YouTube, e include persino un libro pubblicato in luglio, con l’obiettivo dichiarato di mettere in luce presunti "siti storici, memoriali e luoghi simbolici legati all’identità ebraica".
Secondo reportage e post diffusi sui social, i contenuti del progetto non sono limitati alla mera promozione turistica: nei video compaiono ufficiali militari, guide turistiche, archeologi e politici degli insediamenti che non soltanto indicano luoghi da visitare, ma promuovono narrazioni ideologiche e politiche. Queste presentano siti e territori sotto un’ottica storica e religiosa che tende a legittimare la presenza israeliana oltre la linea del 1967, rafforzando il legame tra identità nazionale e territorio.
La Cisgiordania — definita “Giudea e Samaria” da molti politici e sostenitori del movimento dei coloni — è da decenni al centro di un conflitto territoriale e giuridico. Israele ha ampliato insediamenti e avamposti civili, in modo completamente illegale secondo la maggior parte della comunità internazionale, e sta anche rivalutando aree archeologiche nell’ambito di politiche che critici descrivono come un tentativo di riscrivere la storia per giustificare l’annessione di fatto di terre palestinesi.
Organizzazioni per i diritti umani e osservatori indipendenti hanno condannato iniziative simili, sostenendo che la narrativa archeologica e culturale possa essere usata strumentalmente come giustificazione politica per l’espansione degli insediamenti. C’è preoccupazione diffusa che iniziative digitali come “For Judah” contribuiscano a normalizzare una presenza che per numerosi governi e organismi internazionali viola il diritto internazionale e ostacola ogni prospettiva di soluzione pacifica tra israeliani e palestinesi.
La campagna “For Judah” resta un fenomeno in evoluzione, al centro di dibattiti sulla propaganda digitale, l’uso dei social media per fini politico-territoriali e il rapporto tra memoria storica e conflitto contemporaneo.
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