26 Novembre 2025
Jair Bolsonaro (foto wikipedia)
La Corte Suprema del Brasile ha dichiarato la condanna inflitta all’ex presidente Jair Bolsonaro come “passata in giudicato”, aprendo così la strada all’esecuzione della pena di 27 anni e 3 mesi stabilita al termine del processo dello scorso settembre. La decisione, riportata dai media locali, segna lo stop a ulteriori ricorsi nell’ambito del procedimento legato al tentato colpo di Stato seguito alla sconfitta elettorale del 2022. Bolsonaro si trova attualmente detenuto presso la sede della Polizia Federale di Brasilia per un altro procedimento penale. Intanto la difesa denuncia un “errore grave”.
Secondo quanto riferito dagli organi di stampa brasiliani, la decisione della Corte Suprema chiude definitivamente il lungo procedimento avviato dopo i fatti successivi alle elezioni del 2022, quando Bolsonaro e parte del suo entourage cercarono – secondo l’accusa – di impedire l’insediamento del presidente eletto Luiz Inacio Lula da Silva. Con la dichiarazione di irrevocabilità della sentenza, non saranno più ammessi ulteriori ricorsi.
Sarà ora il giudice Alexandre de Moraes, relatore del caso, a dover emettere l’ordine formale che avvierà l’esecuzione della pena. La stessa decisione riguarda anche altri due condannati nello stesso procedimento: il deputato federale ed ex direttore dell’Agenzia di intelligence (Abin), Alexandre Ramagem, condannato a 16 anni, e l’ex ministro della Giustizia Anderson Torres, che dovrà scontarne 24.
Durissima la reazione della difesa dell’ex presidente. L’avvocato Paulo Cunha Bueno ha definito “prematuro” e un “errore grave” l’atto della Corte Suprema, sostenendo che esisterebbero ancora margini per presentare un ricorso ulteriore: “Ricorreremo comunque. La difesa ritiene che i ricorsi siano ammissibili se depositati nei termini previsti”, ha affermato il legale.
Una posizione, però, che secondo giuristi citati dai media brasiliani sarebbe difficilmente sostenibile: la tipologia di ricorso invocata dalla difesa è ammissibile solo nel caso in cui almeno due giudici della sezione giudicante votino per l’assoluzione. Nella sentenza di settembre ciò non è avvenuto, considerato che solo uno dei cinque magistrati espresse voto contrario alla condanna.
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