25 Novembre 2025
Kyslytsya, Yermak e Witkoff, fonte: imagoeconomica
Si delineano con maggiore chiarezza i contenuti del nuovo piano di pace in 19 punti elaborato da Stati Uniti e Ucraina, un documento che affronta alcuni dei nodi più sensibili: dall’ingresso di Kiev nella Nato subordinato al consenso unanime dei membri, alla proposta di limitare le forze armate ucraine a 800mila uomini, fino alla previsione di elezioni da tenersi dopo la firma dell’accordo. Una bozza complessa, ancora in evoluzione, che arriva dopo le tensioni suscitate dal precedente piano americano in 28 punti.
Cominciano a emergere, dunque, i cardini del nuovo schema negoziale in 19 punti, nato dopo settimane di colloqui febbrili tra americani, ucraini ed europei. Secondo la bozza ottenuta da Reuters, il nodo delle concessioni territoriali resta uno dei passaggi più delicati: il testo afferma che "l'Ucraina si impegna a non recuperare il suo territorio sovrano occupato con mezzi militari. I negoziati sugli scambi territoriali inizieranno dalla Linea di Contatto". Un punto che, se confermato, segnerebbe un cambio di prospettiva rilevante all’interno della posizione occidentale.
Sul fronte Nato, il documento ribadisce quanto da tempo viene sussurrato nei corridoi dell’Alleanza: l’adesione di Kiev non è un automatismo. Nel testo, infatti, si legge che "l'adesione dell'Ucraina alla Nato dipende dal consenso dei membri della Nato". Reuters sottolinea che al momento questo consenso non c’è, ma la formula lascia comunque una porta aperta, segnalando che la questione non viene accantonata, bensì rinviata.
Tema cruciale anche quello delle forze armate ucraine. La bozza europea suggerisce che l’esercito del Paese venga "limitato a 800.000 uomini in tempo di pace", una soglia più alta dei 600.000 previsti nella bozza americana. Un dettaglio che mostra divergenze interne alle trattative, mentre resta immutata la sproporzione con le forze russe: in entrambi i testi, infatti, non viene richiesto a Mosca alcun taglio del proprio apparato militare.
Per quanto riguarda la politica interna, il piano tocca anche la questione delle future elezioni ucraine, sospese a causa della legge marziale. La bozza, in questo caso, si limita a indicare che le consultazioni dovranno tenersi "il prima possibile" dopo la firma dell’accordo. Una formula volutamente elastica che rimanda ogni decisione concreta al momento successivo all’eventuale intesa.
Sul versante internazionale, la reazione più dura arriva da Mosca. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, citato dalla Tass, ha accusato l’Unione Europea di aver perso occasioni decisive nella gestione del conflitto, affermando che l’Europa ha “fallito su tutti i fronti” sin dal 2014. Una critica diretta alle capitali europee, alle quali – secondo Lavrov – non spetterebbe alcuna prerogativa nel determinare l’esito del negoziato. Il capo della diplomazia russa ha aggiunto che la Russia “apprezza la posizione degli Stati Uniti, che sono gli unici nel mondo occidentale, a differenza di Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino, a mostrare iniziativa per trovare vie per una soluzione”.
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