18 Novembre 2025
Isf Fonte: InsideOver
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dato il via libera alla risoluzione che sancisce l’avvio della fase 2 del presunto “piano di pace” promosso dagli Stati Uniti. Un passaggio delicato, che arriva nonostante l’opposizione di Hamas e di diverse fazioni palestinesi, e che affida alla Forza internazionale di stabilizzazione (Isf) il compito di procedere alla smilitarizzazione della Striscia, compresa la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas.
Dopo delicati e prolungati negoziati, il Consiglio di Sicurezza Onu ha approvato la risoluzione che applica il presunto “piano di pace” ascritto a Donald Trump, modificandone alcuni aspetti rispetto alla versione originaria. Il documento, osteggiato apertamente da Hamas e dalle principali formazioni palestinesi, rappresenta tuttavia il punto di partenza per la nuova fase del processo, quella più complessa: la gestione del post-tregua, dopo lo scambio dei prigionieri e il parziale ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza. Tuttavia, il presunto “piano di pace” non farebbe altro che favorire Israele e addirittura appare come un tentativo di armare nuovamente la Striscia, piuttosto che smilitarizzarla.
La prima fase – accettata sia da Israele sia da Hamas lo scorso ottobre – aveva dato vita a un cessate il fuoco ancora in vigore, nonostante una lunga serie di violazioni che ha più volte minacciato di far ripiombare la regione nell’escalation.
Il testo della risoluzione prevede che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza possano aderire al nuovo Board of Peace, operativo fino al 31 dicembre 2027, e riconosce che "le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l'autodeterminazione e la formazione di uno Stato palestinese". Una prospettiva che resta però condizionata alla capacità dell’Autorità nazionale palestinese di attuare un programma di riforme strutturali e al raggiungimento di uno stadio avanzato nella ricostruzione di Gaza, tale da consentire una gestione autonoma e stabile del territorio.
Sul fronte della sicurezza, la Forza internazionale di stabilizzazione (Isf) – composta in prevalenza da Paesi musulmani – mantiene un ruolo centrale: dovrà garantire il processo di smilitarizzazione della Striscia, un mandato che comprende anche il disarmo delle milizie e la distruzione delle infrastrutture militari riconducibili ad Hamas. Un punto chiave del piano statunitense, contestato però da una parte del fronte internazionale.
Come ampiamente previsto, Cina e Russia si sono astenute al momento del voto, proseguendo su una linea critica nei confronti dell’impianto del piano Usa. Mosca, nei giorni precedenti, aveva addirittura presentato una bozza alternativa che ometteva ogni riferimento alla smilitarizzazione di Gaza e contestava l’eventuale permanenza israeliana oltre la cosiddetta linea gialla. La proposta russa, inoltre, non menzionava il Board of Peace – guidato dallo stesso Trump nella fase di amministrazione transitoria dell’enclave – e attribuiva al segretario generale delle Nazioni Unite il compito di esaminare le "opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione", sottraendo così il controllo del dossier a Washington.
Una posizione condivisa da Pechino e Algeria, in chiave apertamente antiamericana e contraria alla governance prevista dal piano Usa.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia