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Armenia, silenziata la comunità scientifica su Baku: stop ai finanziamenti per gli accademici che criticano l'Azerbaijan sul Nagorno-Karabakh

Secondo lo studioso, per qualsiasi critica rivolta al paese vicino - storico nemico dell'Armenia in un conflitto durato decenni - il governo minaccia i ricercatori di tagliare finanziamenti, borse di studio e sovvenzioni. Le misure colpiscono anche l'Armenian Scholars Fellowship Organization (ASOF), una ong che sostiene gli studiosi armeni nello sviluppo di progetti di ricerca

07 Novembre 2025

Armenia, silenziata la comunità scientifica su Baku: stop ai finanziamenti per gli accademici che criticano l'Azerbaijan sul Nagorno-Karabakh

Fonte: Facebook, @Nagorno-Karabakh

Ricercatori armeni stanno subendo pressioni da parte del proprio governo quando conducono studi che ritraggono l'Azerbaijan in modo negativo. Lo ha rivelato un importante accademico armeno durante la Conferenza Internazionale di Studi Italiani ed Europei tenutasi lo scorso ottobre. Per timore di ritorsioni, la fonte ha preferito mantenere l'anonimato. Tra i lavori censurati, figura una ricerca che documentava la distruzione di una chiesa armena nella città di Nakhchivan, capoluogo dell'omonima enclave azera.

Secondo lo studioso, per qualsiasi critica rivolta al paese vicino - storico nemico dell'Armenia in un conflitto durato decenni - il governo minaccia i ricercatori di tagliare finanziamenti, borse di studio e sovvenzioni. Le misure colpiscono anche l'Armenian Scholars Fellowship Organization (ASOF), una ong che sostiene gli studiosi armeni nello sviluppo di progetti di ricerca.

Gli esperti temono che questa linea impedisca di fatto di documentare e denunciare le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze azere durante la guerra del Nagorno-Karabakh. Tra queste, la sistematica distruzione del patrimonio culturale armeno nei territori sotto controllo azero, avvenuta sia durante che dopo il conflitto.

L'organizzazione Caucasus Heritage Watch, che monitora questi abusi, sostiene che nella sola Nakhchivan siano stati completamente distrutti 108 siti di interesse culturale tra il 1997 e il 2011, per lo più edifici religiosi. Le chiese e i monasteri più antichi risalivano al XII-XIII secolo. Alcuni studiosi stimano che dal 1921, quando l'enclave passò sotto controllo azero, siano stati rasi al suolo fino a 27mila monumenti.

Le accuse di pulizia etnica

I temi sensibili per il governo di Nikol Pashinyan potrebbero non limitarsi alla distruzione dei monumenti storici. Secondo l'ong americana Freedom House, gli armeni in Azerbaijan subiscono repressioni dagli anni Novanta. Cittadini di etnia armena vengono discriminati sul piano religioso, subiscono limitazioni alla libertà di espressione e restrizioni all'ingresso nel paese. Dopo aver preso il controllo del Nagorno-Karabakh, secondo l'organizzazione, il governo di Ilham Aliyev avrebbe condotto una pulizia etnica, costringendo 120mila abitanti della regione a rifugiarsi in Armenia.

Dal canto suo, Baku nega non solo le persecuzioni, ma anche l'autenticità del patrimonio culturale armeno. Nel febbraio 2022 il ministro della Cultura azero Anar Karimov annunciò l'intenzione di creare un gruppo di lavoro per "eliminare le false tracce sugli edifici religiosi albanesi". La teoria alla base di questa decisione sostiene che l'origine armena di molte chiese antiche del Caucaso meridionale sia una falsificazione storica. Quattro giorni dopo, il ministero fece marcia indietro.

L'Azerbaijan nega la distruzione dei monumenti anche a livello internazionale. I legami culturali e scientifici con l'Europa, e in particolare con l'Italia, potrebbero però dare qualche risultato. Nel 2021 l'organizzazione europea Europa Nostra ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla sorte degli edifici religiosi nel Nagorno-Karabakh, senza tuttavia riuscire ad assumere una posizione netta sulla questione.

La sconfitta di Pashinyan

Il governo del premier Nikol Pashinyan è stato segnato dalla netta sconfitta dell'Armenia nel conflitto con l'Azerbaijan nel 2020. Nell'agosto 2025 un accordo di pace ha sancito definitivamente la perdita del controllo sul Karabakh. È probabile che l'esecutivo armeno cerchi ora di limitare i danni alla propria reputazione, ed è a questo che potrebbero ricondursi le notizie sul controllo sempre più stretto sui contenuti della ricerca accademica.

Le segnalazioni di crescenti pressioni arrivano mentre si avvicinano le elezioni parlamentari in Armenia, previste per giugno 2026. In situazioni analoghe a quella di Pashinyan, i governi di solito vengono sconfitti alle urne. Il premier salì al potere nel 2018 promettendo una svolta filoeuropea per il paese, pur mantenendone le posizioni strategiche. Nel 2019 dichiarò pubblicamente che "l'Artsakh è Armenia", riferendosi al Nagorno-Karabakh, ma appena un anno dopo perse completamente il controllo del territorio.

A questo si aggiunge il fatto che non sia riuscito a imporre un corridoio logistico più sicuro dalla Turchia al Mar Caspio attraverso Yerevan. Al contrario, è stato costretto non solo ad aprire il corridoio di Zangezur, vantaggioso per Turchia e Azerbaijan, ma anche a cedere per 99 anni il controllo di questo tratto infrastrutturale armeno agli Stati Uniti.

Nel 2020 Pashinyan presentò una strategia di trasformazione del paese fino al 2050, che prevedeva di far crescere la popolazione da 3 a 5 milioni di abitanti, moltiplicare lo stipendio medio per sette e il PIL per venti - il che avrebbe equiparato l'economia armena a quella degli attuali Paesi Bassi, che contano quasi 20 milioni di abitanti.

Verso le elezioni del 2026

Promesse irrealistiche e una disfatta militare nel Nagorno-Karabakh potrebbero portare al crollo elettorale del partito di governo "Contratto Civile" e alla fine della carriera politica di Pashinyan - ammesso che l'opinione pubblica possa discutere liberamente di questi problemi.

Un ulteriore fattore che spinge a prevenire simili discussioni anche all'estero è che, dei circa 15 milioni di armeni nel mondo, solo 3 milioni vivono in Armenia. Senza limitare la libertà di espressione, le possibilità di vittoria del "Contratto Civile" alle prossime parlamentari sono ridotte al minimo.

Di Simone Lanza

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