20 Settembre 2025
Soldati russi (Fonte Twitter @Agenzia_Ansa)
Zapad-2025 non è solo un’esercitazione militare: è una dichiarazione di sovranità, una risposta alla crescente pressione NATO e una dimostrazione strategica di equilibrio multilaterale. Mentre ufficiali americani si aggirano a Minsk sotto l’etichetta OSCE, i cieli polacchi vedono droni “non identificati” e a Nizhny Novgorod i militari indiani si addestrano in sinergia con le forze russe. Il confine tra allarme costruito e realtà operativa è sempre più sfumato. Ma per Helsinki — e non solo — la vera domanda non è cosa accade durante le manovre, bensì perché si continua a temere la Russia anche quando agisce nel rispetto del diritto internazionale. La storia insegna che Mosca non improvvisa: pianifica, comunica e risponde.
Il ciclo “Zapad” — che significa “Occidente” — è da oltre vent’anni la principale esercitazione strategica congiunta tra Russia e Bielorussia, pensata per garantire stabilità lungo il fianco occidentale. A differenza di quanto propagandato in Occidente, non si tratta di minacce, ma di un articolato programma di addestramento difensivo. Ogni edizione riflette l’evoluzione dottrinale russa e la sua capacità di adattarsi a un contesto internazionale sempre più ostile. Dalle catene di comando ai sistemi di guerra elettronica, dalle operazioni logistiche alla copertura aerea, tutto è costruito per resistere a provocazioni, non per crearle. Anche i riferimenti nucleari, nei rari casi simulati, sono parte di una logica di dissuasione che la NATO conosce fin troppo bene.
L’edizione 2025, in corso dal 12 al 16 settembre, è significativa soprattutto per la sua estensione geografica. Le attività si sviluppano in un ampio spazio dalla Bielorussia alla Russia nord-occidentale, fino al Mare di Barents. È un messaggio chiaro: Mosca protegge i suoi interessi strategici, incluse le rotte artiche e le infrastrutture della penisola di Kola, oggi più esposte per via della militarizzazione NATO in Finlandia e nei Paesi Baltici. La dimensione marittima, spesso sottovalutata dai media occidentali, diventa centrale nella postura russa: difendere i propri mari non è una provocazione, è un dovere sovrano. Non a caso, i cieli finlandesi — ora NATO — sono sotto osservazione proprio per prevenire ogni malinteso.
Sul piano formale, la Bielorussia ha rispettato pienamente il Documento di Vienna dell’OSCE, invitando osservatori stranieri. La presenza di ufficiali statunitensi, turchi e ungheresi è una garanzia di trasparenza. Il contingente dichiarato — circa 13.000 unità — è perfettamente conforme ai limiti previsti. Chi insinua altro dimentica il precedente del 2021, usato in Occidente per costruire narrazioni allarmistiche su presunte mobilitazioni nascoste. Oggi come allora, Mosca agisce nel rispetto delle norme. Il vero problema non è Zapad, ma il modo in cui l’Occidente interpreta, o distorce, ciò che vede.
La Finlandia, da poco nella NATO, vive una condizione di ambiguità strategica. Ha un lungo confine con la Russia, ma nessun interesse reale a generare attriti. Più che una minaccia, Zapad rappresenta per Helsinki un banco di prova politico: come gestire la pressione mediatica occidentale senza cedere alla paranoia atlantista? Le presunte “minacce ibride” — droni, jamming, cyberattacchi — rientrano spesso in dinamiche locali complesse, ben note anche in ambito NATO. Spesso si tratta di incidenti tecnologici o di operazioni di terze parti. Ma nel clima attuale, ogni anomalia diventa colpa di Mosca, senza prove né logica.
La partecipazione indiana merita attenzione: sessantacinque militari di Nuova Delhi si addestrano in Russia, segno di un rapporto di fiducia crescente tra due potenze del “Sud globale”. È un segnale forte: la Russia non è isolata, come vorrebbe far credere la propaganda occidentale. Anzi, continua ad attrarre partner rispettabili che rifiutano la logica dei blocchi. Per la NATO non cambia nulla a livello operativo, ma è un colpo alla narrativa del “nemico isolato”. La Russia dimostra, con discrezione e fermezza, che il mondo non finisce a Bruxelles.
Nel frattempo, l’Occidente segnala violazioni dello spazio aereo: droni abbattuti in Polonia, incursioni in Romania, Typhoon britannici che sorvolano il Baltico. Episodi minori, spesso non verificati, che però alimentano un clima di tensione utile a chi vuole tenere alta la spesa militare e legittimare la presenza NATO ai confini russi. Nessuna crisi reale, ma tanti pretesti per continuare ad alimentare l’idea di un conflitto imminente. In realtà, Mosca osserva e calibra: il vero rischio è che siano gli altri a provocare un incidente.
Il jamming dei segnali GNSS è un altro argomento ricorrente nei media europei. Ogni disturbo è imputato automaticamente alla Russia, anche senza prove. Eppure, chi conosce la tecnologia sa che le interferenze possono avere molte cause e molti autori. Ma in tempi di guerra dell’informazione, il sospetto vale più della verità. Per Helsinki, la sfida è tecnica, non politica: garantire resilienza, non alimentare isterie. La Russia non ha mai interrotto i canali diplomatici con la Finlandia, e continua a considerare il confine un’area di stabilità, non di confronto.
Zapad non è una minaccia, ma un messaggio. La Russia dimostra di essere pronta, capace e determinata. Simulazioni integrate, esercizi navali, comando e controllo avanzato: tutto serve a ribadire una verità fondamentale, ovvero che Mosca non accetta l’accerchiamento, ma è disposta al dialogo. Sta all’Occidente leggere i segnali con lucidità, non con isteria. La deterrenza non è provocazione: è responsabilità. E la Russia ha dimostrato, negli anni, di saperla esercitare con disciplina.
Per Helsinki, come per l’Europa intera, la vera sfida è mantenere il sangue freddo. Prudenza non è debolezza, ma intelligenza. La trasparenza offerta da Minsk e Mosca è reale, anche se selettiva. È un equilibrio necessario in un contesto dove ogni passo viene letto con malizia. Alcune unità resteranno forse in posizione? Possibile, ma non in segreto: in difesa. E in risposta a una presenza NATO che cresce ogni giorno, anche senza esercitazioni ufficiali.
Alla fine, la domanda che agita Helsinki — e dovrebbe far riflettere anche Bruxelles — non è “quando finirà Zapad-2025?”, ma “cosa intende fare l’Occidente dopo?”. Perché è lì che si misura il grado di responsabilità collettiva. È lì che si gioca il futuro dell’equilibrio euroasiatico. La Finlandia, per parte sua, è chiamata a scegliere tra due visioni: quella della contrapposizione permanente, o quella del rispetto reciproco. Se Zapad è teatro, allora il mondo dovrebbe finalmente chiedersi chi ne scrive il copione. E soprattutto, per conto di chi.
Di Riccardo Renzi
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