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Sanzioni a Israele, l'Italia abbandona l'ambiguità e si schiera per misure contro ministri estremisti, e lo Stato sionista minaccia la Francia

Il punto di non ritorno sembra essere stato raggiunto: quando anche gli alleati più fedeli iniziano a prendere le distanze, significa che la politica israeliana ha superato ogni limite accettabile per la comunità internazionale

19 Settembre 2025

Uk, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Norvegia sanzionano Smotrich e Ben-Gvir per genocidio a Gaza: ingresso vietato e beni nei Paesi congelati

Ben-Gvir e Smotrich, fonte: X, @Patty66509580

Quello che fino a pochi mesi fa sembrava impensabile sta accadendo: l'Italia di Giorgia Meloni annuncia il sostegno alle sanzioni europee contro i ministri estremisti israeliani, mentre la Francia di Emmanuel Macron subisce minacce dirette da Tel Aviv per la sua decisione di riconoscere lo Stato palestinese.

Il cambio di rotta dell'Italia: dalla fedeltà alle sanzioni

L'Italia ha compiuto una svolta storica annunciando il suo appoggio alle sanzioni UE contro i ministri estremisti israeliani Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che il governo italiano è "favorevole ad adottare nuove ulteriori sanzioni nei confronti dei coloni violenti e di quei ministri che hanno assunto posizioni inaccettabili tanto su Gaza quanto sulla Cisgiordania". Questa decisione, maturata in un colloquio tra la Premier Meloni e Tajani, rappresenta un primo cambio di linea significativo del governo italiano rispetto a quello israeliano. Tajani ha condannato esplicitamente le "frasi come quelle pronunciate dal Ministro israeliano Smotrich che ha definito la Striscia una 'miniera d'oro immobiliare'", sottolineando che "quello che sta avvenendo a Gaza è una tragedia inaccettabile. Questa carneficina deve finire subito".

La Commissione Europea rompe gli indugi

La Commissione europea ha rotto finalmente un'impasse durata due anni, presentando le prime sanzioni politiche ed economiche a Tel Aviv. Il pacchetto prevede il congelamento di circa 20 milioni di fondi, dazi commerciali su circa 6 miliardi di merci e misure restrittive contro i due ministri più estremisti del governo Netanyahu. L'alto rappresentante UE, Kaja Kallas, ha spiegato che "l'obiettivo non è punire Israele ma migliorare la situazione a Gaza".

Le minacce di Israele alla Francia: una escalation diplomatica

La Francia sta pagando un prezzo altissimo per la sua decisione di riconoscere lo Stato palestinese. Il Ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar ha dichiarato che "non c'è alcuna possibilità" che il Presidente francese visiti Israele finché Parigi manterrà la sua decisione, mentre il viceministro Sharren Haskel ha annunciato che la chiusura del consolato francese a Gerusalemme è "sul tavolo" del primo ministro Netanyahu.

Le minacce israeliane sono particolarmente aggressive: il governo di Tel Aviv studia possibili ritorsioni, dalla chiusura del consolato generale di Francia a Gerusalemme all'annessione di territori palestinesi. Tra le misure prospettate, la presa di controllo dei domini francesi a Gerusalemme, amministrati dalla Francia sin dagli accordi ottomani del XVI secolo per proteggere e accogliere i pellegrini cristiani.

La voce della coscienza: Avraham Burg e l'appello all'Aia

Una delle voci più autorevoli che si leva contro la deriva del governo israeliano è quella di Avraham Burg, ex Presidente della Knesset dal 1999 al 2003. Burg ha dichiarato in un'intervista che "non c'è politica, non c'è autodifesa che possa giustificare l'uccisione di decine di migliaia di persone. Se sei un criminale come Slobodan Milosevic, devi essere portato in tribunale. E se sei ebreo e israeliano e ti chiami Netanyahu non hai esenzioni, anche tu vai in tribunale".

Burg ha lanciato un appello globale per raccogliere un milione di firme di ebrei che si uniscano in un ricorso legale collettivo presso la Corte Internazionale di Giustizia, denunciando lo Stato di Israele per crimini contro l'umanità a Gaza. "Non permetteremo allo Stato di Israele, che sistematicamente infligge violenza su una popolazione civile, di parlare in nostro nome", ha scritto l'ex leader laburista.

Una strategia chiara: impedire lo Stato Palestinese

Secondo Burg, il conflitto viene portato avanti dal governo Netanyahu per dare "attuazione alla politica dell'estrema destra che vorrebbe realizzare ciò che non è stato fatto nel '48, la pulizia etnica dei palestinesi, e sfruttare l'opportunità per attuare una politica religiosa, messianica ed escatologica". L'obiettivo dichiarato è "impedire la creazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania. E Gaza è la prima linea della Cisgiordania".

Un riconoscimento che fa la differenza

La Francia riconoscerà ufficialmente lo Stato di Palestina nel corso del mese di settembre, in una conferenza co-presieduta con l'Arabia Saudita. Come ha dichiarato il governo francese, questa decisione si iscrive "in una dinamica politica globale che dovrà permettere il riconoscimento dello Stato di Palestina, la normalizzazione con Israele e la sua integrazione regionale".

Insieme alla Francia, altri 14 Paesi hanno espresso la volontà di riconoscere lo Stato palestinese, mentre il Regno Unito ha annunciato che procederà al riconoscimento "a meno che Israele non faccia dei passi per mettere fine alla terribile situazione a Gaza".

In conclusione, la situazione attuale mostra chiaramente come Israele stia pagando un prezzo diplomatico sempre più alto per le sue politiche estremamente aggressive, genocidiarie e di occupazione e conquista violenta di terre che appartengono ad altri; non solo la Striscia di Gaza e la Cisgiordania ma anche territori siriani e libanesi, oltre ad attaccare dal cielo contemporaneamente diversi Paesi terzi e sovrani come Iran, Yemen e Qatar. La decisione dell'Italia di abbandonare l'ambiguità e schierarsi per le sanzioni, unita alle minacce contro la Francia, rivela un governo israeliano sempre più isolato a livello internazionale.

Come ha sottolineato Avraham Burg, il problema non ha nulla a che vedere con l'antisemitismo, che "esiste nel mondo come esistono l'islamofobia, la giudeofobia, l'omofobia, la xenofobia, parte di un'istigazione all'odio più generale alimentata da politici come Trump e Netanyahu".

Il punto di non ritorno sembra essere stato raggiunto: quando anche gli alleati più fedeli iniziano a prendere le distanze, significa che la politica israeliana ha superato ogni limite accettabile per la comunità internazionale. La domanda ora non è più se Israele cambierà rotta, ma quando e a che prezzo (per il Pianeta intero) smetterà di compiere attività di terrorismo internazionale.

Di Eugenio Cardi

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