17 Settembre 2025
Meloni e Von der Leyen, fonte: imagoeconomica
La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con il discorso sullo Stato dell'Unione del 10 settembre scorso ha annunciato un pacchetto di sanzioni contro Israele per la prima volta dal 7 ottobre 2023. Un cambio di rotta che arriva dopo quasi due anni di continua aggressione armata da parte dello Stato sionista, con oltre 64.000 morti palestinesi.
La Commissione ha formalizzato oggi le sue proposte, che si articolano su tre livelli distinti:
Il punto cruciale delle proposte risiede nei diversi meccanismi di approvazione richiesti dal diritto europeo:
Le proposte della Commissione arrivano nel momento più critico della pesantissima aggressione armata via terra, cielo e mare dello Stato occupante di Israele, che ha lanciato l'invasione di Gaza City, ordinando l'evacuazione di quasi un milione di palestinesi che si erano rifugiati nell'ultima zona considerata "sicura" della Striscia. Una commissione indipendente delle Nazioni Unite ha inoltre stabilito che Israele sta commettendo genocidio a Gaza, con "l'intento di distruggere i palestinesi".
Von der Leyen ha ammesso la difficoltà dell'impresa: "Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza, ma dobbiamo tutti assumerci le nostre responsabilità". La Presidente, che si era fortemente schierata con Israele dopo il 7 ottobre, ha descritto come "dolorosa" l'incapacità dell'Europa di trovare una risposta unitaria. L'Alto Rappresentante per la Politica Estera Kaja Kallas ha confermato che l'obiettivo è "fermare le uccisioni e far entrare cibo, medicine e aiuti a Gaza", indipendentemente dagli strumenti utilizzati.
Anche se dovessero essere approvate, le sanzioni UE contro Israele presentano limiti strutturali significativi. A differenza delle misure contro la Russia per l'invasione dell'Ucraina, Israele può contare sul sostegno incondizionato degli Stati Uniti, che forniscono oltre 3 miliardi di dollari di aiuti militari annui.
Inoltre, diversi esperti sottolineano che sanzioni parziali rischiano di essere più simboliche che sostanziali, specialmente se non accompagnate da un embargo totale sulle armi - misura che appare impossibile dato il veto tedesco.
La proposta della Commissione rappresenta comunque uno spartiacque storico nella politica europea verso il Medio Oriente. Per la prima volta dal 1948, l'UE considera seriamente misure punitive contro Israele, segnalando un cambio di paradigma nell'approccio occidentale al conflitto israelo-palestinese.
Il successo delle misure dipenderà ora dalla capacità di Von der Leyen di convincere i paesi esitanti, a partire da Germania e Italia. Il voto, atteso nelle prossime settimane, costituirà un test cruciale per la credibilità della politica estera europea e per il futuro ruolo dell'UE come mediatore nel conflitto mediorientale. Su tutto questo dibattito pesano anche le minacce dirette provenienti dal governo israeliano. Il ministro degli Esteri Sa'ar ha accusato l'UE di "rafforzare Hamas" con le proposte di sanzioni, definendo le misure "senza precedenti" e "un chiaro tentativo di danneggiare Israele". In una lettera a Von der Leyen, Sa'ar ha addirittura evocato la Shoah, sostenendo che "un'Europa che danneggia Israele mentre si tenta di annientare il residuo sopravvissuto del popolo ebraico segna il calpestamento di ogni standard morale". Ancora più esplicite le minacce del Ministro della Sicurezza Nazionale Ben-Gvir, che dopo l'annuncio del Belgio di riconoscere lo Stato di Palestina ha avvertito che "i Paesi europei che si abbandonano all'ingenuità e si arrendono alle manipolazioni di Hamas finiranno per sperimentare il terrore in prima persona". Parole scandalose di stampo terroristico che hanno suscitato indignazione in tutta Europa.
La posta in gioco va oltre le sanzioni stesse: è in questione la capacità dell'Europa di parlare con una voce unica su una crisi internazionale assolutamente crudele, disumana e genocidiaria del nostro tempo che si sta svolgendo sulla pelle del martoriato popolo palestinese, resistendo alle pressioni e alle intimidazioni di un governo che assurdamente non esita a minacciare i propri stessi alleati storici.
Di Eugenio Cardi
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