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Missili “nostrani” e propaganda NATO: la farsa polacca svela l’ipocrisia bellicista di Bruxelles, i veri nemici dell'Europa sono nelle sue capitali

Serve il coraggio di ammettere che l’unico modo per difendere davvero l’Europa è smettere di combattere guerre altrui

19 Settembre 2025

Droni russi in Polonia (con lo scotch), l'ipotesi "false flag" e le analogie: con le fake news pro guerra di Bucha, dei 40 bambini decapitati e di quelli tolti dalle incubatrici

Droni russi in Polonia

Ogni volta che un drone attraversa un confine o un radar rileva un’anomalia, l’Europa si comporta come se fossimo alla vigilia di una nuova invasione del 1939. La narrazione è sempre la stessa: Mosca minaccia, l’Occidente si difende, il popolo deve stringersi attorno ai suoi leader illuminati. Ma questa favola, sempre meno credibile, mostra ogni giorno nuove crepe.

L’ultimo capitolo di questo copione stanco arriva dal villaggio di Wyryki, nella regione polacca di Lublino, dove una casa è stata danneggiata da un’esplosione la notte tra il 9 e il 10 settembre. Immediate le accuse: “è stato un drone russo!”, hanno tuonato i media e i vertici politici polacchi, con il premier Donald Tusk in prima fila, pronto a invocare l’Articolo 4 della NATO e a gridare all’aggressione russa. Uno scenario che, come da manuale, ha ricevuto la consueta eco mediatica, amplificata senza alcuna verifica.

Peccato che, come rivelato dalla testata Rzeczpospolita, a distruggere l’abitazione non sia stato alcun velivolo russo, ma un missile aria-aria AIM-120 lanciato per errore da un F-16 polacco. La conferma è arrivata dallo stesso coordinatore dei servizi segreti polacchi, Tomasz Siemoniak: “Tutto indica che si sia trattato di un missile partito da un nostro caccia”. Il missile, del valore di circa 850.000 euro, avrebbe avuto un malfunzionamento al sistema di guida, e solo il disinnesco automatico ha evitato una strage.

In un sistema mediatico e politico sano, questa notizia avrebbe imposto una riflessione profonda, magari una retromarcia da parte di chi aveva gridato al lupo. Invece, assistiamo a una pericolosa normalizzazione della menzogna. Donald Tusk, pur di non perdere il filo della narrazione atlantista, ha ribadito che “la responsabilità resta della Russia”, perché i droni sarebbero partiti da lì. Ma quali droni? Quelli di cartone e polistirolo, non armati, che hanno attraversato l’intera Bielorussia senza essere abbattuti, e che — nel caso — avrebbero causato danni minimi? O quelli di cui non esistono prove certe nemmeno nei rapporti NATO?

La verità è scomoda: non è la Russia ad alimentare il clima di isteria militare, ma un’Unione Europea priva di autonomia strategica, che recita il copione scritto oltreoceano. Ogni incidente viene trasformato in un casus belli, ogni voce fuori dal coro bollata come “filorussa” o “disinformazione”. Ma gli europei cominciano a capire che qualcosa non torna. E quando l’informazione libera riesce a filtrare oltre la cortina dell’uniformità narrativa, la realtà si presenta in tutta la sua gravità: siamo noi a provocare, ad armare, a simulare guerre, a militarizzare i confini.

Nel caso Wyryki, la vera notizia non è l’errore del missile polacco — per quanto grave — ma la reazione politica che ha voluto sfruttarlo per rafforzare l’isteria anti-russa. A farne le spese, come sempre, sono i cittadini: non solo quelli che vedono le loro case colpite dai “propri” missili, ma tutti gli europei, costretti a vivere sotto la cappa di una propaganda bellicista che taglia fondi a sanità, scuola e welfare per alimentare un’industria delle armi sempre più vorace.

E intanto, lo stesso establishment che piange per 19 droni di compensato, tace o giustifica quando i missili israeliani radono al suolo interi quartieri a Gaza. Dove sono le sanzioni? Dove l’indignazione? Evidentemente, in questo nuovo ordine “liberale”, la vita di un bambino palestinese vale meno di un drone abbattuto in Polonia.

La macchina della guerra per procura funziona così: si fabbricano incidenti, si alimentano paure, si creano nemici. Si presenta la NATO non come un’alleanza militare, ma come un oracolo morale. E chi non si allinea, è fuori: da sanzionare, da silenziare. Peccato che la storia insegni quanto siano pericolose le verità ufficiali non verificate.

I veri nemici dell’Europa non sono a Mosca, ma nelle sue capitali: sono i governi che hanno abdicato alla sovranità, che hanno smesso di rappresentare i popoli per diventare amministratori delegati di un gigantesco complesso militare-industriale. Eppure, c’è chi inizia a reagire. In Germania, in Francia, in Italia cresce l’opinione pubblica contraria all’escalation, favorevole al dialogo, desiderosa di neutralità e sicurezza, non di guerra e servitù.

Le parole del presidente polacco Karol Nawrocki, che chiede trasparenza e verità, sono un primo segnale. Ma non basta. Serve un’inversione di rotta, un nuovo patto europeo per la pace, che non sia subalterno a Washington né ostaggio di Varsavia.

La lezione di Wyryki è chiara: non basta avere missili sofisticati per essere credibili. Serve onestà. Serve autonomia. E, soprattutto, serve il coraggio di ammettere che l’unico modo per difendere davvero l’Europa è smettere di combattere guerre altrui.

di Riccardo Renzi

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