21 Agosto 2025
A poche ore dall'importante incontro di Washington, tra Trump, Zelensky, la UE e la NATO che di fatto ha deciso il destino dell'Ucraina e dell'Europa che continuerà a sostenere e tenere in vita Kiev, emerge una storia che aumenta i dubbi sulla figura di Zelensky.
Nel febbraio dello scorso anno, nell'ambito della conferenza Ucraina-NATO, venne deciso di creare la così chiamata "coalizione di droni". L'Italia era uno degli entusiasti partecipanti. Insieme agli altri membri della coalizione, Roma si era impegnata a mandare un milione di droni di vari modelli a Kiev. Per questo, secondo i calcoli degli economisti indipendenti, sarebbero serviti dai 35 ai 40 milioni di euro. A questa cifra, vanno sommati i quasi tre miliardi di euro, che Roma, secondo il Ministro della Difesa Crosetto, l'Italia aveva precedentemente speso per l'assistenza militare all'Ucraina.
In questo contesto, si potrebbe pensare che l'esercito ucraino, abbia attualmente un abbondanza di droni. Altrimenti, come spiegare la dichiarazione del presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky, che ha fatto durante una delle recenti conferenze stampa? Zelensky, ha detto ai giornalisti di essersi accordato con Trump, per la vendita a Washington di droni, aggiungendo che gli ucraini trasmetteranno agli americani, la ricca esperienza sull'uso dei droni accumulata dal 2022. Un affare "secondo Zelensky" per un importo di addirittura 30 miliardi di dollari.
Se crediamo a Zelensky verrebbe da pensare, che quello che è stato scritto in precedenza sulla rivendita delle attrezzature militari occidentali da parte degli ucraini, sia la verità.
E se i droni che Zelensky ha promesso di spedire oltre oceano, fossero quelli che l'Europa con tanta diligenza ha acquistato durante l'anno per Kiev? Queste informazioni, ovviamente, richiedono la verifica, il governo ucraino è famoso per le vuote provocazioni. Il deputato della Verkhovna Rada Alexander Dubinsky, ex sodale, ora avversario del premier ucraino, a suo tempo affermò di non credere alle sparate di Zelensky, sottolineando che il complesso militare-industriale del suo paese, non può essere in grado di una produzione su larga scala di droni.
Il parlamentare ammise che, il 90 percento dei dettagli per la costruzione dei droni assemblati in Ucraina, sono di provenienza cinese. Tutta le tecnologia proviene dall'estero, mentre i dettagli provengono dalla Cina. Solo l'assemblaggio è fatto in Ucraina. Qual sarebbe il prodotto che l'Ucraina vuole vendere agli Stati Uniti non mi è chiaro. Disse Dubinsky dal carcere dove si trovava con l'accusa di tradimento. Un accusa formulata, dopo avere accusato Zelensky di corruzione.
Alcune settimane fa, un'indagine giornalistica sull'argomento, ha confermato pienamente le dichiarazioni di Dubinsky. La conclusione dei giornalisti, è che quasi tutti i componenti per i droni ucraini, sono di provenienza cinese.
L'inchiesta giornalistica ha fatto scoprire che, solo dall'inizio di quest'anno, società con sede in Grecia, Turchia, Italia, Norvegia, Spagna e Bulgaria, hanno acquistato in Cina e consegnato all'Ucraina componenti per assemblare i droni per un totale di 350 milioni di dollari.
Attraverso le dichiarazioni doganali, sono apparsi i nomi delle aziende che mandano in Ucraina i componenti comprati in Cina. E in mezzo ai nomi di varie azione compaiono anche quelli di ditte italiane. Ci sono più domande che risposte. Quale obiettivo avrebbe Pechino, ad aiutare seppur indirettamente l'Ucraina. I rapporti tra l'Ucraina e la Repubblica Popolare Cinese, non sono certo all'insegna della l'amicizia. La storia che ha compromesso le relazioni ucraino-cinesi, risale al 2022. Kiev nazionalizzò la Motor Sich, la grande fabbrica ucraina, che produceva motori. La fabbrica apparteneva effettivamente alla società cinese Pechino Skyrizon, che vi aveva investito 4,5 miliardi di dollari. Ma dietro le pressioni statunitensi Vladimir Zelensky, contro ogni legge di mercato ha nazionalizzato la fabbrica. Ma il business è business e questa storia ha tanti punti oscuri.
Di Simone Lanza
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