20 Dicembre 2022
Iran (foto LaPresse)
Le proteste in Iran non si fermano né tantomeno le violenze e le atrocità dal giorno dell’uccisione di Masha Amini. Il 13 settembre 2022, mentre era con la famiglia a Teheran, la 22enne Mahsa Amini è stata fermata e arrestata dalla polizia locale perché non indossava correttamente l’hijab. Tre giorni dopo è morta “per malattia”, secondo le autorità iraniane, per le percosse e gli abusi subiti dalla polizia morale dopo il suo arresto, secondo testimoni.
Un altro caso riguarda Hamed Salahshoor, manifestante e tassista di 23 anni. Stessa dinamica di Masha Amini. Arrestato il 26 novembre a Izeh e quattro giorni dopo le forza di polizia ne hanno comunicato alla famiglia la morte prematura per infarto. Ma i fatti sono ben diversi: il suo corpo presentava gravi ferite alla testa, rottura del naso, della mascella e del mento oltre ad aver subito pesanti interventi chirurgici.
Allo stato attuale sono circa 18 mila le persone arrestate, mentre 26 sono state condannate a morte e 2 sono state impiccate pubblicamente. Tra gli arrestati c’è chi ha avuto il coraggio di parlare: “Si comportano meglio con gli animali che con noi”, afferma Ali, 42enne, anche lui tassista come Hamed, arrestato di fronte all’università di Isfahan mentre sosteneva le proteste degli studenti contro il dittatore Khamenei.
"C’era un uomo molto alto, con un passamontagna. Non faceva che insultarci e picchiarci". Poi il racconto da brividi: “Ci portavano in una stanza e ci riempivano di botte, ci minacciavano e ci ordinavano di violentarci a vicenda”. Il tutto mentre erano ripresi da una telecamera posizionata sul soffitto, per essere ricattati e dichiarare il falso.
Un’altra testimonianza arriva da Sara (nome di fantasia), 23 enne arrestata e ripetutamente stuprata dalle guardie iraniane. Questo, però, non vuole rievocarlo nella sua memoria e quindi parla della situazione in carcere: "In prigione i medici cercano di farti il lavaggio del cervello. Mi ripetevano: “Hai rovinato la tua vita, perché manifesti?”. E rincara la dose parlando di quando lo
psicologo la istigasse al suicidio: “Che senso ha una vita vissuta così?”. La ragazza racconta che la istigavano al pensiero di togliersi la vita, ma lei rispondeva che voleva continuare a vivere per vedere il suo Iran libero.
Oggi i due testimoni, Sara e Ali, sono fuori in libertà condizionata e sperano con tutto il loro cuore per un futuro migliore per il loro Paese.
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