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Ecco chi sono i poteri forti che governano il pianeta: parla il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo

Intervista al capo degli Illuminati Giuliano di Bernardo

11 Dicembre 2022

Ecco chi sono i poteri forti che governano il pianeta: parla il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo

Giuliano Di Bernardo

Giuliano Di Bernardo, docente di filosofia all’Università di Trento, è stato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (GOI) dal 1990 al 1993. Iniziato nel 1961 nella Loggia bolognese “Risorgimento-8 Agosto” (GOI), nel 1988 (a soli 49 anni di età) viene ammesso nel Supremo Consiglio del 33° ed ultimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato (RSAA). Dopo qualche anno si dimette dal Supremo Consiglio. Poi nel 1993 lascia il GOI e fonda la Gran Loggia Regolare d’Italia (GLRI) ottenendo il prestigioso riconoscimento della Massoneria di Londra (United Grand Lodge of England – UGLE) e di altre Grandi Logge del circuito filo-inglese. Nel 2002 Di Bernardo lascia la GLRI e la Massoneria ma senza smettere di essere massone. In quell’anno fonda a Trento una nuova associazione iniziatica, l’ “Accademia degli Illuminati”, o “Ordine degli Illuminati”, o “Dignity Order” con sede a Vienna. Il Dignity Order ha Gran Priorati in Italia, Ucraina, Slovacchia, Serbia. Dal 2002 Di Bernardo è Gran Maestro dell’Ordine degli Illuminati.

Professore, nella precedente intervista, parlando dell’Occidente, ha fatto riferimento ai “poteri forti” che governano il pianeta Terra e influenzano i governi. Potrebbe dirci chi sono e come agiscono?


Nella breve storia dell’uomo, che comincia circa 12.000 anni fa con la rivoluzione dell’agricoltura, tra le invenzioni del nostro intelletto vi è anche il “denaro”, che consente alle civiltà che stavano emergendo di fare un rapido salto verso un futuro ormai già scritto. Regni, imperi e chiese ne traggono un enorme vantaggio. Il passaggio da un’economia basata sul baratto a un’altra incentrata sulla moneta è ormai compiuto. Le prime monete della storia furono coniate intorno al 640 a.C. dal re Aliatte di Lidia nell’Anatolia occidentale. Queste monete, in oro o in argento, avevano un peso fisso e portavano impresso un marchio di identificazione, che era costituito dall’effige del re che ne garantiva sia il peso sia l’autorità che l’aveva emessa. Ogni contraffazione era da intendere come un atto di sovversione contro il potere costituito e veniva severamente punita. Da queste prime monete, discendono tutte le altre forme di moneta fino ai nostri giorni. Con l’invenzione del denaro, si è creato un sistema di fiducia universale che è stato capace di superare ogni discriminazione rispetto alla lingua, alla religione, al colore della pelle, al sesso e alla cultura. 

Dall’invenzione della moneta ai nostri giorni, si sono avuti individui o gruppi che hanno accumulato ingenti quantità di denaro, che l’hanno usato anche come prestito a re, imperatori e papi per finanziare le loro imprese che quasi sempre erano di guerra sia di difesa sia di conquista di nuovi territori. Ne è un tipico esempio la dinastia dei Medici nella Firenze del ’400. La famiglia Medici nacque da umili origini ma acquisì ricchezza e potere grazie all’attività bancaria, e detenne il potere in Firenze dal 1434 al 1737, trasformando la repubblica in un principato, il ducato di Firenze, per poi estendere i propri domini creando il granducato di Toscana. Un altro esempio, più vicino al nostro tempo, è dato dalla dinastia Rothschild, che ha avuto grande successo nella storia occidentale fino ai nostri giorni, finanziando guerre e ricostruzioni. Fondatore della dinastia è Mayer Amschel (Francoforte sul Meno, 23 febbraio 1744 - Francoforte sul Meno 19 settembre 1812). La caratteristica comune a dinastie come quelle citate è la conservazione del potere lungo un arco temporale di secoli, condividendo e garantendo una certa visione dell’uomo e della vita, che assume significati diversi a seconda del periodo storico in cui si trovano a operare. Così la Firenze dei Medici è diversa dalla Germania dei Rothschild. La prima appartiene a condizioni storiche in cui la politica è egemone rispetto all’economia e alla finanza, mentre la seconda è espressione di un’economia e di una finanza che tentano di svincolarsi dai limiti angusti in cui l’aveva confinata la politica. A fare da spartiacque è il “liberalismo”, una nuova antropologia che pone l’individuo, il capitale e l’organizzazione democratica dello Stato al centro della realtà sociale. Nel nostro presente, l’economia e la finanza sono nelle mani di altri centri di potere che nella sostanza sono simili alla dinastia Rothschild ma presentano caratteristiche del tutto nuove. Il punto di vista da cui partono è utilitaristico e consiste nell’aggregazione di ingenti quantità di denaro allo scopo di acquisire profitti sempre maggiori, a prescindere dalle conseguenze che le loro decisioni possono procurare nella realtà sociale. A differenza dei Rothschild, non hanno un’etica che dica loro ciò che è bene e ciò che è male fare. La regola aurea è l’acquisizione del profitto anche se produce sofferenza e indigenza. Il profitto come fine accomuna loro ai Rothschild, ma i mezzi necessari per raggiungere il fine li differenzia sostanzialmente. Lo spartiacque è dato dall’etica, che esiste solo nelle dinastie tradizionali. Inoltre, mentre le famiglie dinastiche come quelle simili ai Rothschild rappresentano un fondamento solido e sicuro della società, i cosiddetti poteri forti si aggregano e si disaggregano in tempi brevi, dopo aver raggiunto il fine. Chi sono e quali sembianze assumono? Diremo che è un iceberg, di cui è visibile solo la parte che emerge dall’acqua, formato, ad esempio, dai Fondi di investimento come Blackrock, Vanguard e Wellington. Questi poteri sono definiti anche “occulti” perché in gran parte non si manifestano. Esistono e operano ma nella più assoluta segretezza. Tutti insieme formano un Centro di potere mondiale che decide le sorti di Stati e Nazioni. 


Ma allora qual è il potere del presidente degli Stati Uniti, ritenuto l’uomo più potente del nostro pianeta? Il suo potere è originario o derivato?

Nel rispondere a questa domanda, spiegherò una differenza fondamentale tra Oriente e Occidente, tra Cina, Russia e India, da una parte, e impero americano, dall’altra. Se esaminiamo la breve storia umana, troviamo che, dalle origini all’avvento del liberalismo, la politica ha sempre dominato sull’economia. Re, imperatori e papi lasciavano che si formassero gruppi economici più o meno potenti, poiché avrebbero soddisfatto le loro esigenze militari. Avrebbero potuto distruggerli se e quando sarebbero diventati di ostacolo o pericolosi per il loro mantenimento del potere. Un esempio tipico ed eclatante è dato dai Templari, un Ordine religioso che si colloca nella Terrasanta al centro delle guerre tra cristiani e islamici scoppiate dopo la prima crociata indetta nel 1096. In quell’epoca, le strade della Terrasanta erano percorse da pellegrini provenienti da tutta Europa, che venivano spesso assaliti e depredati. Per difendere i luoghi santi e i pellegrini, nacquero diversi Ordini religiosi. Intorno al 1119, un gruppo di cavalieri decise di fondare il nucleo originario dell’Ordine templare, che venne ufficializzato nel 1129, assumendo una regola monastica, con l’appoggio di Bernardo di Chiaravalle. Il doppio ruolo di monaci e combattenti, che contraddistinse l’Ordine templare, suscitò perplessità in ambito cristiano. L’Ordine templare si dedicò, nel corso del tempo, anche ad attività agricole, creando un grande sistema produttivo, e ad attività finanziarie, arrivando a costituire il più avanzato e capillare sistema bancario dell’epoca. Cresciuto nei secoli in potere e ricchezza, l’Ordine si inimicò il re di Francia Filippo il Bello che aprì nei confronti dei Templari un processo che iniziò nel 1307 e si concluse nel 1312 con la bolla “Vox in excelso” di papa Clemente V e la loro condanna al rogo. La storia dell’uomo è una costellazione di sentenze come quella dei Templari, mediante cui re, imperatori e papi esercitavano un assoluto controllo sull’economia. 

Arriva il liberalismo e il rapporto politica/economia viene rovesciato: l’individuo prevale sullo Stato, la democrazia sul totalitarismo. Il liberalismo diventa una concezione dell’uomo, della vita e del mondo nel XVIII secolo, anche se il cambiamento inizia nel Rinascimento, in cui l’uomo è posto al centro dell’universo. La Rivoluzione americana del 1776 e la Rivoluzione francese del 1789 enunciano i diritti inalienabili dell’uomo, ma per avere conseguenze concrete bisognerà attendere l’arrivo dell’ideologia liberale, che trasferirà l’individuo dalla politica all’economia. Inizia così il lento ma inarrestabile cambiamento della realtà sociale dell’Occidente che porterà alle condizioni attuali.

Il liberalismo, sorretto dalla rivoluzione industriale, trionfa in Europa e negli Stati Uniti d’America. I cambiamenti della società, resi possibili dalla scienza e dalle sue applicazioni tecnologiche, fanno nascere un euforico senso di ottimismo verso il futuro che si immagina sempre più fonte di benessere e felicità. I teorici dell’economia inventano il “capitalismo”, inteso come corollario del liberalismo. Entrambi formano una nuova concezione dell’uomo e della vita: “i più alti valori umani, come la giustizia, la libertà e la felicità dipendono dalla crescita economica”. Se vi è crescita, l’umanità vive bene. Se la crescita s’interrompe, allora l’umanità vive nella sofferenza. Nella realtà storica dell’Europa del XIX secolo, tuttavia, l’ideologia liberale non solo non mantiene le promesse ma approfondisce il divario tra ricchi e poveri mentre i poveri vivono in uno stato d’indigenza sempre più grave. È per uscire da tale stato di crisi che Marx propone l’ideologia comunista.

Il liberalismo, negli ultimi secoli in cui ha governato l’Occidente, ha rivelato profonde contraddizioni che potrebbero mettere a rischio la sua sopravvivenza. Una conseguenza, forse la più grave, riguarda le crisi economiche come quelle del 1929 e del 2008, che sono nate in ambito economiche ma sono state poi trasferite nella politica e nella società, creando forme di indigenza che hanno procurato sofferenza. Tali crisi sono inevitabili perché lo Stato non ha gli strumenti per prevenirle e reprimerle. Lo Stato può solo “leccarsi le ferite”. In conclusione, possiamo dire che l’antropologia liberale ha un “tallone di Achille” che rappresenta il suo punto di maggior debolezza. Su questi temi, consiglio di leggere il mio volume “Il futuro di Homo sapiens”, edito da Marsilio Editori nel 2020.

Adesso possiamo rispondere alla domanda sul potere del presidente degli Stati Uniti d’America: il suo potere non è originario ma derivato. Al di sopra di lui e della politica che egli esprime, vi è un potere forte e occulto che influenza le sue decisioni. In un certo senso, egli è interprete e portatore di decisioni prese in altro luogo e dai veri protagonisti.


Se questa è la realtà che caratterizza l’Occidente, quali forme assume il potere in Oriente?


L’antropologia del liberalismo, che nasce in Occidente e ne diventa il cuore pulsante, si diffonde anche in Oriente (Cina, India e Russia) ma solo parzialmente. La forma di governo è quella del totalitarismo, anche se esistono sfumature nei tre paesi citati. In Occidente, il liberalismo è servito proprio per scardinare i regimi totalitari. In Oriente, alcuni fondamentali del liberalismo vengono introdotti all’interno della compagine dittatoriale. Mi riferisco al capitalismo. Per lungo tempo, si è pensato che il capitalismo si potesse realizzare solo all’interno di regimi democratici. Così è stato, finché la Cina non ha dimostrato che esso può attecchire anche in uno stato autoritario. Da ciò segue che il capitalismo non è una condizione specifica necessaria del liberalismo, ma è uno strumento che può essere usato con qualsiasi tipo di regime, da quello democratico a quello dittatoriale. Se è uno strumento, allora esso sopravviverà all’estinzione del liberalismo. Uno strumento che può essere usato finche è utile, ma può essere buttato alle ortiche quando non servirà più. 

Una caratteristica essenziale di questa antropologia totalitaria è che in essa il rapporto tra politica ed economia è a favore della politica, che le consente di svilupparsi ma entro i limiti e le condizioni che essa le ha imposto. Chi viola tali limiti e tali condizioni viene eliminato come corpo estraneo. Come appare evidente, questa concezione dell’uomo, della vita e del mondo non ha nulla di nuovo ma è il ritorno al passato che precedette l’avvento del liberalismo. In essa, non possono verificarsi crisi economiche come quelle che tormentano la società liberale, per il semplice fatto che coloro i quali detengono il potere politico non consentiranno che possano crearsi le condizioni per scatenarle.

In Cina, domina incontrastato il confucianesimo, che predica la sottomissione dell’individuo allo Stato. La libertà dell’individuo è data dalla sua pulsione verso la realizzazione dei fini dello Stato. L’individualismo del liberalismo qui è completamente assente. Una massima di Confucio afferma che l’individuo deve impegnarsi nella società per avere agiatezza economica, perché, se tutti stanno bene, starà bene anche la società. Quindi, lo Stato favorisce l’arricchimento dell’individuo ma entro certe condizioni che lo Stato stesso impone. Questo spiega perché il capitalismo, inteso quale strumento di miglioramento economico, sia stato accolto nel regime dittatoriale della Cina. Poiché il confucianesimo è fortemente interiorizzato dal popolo cinese, l’obbedienza verso l’autorità dello Stato è presa nella più alta considerazione. Questo spiega perché gli ordini impartito dal presidente Xi Jinping vengono eseguiti da tutti, tranne da un’irrilevante minoranza che, invece di essere repressa, viene in parte soddisfatta nelle sue richieste. Parlo della Cina di oggi.

La Russia e l’India tentano di andare verso il modello cinese, ma hanno qualche difficoltà a causa delle loro religioni. È vero che la Chiesa Ortodossa Russa ha sempre vissuto in simbiosi con il potere dello Stato, dal tempo degli Zar a Putin con una breve eccezione dovuta allo stalinismo. Quando ho incontrato il Patriarca di tutte le Russie, Alessio II, nel nostro lungo dialogo presso la sede del patriarcato a Mosca, mi ha confermato l’identità di vedute con i governanti dello Stato. Finora è stato così, ma non è escluso che possano emergere divergenze. Diciamo, al riguardo, che la posizione della Russia rispetto alla Cina è meno forte.

Per l’India, il problema che la religione potrebbe presentare è più complesso, a causa dell’esistenza di numerose religioni che vivono in un conflitto perenne. Il Capo dello Stato potrebbe trovare difficoltà nell’avere il consenso di tutte o delle più importanti. 

Nonostante tali differenziazioni, se dovesse scoppiare la terza guerra mondiale, questi tre paesi, la cui popolazione è più della metà di quella mondiale, saranno uniti nella lotta contro l’impero americano, composto dagli Stati Uniti, dall’Europa, dal Giappone e dall’Australia.  Questi sono i due schieramenti: Occidente contro Oriente, liberalismo contro totalitarismo. Chi ha maggiori probabilità di successo? Gli Stati Uniti, che guidano l’impero americano, hanno tutti gli strumenti per vincerla ma devono fare i conti con i mai risolti conflitti interni. La diversità di visione che si manifestò con la guerra civile americana, nota come guerra di secessione americana combattuta dal 1861 al 1865, non ha mai trovato una chiara soluzione, per cui ancora oggi è presente nel dibattito politico. L’accettazione e l’integrazione della popolazione nera è ancora problematica e mantiene in vita la questione razziale. La presenza del popolo ispanico, che continua a crescere e ad aumentare il suo potere, è fonte di vivaci polemiche. L’originario gruppo di potere costituito da emigranti inglesi ed europei, che governavano entro il triangolo Washington, New York e Boston ed erano espressione della supremazia “bianca”, non esiste più. Oggi negli Stati Uniti esistono diversi gruppi etnici che vanno alla ricerca di un’identità perduta, proclamando ognuno di essere la vera America. Il solco si approfondisce e il rischio di guerre civili aumenta sempre di più. Una domanda s’impone: che cosa c’è in comune tra l’America di Trump e l’America di Biden? Il vero nemico degli Stati Uniti non vive all’esterno ma alberga nei palazzi più intimi del potere. Se si dovesse decidere di iniziare una guerra mondiale, chi avrebbe l’autorità per farlo? Il presidente in carica, ma con quale consenso? La dichiarazione della guerra mondiale dovrebbe essere decisa da tutti, ma esiste tale unità negli Stati Uniti d’America?

La mancanza di un’identità unitaria rappresenta ciò che ho chiamato il “tallone d’Achille” del paese che guida l’impero americano per la conquista del pianeta Terra. A volte, mi viene da pensare che la Cina e i suoi alleati abbiano intravisto la possibilità di colpire il gigante a stelle e strisce proprio nel tallone come è avvenuto con l’eroe greco. Se le cose stessero così, dovremmo rivedere la narrazione fin qui fatta. 

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