03 Giugno 2021
Manifestanti pro Netanyahu contro il nuovo governo
Dodici anni. Tanto è durato il regno di Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele per oltre un decennio. Questo fino al 2 giugno 2021, quando nel corso di una concitata e per certi versi drammatica serata, King Bibi ha perso la sua corona. Una grandissima coalizione che riunisce ben otto partiti, da destra a sinistra passando per il centro e persino per una lista araba, ha trovato in extremis l'accordo per formare un governo il cui scopo principale era quello di "sfrattare" Netanyahu.
La quadra è stata trovata a meno di un'ora dalla scadenza del mandato concesso dal presidente uscente Reivlin (sempre il 2 giugno è stato infatti nominato presidente Isaac Herzog), quando Yair Lapid ha annunciato di aver trovato l'intesa con tutti le componenti del nuovo governo: i centristi di Yesh Atid e Blu e Bianco, con i laburisti e la sinistra radicale di Meretz, insieme ai partiti nazionalisti di destra Yisrael Beiteinu, New Hope e Yamina.
Per la prima storica volta, anche un partito arabo-israeliano - i conservatori islamisti di Ra'am - partecipa ufficialmente alla formazione di un esecutivo dello Stato ebraico. L'accordo a rotazione prevede che la premiership vada a Naftali Bennett per i primi due anni, lasciando a lui il ministero degli Esteri, prima di subentrare al leader nazionalista nel 2023. Una 'rinuncia' necessaria per portare a bordo Yamina e New Hope, che soffrono le pressioni del proprio elettorato per un accordo di governo con la sinistra.
La formazione del nuovo governo rompe quello che sembrava un incantesimo (o una maledizione, a seconda dei punti di vista) con un ciclo di quattro elezioni che non avevano consegnato dalle urne una maggioranza chiara, con la frammentazione elettorale che pareva destinata a lasciare la situazione interna perennemente inalterata. Tutto a vantaggio di Netanyahu.
Ora il nuovo governo dovrà ottenere la fiducia dalla Knesset, il parlamento israeliano, per entrare ufficialmente in carica. Netanyahu prova a riscaldare gli animi e spera ancora di riuscire a evitare quella che chiama una "vergogna nazionale". "Tutti i deputati eletti con il voto di destra devono opporsi a questo pericoloso governo di sinistra", ha esortato il leader del Likud su Twitter. Bibi ha accusato Naftali Bennett, chiamato per primo a guidare il governo in un accordo a rotazione con Lapid, ad aver "venduto il Negev a Ra'am".
Secondo Ra'am, la nascente alleanza di governo si è impegnata a investire nel Negev 16,3 miliardi di dollari per piani di sviluppo economico, nonché programmi per combattere violenza e criminalità organizzata. Altri 6 milioni di dollari saranno investiti nei prossimi 10 anni per riparare le infrastrutture fatiscenti nelle città e delle comunità arabe. Secondo Ra'am, tre villaggi beduini non riconosciuti - Abda, Khashm al-Zena e Rakhma - dovrebbero essere legalizzati con una decisione del governo.
Nel frattempo, l'unità 730 dello Shin bet, l'agenzia di intelligence israeliana interna, ha cominciato a fornire protezione a Naftali Bennett, primo ministro designato della coalizione di governo. Secondo quanto riferito da alcune fonti, la decisione dell'intelligence di proteggere Bennett, nella fase iniziale della formazione dell'esecutivo, è dovuta al timore di attentati alla vita del leader di Yamina provenienti da ambienti di destra.
Intanto l'Iran e gli Stati Uniti, senza Netanyahu, tentano di arrivare al disgelo sull'accordo nucleare. E in tutto ciò il 18 giugno in Iran si vota. Altro appuntamento fondamentale per capire i nuovi equilibri del Medio Oriente.
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