10 Novembre 2025
Andrea Orcel, Amministratore delegato Unicredit
Unicredit si prepara a presentare ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio sul decreto golden power, che aveva bloccato la scalata a Banco Bpm. Il tema è stato discusso ieri tra vertici, consiglieri e legali della banca. Alcune fonti parlano di un vero e proprio consiglio di amministrazione, ma da Piazza Gae Aulenti non arrivano conferme ufficiali. Il tempo stringe: i sessanta giorni per impugnare la sentenza scadono mercoledì 12 novembre.
Il 12 luglio scorso, il Tar aveva accolto solo in parte il ricorso di Unicredit contro le prescrizioni imposte dal governo nel decreto golden power. Dei quattro punti contestati, due sono stati annullati: il primo riguardava il divieto quinquennale di ridurre il rapporto tra prestiti e depositi, ritenuto eccessivo; il secondo l’obbligo di mantenere invariato il portafoglio di project finance, che i giudici hanno giudicato privo di limiti temporali adeguati.
Nonostante il parziale successo, la banca si è detta insoddisfatta. Restano infatti due vincoli ritenuti inaccettabili:
l’obbligo di uscire dal mercato russo, che Unicredit considera irrealistico, sostenendo che solo Mosca può stabilire tempi e modalità di disimpegno;
la richiesta di mantenere investimenti nei fondi italiani gestiti da Anima Sgr, giudicata contraria alla direttiva MiFID, alla libera circolazione dei capitali e all’autonomia dei gestori sancita dal diritto europeo.
Su questi punti si concentrerà l’appello, che contesterà anche la forma e la motivazione della sentenza del Tar.
La battaglia legale non è solo tecnica. Dopo lo stop alla scalata su Bpm, Unicredit vuole difendersi da quello che considera uno stigma politico, capace di condizionare le sue future mosse di crescita. L’esito del caso italiano potrebbe fare scuola anche all’estero, soprattutto in Germania, dove il gruppo sta esplorando un avvicinamento a Commerzbank.
La strategia legale era già stata discussa nel Cda del 22 ottobre, convocato per l’approvazione dei conti trimestrali. Ora la memoria difensiva è pronta e il deposito del ricorso appare imminente.
Secondo indiscrezioni, la decisione di ricorrere sarebbe stata comunicata informalmente a Palazzo Chigi, dove avrebbe suscitato “fastidio”. La mossa rischia di aprire un nuovo fronte di tensione tra la banca e l’esecutivo, già impegnato su diversi dossier sensibili.
Sul fronte europeo, la Commissione Ue dovrebbe decidere giovedì 13 novembre se avviare una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’uso del golden power, accusando Roma di essersi sostituita ai poteri di Bruxelles e della Bce, ostacolando la libera circolazione dei capitali e il consolidamento bancario. Tuttavia, la decisione potrebbe slittare ancora: il governo Meloni è al lavoro per modificare la normativa e allinearla al diritto europeo. Se la procedura non verrà inserita nella lista delle infrazioni approvata il 13 novembre, significherà che l’Italia avrà ottenuto più tempo per trattare ed evitare la messa in mora.
In attesa dell’appello, Unicredit prosegue la sua difesa istituzionale, consapevole che la decisione del Consiglio di Stato sarà decisiva per definire il grado di libertà strategica nelle future operazioni di fusione e acquisizione.
Un pronunciamento favorevole di Palazzo Spada eliminerebbe le restrizioni più controverse, offrendo chiarezza regolatoria in Italia e in Europa. In caso contrario, la banca dovrà muoversi con cautela — ma il confronto con il governo è ormai aperto.
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