16 Novembre 2022
Giorgetti (fonte: imagoeconomica)
Fra le ultime novità sulle pensioni e sulla riforma 2023 spunta l'ipotesi Quota 103: scopriamo come funziona e a chi spetta. Chi potrà andare in pensione dal 1º gennaio 2023? Il Governo varerà la nuova Manovra economica entro la fine dell'anno. Che fine farà Quota 102? C'è ancora l'ombra della Legge Fornero?
Fra i provvedimenti da inserire nella Legge finanziaria per il 2023 c'è anche la Riforma delle pensioni. La coalizione di centrodestra aveva messo nel programma elettorale la cancellazione della Legge Fornero. Il progetto del Governo Meloni prevede dal primo 2023 e per i restanti 12 mesi una "Quota 103". Questa permetterà l'uscita dal mondo del lavoro con 62 anni d’età e 41 anni di contributi. Questa nuova misura pensionistica prenderebbe il posto dell’attuale Quota 102 che consente invece il pensionamento con 64 anni e 38 di contribuzione. Questo canale di uscita si affiancherà all’Ape sociale e a Opzione donna, che verranno prorogate ancora una volta e alle vie di pensionamento “ordinarie”.
La novità rappresentata da Quota 103 potrebbe arrivare in versione flessibile. L'uscita anticipata dal mondo del lavoro verrebbe garantita con 61 anni d'età e 42 anni di contributi o con 62 anni e 41 anni di versamenti. Questo tipo di meccanismo potrebbe anche essere adottato per Quota 102 (“61+41” o “62+40”), ma avrebbe un costo maggiore.
Quota 103 sarebbe una soluzione ibrida che unirebbe Quota 41, che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età, all'età anagrafica di 62 anni. Il costo di questo mix, "62+41", "dovrebbe avvicinarsi ai 700 milioni - si legge su Il Sole 24 Ore - rendendo così possibile la destinazione della restante fetta della dote al prolungamento di un anno di Opzione donna, che consente alle lavoratrici di accedere alla pensione anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno, e dell’Ape sociale". Secondo altre stime una Quota 102 per il 2023, costruita su 61 anni di età e 41 di contributi, sarebbe costata molto di più. Si parla di oltre 1,3 miliardi sempre nel solo 2023, con 89mila soggetti interessati. Per questo motivo il pressing di alcune parti della maggioranza per abbassare il requisito anagrafico difficilmente avrà successo.
Quota 103 andrebbe a sostituire, solo per il 2023, Quota 102 (che prevede un'età anagrafica di almeno 64 anni e un'anzianità contributiva minima di 38 anni) che scadrà a fine 2022. Quota 102 scade alla fine del 2022, ma come nel caso di Quota 100, anche questo strumento resta valido nei prossimi anni purché si siano raggiunti età e contributi, come descritti qui sopra, entro la fine del 2022.
Se nella Manovra non saranno previste novità, si tornerà alla Legge Fornero. Si andrà dunque in pensione a 67 anni d'età con almeno 20 anni di contributi oppure dopo 42 anni e dieci mesi di contribuzione (un anno in meno per le donne).
Contemporaneamente scadrebbero anche se il governo non trovasse una soluzione entro dicembre Ape sociale e Opzione donna.
Quota 103 potrebbe essere legata a un meccanismo incentivante per chi invece deciderebbe di restare al lavoro: 10% di stipendio in più in busta paga. Un lavoratore che abbia maturato i requisiti potrebbe continuare a lavorare. In questo caso smetterebbe, come anche il datore di lavoro, di versare i contributi. Una parte di questa cifra entrerebbe in busta paga con un aumento pulito del 10%. La misura avrebbe lo scopo di non privare il sistema Italia di competenze acquisite e specializzazioni e ritardare l'uscita dal mondo del lavoro incidendo di meno sui conti dell'Inps.
“Dobbiamo avviare il tavolo per una riforma complessiva delle pensioni che deve avere i caratteri della sostenibilità finanziaria, flessibilità in uscita, inclusività verso giovani e donne. Il premier Meloni si è impegnata a discuterne con noi. Aspettiamo la convocazione del governo anche per fare chiarezza sulle tante ipotesi che in questi giorni circolano”. È quanto sottolinea oggi il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra in una intervista al Quotidiano Nazionale.
“La soglia dei 41 anni di contributi a prescindere dall’età è per noi condivisibile, a patto di affiancarla a un’altra dimensione della sostenibilità: anagrafica. Bisogna restituire alle persone la libertà di uscire dal circuito produttivo a partire da 62 anni senza penalizzazioni”, aggiunge il leader Cisl.
“Va superato il meccanismo delle quote che penalizza chi ha percorsi professionali frammentati e precari e tratta tutti i lavoratori allo stesso modo. Servono pensioni di garanzia per giovani e donne, sostegno alla previdenza complementare, conferma ed estensione dell’Ape sociale per i lavori gravosi. Non si può stare su una gru o sotto il sole dei campi fino a 67 anni. I lavori - conclude - non sono tutti uguali”.
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