23 Settembre 2021
Fonte: lapresse.it
La strategia del Governo a guida Mario Draghi sulle pensioni rimane nel mistero. Eppure manca pochissimo alla scadenza del 31 dicembre, e le proposte arrivano da ogni parte. Il rischio, come si percepisce già dall'inizio dell'estate 2021, è quello di dover accettare i compromessi dello scalone pensionistico, che riporterebbe indietro nel tempo i progressi degli ultimi anni.
Lo scalone, infatti, dividerebbe gli italiani tra chi ha ricevuto un trattamento di vantaggio entro la scadenza di Quota 100, e chi invece si ritroverebbe costretto a ritornare ai termini della vecchia riforma sulle pensioni (ovvero i 67 anni per la pensione ordinaria, e i 42 anni di contributi per la pensione anticipata.
Tra chi lamenta le lungaggini dell'Esecutivo c'è l'attuale presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, che in un'intervista a La Stampa del 23 settembre afferma di essere ottimista se le proposte della commissione istituita dal ministero del Lavoro verranno accettate. "Forme di flessibilità ne abbiamo diverse. La mia proposta di pensione flessibile (e sostenibile) resta l'uscita a 63 anni col calcolo della sola quota contributiva con la restante quota retributiva che scatta a 67. Poi vedo che lo studio appena concluso da parte della commissione istituita dal ministero del Lavoro, a cui anche l'Inps ha fornito un importante contributo, va nella giusta direzione ed approfondisce il tema delle categorie gravose a cui estendere l'Ape sociale".
La proposta del tavolo di lavoro in materia pensioni va nella direzione di trovare una soluzione rapida e indolore, che possa quantomeno evitare il ritorno della riforma Fornero e demolire tutte quelle certezze di cui godono i contribuenti. L'ipotesi sul tavolo sarebbe quella di una pensione 'a due quote', ovvero basate rispettivamente su pensione retributiva (una) e su pensione contributiva (l'altra).
Come funziona? Tridico aveva già parlato di questa opportunità in primavera, quando aveva proposto l'introduzione di criteri più specifici per le categorie di lavoratori svantaggiati. Per dirla con le parole del presidente dell'Inps:
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, fa parte della schiera di chi non vede l'ora che giunga la scadenza per Quota 100, la cui fase di sperimentazione termina il 31 dicembre. Intervenuto durante l'assemblea annuale (qui l'intervista con Il Giornale d'Italia) ha affermato che "l'intervento sulla previdenza non può risolversi in una quota 100 travestita, applicata magari ai 63enni invece che ai 62enni".
"Se volete un confronto su agevolazioni per i soli lavori usuranti, parliamone pure, ma usuranti davvero, non l'ennesima salvaguardia dopo la raffica adottata in questi ultimi anni, che nulla aveva più a che fare né con gli esodati della Fornero né con lavori realmente usuranti", ha affermato. "Quel che sembra a noi è che gli oneri del sistema contributivo andrebbero riorientati finalmente al sostegno e all'inclusività delle vittime ricorrenti delle crisi italiane: cioè giovani, donne e lavoratori a tempo, invece che essere bruciati sull'altare del fine elettoralistico di prepensionare chi un lavoro ce l'ha".
A oggi il bacino di beneficiari dell'anticipo pensionistico cosiddetto "sociale" (Ape sociale) sono alcune categorie considerate "vulnerabili". In attesa, però, che Esecutivo e Legislativo trovino un accordo sulle pensioni entro dicembre, si sta ragionando sull'estensione dell'Ape sociale a quelle categorie che potrebbero beneficiare della Quota 100, ma sono costrette ad attendere che si chiuda l'agenda economica del Governo in tema pensioni. Le misure, però, rappresentano l'ennesimo tentativo di mettere una pezza a una riforma che necessita ragionamenti più complessi, ma che rischia di precipitare in soluzioni frettolose.
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