24 Ottobre 2025
Carlo Capasa, Matteo Lunelli, Luca Sburlati e Giovanna Ceolini
Made in Italy moda e trasparenza, le associazioni promuovono il DDL PMI e chiedono tutele per una filiera da 90 miliardi di euro. La comunicazione congiunta di Altagamma, Camera Nazionale della Moda Italiana, Confindustria Moda e Confindustria Accessori Moda.
“Una buona legge che protegge il Made in Italy attraverso una certificazione di filiera attendibile e imparziale. Ma serve ancora un passo in avanti sugli effetti della certificazione”. Carlo Capasa, Matteo Lunelli, Luca Sburlati e Giovanna Ceolini - rispettivamente Presidenti di Camera Nazionale della Moda Italiana, di Altagamma, di Confindustria Moda e di Confindustria Accessori Moda - hanno così commentato il DDL sulle PMI approvato ieri al Senato:
“Rappresenta un passo fondamentale verso la valorizzazione e la trasparenza della filiera produttiva della moda italiana, da monte a valle. Un provvedimento che nasce dal dialogo costruttivo tra istituzioni e associazioni di categoria — Altagamma, Camera Nazionale della Moda Italiana, Confindustria Moda e Confindustria Accessori Moda — e che pone al centro il lavoro, la responsabilità e la tutela del Made in Italy”. “Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha colto per primo l’urgenza di difendere e proteggere il nostro sistema produttivo da comportamenti che danneggiano imprese sane e lavoratori onesti. Lo ha fatto favorendo un confronto aperto e responsabile tra Governo, associazioni e imprese, e creando uno strumento legislativo che incentiva a operare nel rispetto delle regole e garantisce la solidità e l’integrità del Made in Italy”.
Molti gli aspetti della legge da sottolineare. Un elemento che la qualifica particolarmente, secondo le associazioni, è “la spinta che dà ai CCNL sottoscritti dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative o agli accordi equiparabili, al fine di garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, soprattutto a livello economico, creando sempre più ostacoli all’applicazione dei c.d. Contratti pirata”.
Allo stesso modo, la definizione “filiera della moda certificata” è importante per i consumatori che aspirano a effettuare acquisti da una filiera sostenibile. Il principio è talmente rilevante che deve prevedere severe sanzioni economiche per l’uso scorretto
o mendace della definizione. “L’elemento di maggior rilievo è che la certificazione sarà rilasciata da soggetti terzi e imparziali”, sottolineano le associazioni, “Non ci sarà più margine di discrezionalità perché le verifiche saranno fatte secondo criteri di legge inappuntabili. E questo aspetto trova pienamente concordi tutti gli attori della filiera”. “Tuttavia riteniamo che il testo della legge debba e possa essere perfezionato per assicurare che l’intera filiera possa lavorare con certezza di diritto e nel pieno rispetto dei principi di legalità. Occorre chiarire l’applicazione dello strumento del commissariamento per le società capofila che aderiscono alla certificazione volontaria. Va ricordato che il commissariamento non ha impatto penale, ma la sua applicazione, senza contraddittorio, consegna al mondo un’immagine distorta dell’intera industria della moda italiana."
Quanto sopra non è da confondere - evidenziano le associazioni - con richieste di scudi penali, che mai sono state avanzate dalle società del settore. In sintesi, le associazioni valutano positivamente l’intervento del Governo e il passo in avanti fatto al Senato, ma serve una modifica dei punti evidenziati e per realizzarla sono pronte a tornare al tavolo di concertazione per una soluzione normativa condivisa, equa e giusta che sia volta a rafforzare gli effetti della certificazione assicurando legalità e trasparenza.
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