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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

In una sorta di "geopolitica spirituale" dentro l'opera del sufi Franco Battiato: il ritorno prossimo dell'Islam politico-militare

Tra le parole e le atmosfere di molte sue bellissime canzoni tracce di profezie sul crollo dell'Occidente che oggi tornano attuali

09 Settembre 2025

In una sorta di "geopolitica spirituale" dentro l'opera del sufi Franco Battiato: il ritorno prossimo dell'Islam politico-militare

Da ragazzo nel 1981 passai l'estate a sentire a ripetizione: La Voce del Padrone, di Franco Battiato. Mi sembravano ossigeno per l'anima le canzonette di quello strano cantante; me le "bevevo". Piacevano istintivamente anche ai miei genitori. La musica quale "universale concreto" che passa attraverso la pelle. Canzonette molto diverse da tutte le altre: le parole erano colte, strane, bizzarre, anomale e ricche di citazioni eleganti e raffinate. La musica stessa era pop ma pure conteneva un qualcosa di ossessivo, quasi rituale, misticheggiante, un mistero sfuggente. Ma il citazionismo di Battiato, come quello di Carmelo Bene, non era stucchevole o fastidioso perchè si sentiva che era un tutt'uno con la sua musica e la sua anima. Si capiva, a pelle, che era una musica d'anima, totale, che veniva da lontano e andava lontano. Una musica che cambiava la percezione del reale, non semplicemente intratteneva e il suo "fuggire dal reale" tipico della musica pop portava in altre realtà non nell'inconcludenza. Oggi vanno ascoltate di nuovamente, con un valore aggiunto: un senso profetico che ci sussurra in modo decisivo. Molte canzoni di Franco veicolano atmosfere arabe-berbere, tuareg, epos orientali e nelle parole (mai distinguibili dal tono lirico) ci parlano di un qualcosa che lui aveva capito da tempo e prima di tutti: il ritorno con forza dell'Islam quale potenza geopolitico-spirituale, sia nel mondo che in Occidente e anche contro l'Occidente. Ricordiamone qualcuna come "Strade dell'Est" che oltre a citare il "Sandokan dei curdi" Mustafa Mullah Barzani così recita: "Tappeti antichi, mercanti indiani mettono su case tra Russia e Cina....città nascoste di lingua persiana, da qui la fine.." Ha anticipato di trent'anni l'attuale consonanza politico-commerciale e anti-occidentale tra Russia, Cina e India. E poi: "Il Re del mondo": "e il giorno della fine  non ti servirà l'inglese"; e ancora la drammatica previsione di "Zai Saman": "vuoto di senso crolla l'Occidente, soffocherà per ingordigia e assurda sete di potere, e dall'Oriente orde di fanatici...". E che dire del fiero e combattivo "Up patriots to arms" dove cita l'Ayatollah Khomeini ("per molti è santità") e anche del fascinoso e inquietante "Esodo"? Ascoltiamo un passo: "prima che la terza Rivoluzione Industriale provochi l'ultima grande esplosione nucleare prepariamoci per l'esodo...fine dell'imperialismo degli invasori russi e del colonialismo inglese e americano.." Fino alla simpatica Arabian Song, ma la leggiadria in Battiato è sempre il velo di Maja di un qualcosa di più allusivo e profondo, come nell'introduzione parlata, attorno ad un fuoco nel deserto in: Voglio vederti danzare. E che c'entra tutto questo con questo 2025? C'entra, c'entra. Mentre la Francia oggi implode quasi tutti fanno finta di non vedere quello che fino a pochi anni fa non era pensabile: la crescita e l'importanza politico-economica di una Turchia, di un'Arabia Saudita e di tutti gli stati del Golfo. Che dire? La musica è un onda: viaggia nell'etere, più veloce del tempo-luce. Va avanti e torna verso di noi, dal futuro. La musica di Battiato gioca con l'Occidente come il walzer con Vienna nel 1913.

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