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Tra imbrattamenti e nostalgia, l’incognita dei musei italiani

Bisognerebbe superare  la ‘legge della giungla’, l’assenza di norme chiare che regolino l’uso dello spazio pubblico, per cui chi è più forte, prepotente o astuto, prevale: é più una lotta politica che culturale

24 Marzo 2023

Tra imbrattamenti e nostalgia, l’incognita dei musei italiani

L’imbrattamento di Palazzo vecchio a Firenze da parte di un ambientalista con una pseudo-performance del sindaco Dario Nardella è solo l’ultimo degli episodi che riguardano l’argomento. Si è scritto molto degli attentati degli ambientalisti di ‘Just Stop Oil’ e di vandalismo, tanto da ricordare la femminista Mary Richardson che nel 1914 sfregiò con un coltello la 'Venere allo specchio' di Velazquez alla National Gallery di Londra.  Era una protesta contro l’arresto di Emmeline Pankhurst, la leader di un movimento che rivendicava i diritti delle donne e cercava di ottenere il suffragio femminile: un atto che nonostante abbia veramente danneggiato un quadro, si inserisce nell’ottica dell’uso di uno spazio museale pubblico per la rivendicazione politica. 

Forse oggi Mary Richardson sarebbe stata considerata una grande attivista, forse un capo politico o in alternativa un’artista degna di considerazione o avrebbe ricevuto, come é successo a Greta Thumberg una laurea ad honorem.  Mentre noi siamo vittime di una sorta di ‘guerra’ il cui spazio, quello dei beni culturali, è pagato di tasca nostra per milioni e milioni di euro.

Ma il sistema museale è o non è l'apice della cultura italiana di oggi? E chi ha accesso ai progetti che occupano lo spazio del museo? Il ministro  Antonio Sangiuliano ha condannato nella maniera più assoluta certi gesti inconsulti come gli imbrattamenti ma ha aggiunto altro: a partire dal ‘Dante era di destra’ (battuta che prende ispirazione da ‘Imperdonabili. Cento ritratti di maestri sconvenienti’ di Marcello Veneziani, la cui recensione é sul Giornale d’Italia), il sospetto  è che l’arte sia in principio sempre un’azione di impegno ideologico, e che questo causi un conflitto silente che si consuma nello spazio museale, che molti invece vedono solo come una vetrina dedicata alla conservazione delle opere di pregio storico. 

Se per i musei archeologici e d’arte antica può essere vero per quelli d’arte contemporanea non è così, essendo cassa di risonanza per messaggi culturali -e subliminalmente politici- rivolti a milioni di persone; enti in perdita di milioni di euro e paragonabili più al mondo dei mass media che a quello della conservazione. Tanto che il ministro, “Ha anche espresso sorpresa per il fatto che i migliori musei del Paese siano diretti “principalmente da stranieri”, e ha suggerito che la Rai, l'emittente pubblica italiana con cui lavorava in precedenza, trasmettesse più programmi sui personaggi storici della destra” (Giacomo Imama, Il giornale dell’arte, 1 dicembre 2022). L'arte é spesso espressione di una classe sociale,  dominante o rivoluzionaria, come direbbe Karl Marx: perché ad esempio, le mostre degli impressionisti vanno molto di moda oggi? (Attualmente é aperta al pubblico: Impressionisti tra sogno e colore al Mastio della Cittadella di Torino dall’11 marzo al 4 giugno 2023). Il sospetto é che il loro successo attuale non rappresenti altro che il desiderio inconscio per un tenore di vita agiato, spesso immerso nel verde o in una realtá urbana romantica; o l'ambizione per uno ‘status quo’ attualmente messo in pericolo da crisi economiche, politiche e sociali.

In alternativa, assistiamo a performance di stampo anarco-surrealista come quelle degli imbrattatori di Palazzo vecchio, che si ripetono in maniera compulsiva fin dai tempi dei Futuristi - anch’essi in principio proprio contro questo sentimento nostalgico antiquariale di estrazione borghese - partecipando nient'altro che all'ennesima disputa sull’occupazione di questi spazi.

Una contrapposizione di eventi di cui anche i roghi d’arte della Germania nazista hanno fatto parte, come appendice di persecuzioni etniche e politiche.

Ci chiediamo se questo alternarsi è destinato a continuare oppure sia ormai giunto a conclusione, con l’estinzione stessa del museo come istituzione.

Lo storico Krzysztof Pomian rammenta che: “Il museo è orientato verso un futuro infinitamente lontano e presuppone che i nostri discendenti abbiano le nostre stesse curiosità, che ammirino gli oggetti che abbiamo conservato per loro, altrimenti non avrebbe senso trasmetterli loro. Tuttavia, la prospettiva che si impone alla mente delle persone è quella di un mondo in cui i problemi di sopravvivenza assumeranno una dimensione tutta nuova, con incendi ripetuti, innalzamento del livello del mare, moltiplicazione delle epidemie... 

In queste condizioni è improbabile che i nostri discendenti avranno il tempo di ammirare capolavori. I musei, che sono istituzioni strutturalmente in perdita, non saranno più priorità statali. L’ideologia ecologista apre una prospettiva che se non è incompatibile, è quantomeno difficilmente conciliabile con i musei” (Krzysztof Pomian: «C’è un conflitto fondamentale tra l’ideologia ecologica e l’istituzione museo» di Carol Blumenfeld, 12 dicembre 2022 in Il Giornale dell’arte). 

In italia lo spazio della cultura é stato occupato da anni, il che ha portato a un mondo ‘chiuso' e di difficile accessibilità, uno ‘stato nello stato’ effetto di una spartizione avvenuta nella ‘prima repubblica’; ora invece monopolizzato da grandi gallerie straniere. Così come si consuma una guerra tra le universitá - feudo delle baronie più o meno politicizzate -  e il popolo, che cerca per il tramite di leggi di rendere quel 'benessere' proprio del prestigio accademico, accessibile a tutti. 

Ma in tutto ció cosa resta dell'arte italiana? Alla ricerca di una sua pluralità di contenuti e di un suo spazio, della tradizione ma anche della contemporaneità, così come di esperienze non comuni o individuali, fuori dal teorema di un 'sistema dell'arte' che contempla esclusivamente comitati di affari:

l’arte italiana contemporanea non si riconosce e solo alcuni fortunati possono rappresentarla all’estero, impopolari o sconosciuti.

Il museo, come lo spazio pubblico, è così in cerca di una nuova identità che superi  l’idea da ‘legge della giungla’, l’assenza di norme chiare che regolino l’uso degli spazi, per cui chi è più forte, prepotente o astuto se ne impossessa, divenendone protagonista, per buona pace di tutti i cittadini. Chissá se l'attuale politica riuscirá a contenere 'imbrattamenti' e nostalgie, restituendo quella autorevolezza che tutto il mondo riconosce da sempre all'arte italiana. Chissá.

 

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