11 Ottobre 2025
Si allarga lo scandalo giudiziario che collega Pavia e Brescia, con nuovi sviluppi che intrecciano ancora una volta l’ombra lunga del delitto di Garlasco. Nel mirino della Procura di Brescia finiscono due magistrati di primo piano: l’ex procuratore di Pavia Mario Venditti e il pm Pietro Paolo Mazza, oggi in servizio a Milano. A entrambi viene contestato un presunto peculato da 750mila euro, cifra che secondo gli inquirenti sarebbe stata utilizzata per l’acquisto di una decina di auto di grossa cilindrata, formalmente destinate alla Procura ma impiegate, in realtà, per fini personali.
È sempre più complesso l’intreccio giudiziario sull’asse Pavia-Brescia, dove si intersecano tre filoni d’indagine che, almeno sul piano mediatico, riportano al delitto di Chiara Poggi. Oltre alla riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Garlasco e a quella sull’ex procuratore Venditti – accusato di aver scagionato, in cambio di denaro, Andrea Sempio, ora di nuovo indagato – si aggiunge un nuovo fascicolo bresciano che punta al cosiddetto “sistema Pavia”, un presunto circuito di scambi di favori tra magistrati, imprenditori, politici e forze dell’ordine.
Secondo la Procura di Brescia, Venditti e Mazza avrebbero gestito risorse pubbliche destinate all’ufficio in modo illecito, simulando spese di servizio per giustificare acquisti personali. “In relazione alle notizie emerse, non abbiamo la più pallida idea: non abbiamo mai sentito parlare né di 750mila euro, né di dieci macchine”, ha replicato l’avvocato Massimo Dinoia, difensore del pm Mazza. “Il decreto di perquisizione, infatti, non fa riferimento né ai primi, né alle seconde”, ha aggiunto il legale, smentendo ogni coinvolgimento del magistrato.
Negli atti depositati al Riesame di Brescia, emergono dettagli sulle presunte “anomalie” riscontrate dalla Guardia di Finanza di Brescia e Pavia e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. In una delle intercettazioni agli atti, Andrea Sempio avrebbe riferito a un legale: “M’ha chiamato qua un maresciallo dei carabinieri che mi dice: io so che lei aveva già parlato con l’altro, con Sapone. E mi fa: io dovrei passare lì tra mezz’oretta perché devo farle alcune domande”. Gli inquirenti si chiedono “in quale occasione e per quale motivo Sempio aveva già avuto modo di parlare con il Luogotenente Sapone”, visto che “l’invito a rendere interrogatorio gli veniva notificato solo il pomeriggio”.
A essere coinvolti risultano anche gli ex carabinieri Giuseppe Spoto e Silvio Sapone, perquisiti lo scorso 26 settembre nell’ambito dell’inchiesta su Venditti. Secondo gli investigatori, Spoto si sarebbe intrattenuto con Sempio “più di un’ora” prima di notificare l’atto, ponendogli “alcune domande” anticipate nella conversazione intercettata.
Parallelamente, la pm Claudia Moregola avrebbe autorizzato “mirati accertamenti bancari” sui conti del giudice Fabio Lambertucci, che nel 2017 archiviò la prima indagine su Sempio su richiesta di Venditti. Un appunto, rinvenuto tra gli atti del padre dell’indagato, recita: “Venditti gip archivia X 20.30 euro”. Gli inquirenti ipotizzano che quella cifra si riferisca a una presunta dazione di 20 o 30mila euro.
L’informativa ricostruisce inoltre prelievi in contanti per 35mila euro da parte di Sempio e del padre tra il 2016 e il 2017, oltre a pagamenti mensili da mille euro dell’ex militare Sapone per un centro scommesse. “Portare i soldi all’avvocato”, avrebbe detto il padre alla moglie, ma gli investigatori ritengono che le somme potessero essere destinate “in maniera occulta a persone diverse”.
Sul fronte peculato, la difesa di Mazza replica punto per punto: il magistrato avrebbe acquistato nel 2017 “una Mercedes in leasing per quasi 45mila euro”, pagando “le rate ogni mese” e riscattando il veicolo nel 2019 “con un’ultima rata da 20mila euro”. Successivamente, avrebbe venduto l’auto “a metà del prezzo” a una società dei fratelli D’Arena, titolari della ditta di intercettazioni Esitel, ora al centro dell’indagine bresciana.
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