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La Pubblica Amministrazione del futuro? Collaborativa, digitale, intelligente: come l'IA può umanizzare i servizi pubblici

Nel dibattito sulla modernizzazione della Pubblica Amministrazione italiana, c’è un elemento che si sta rapidamente imponendo come game-changer: l’intelligenza artificiale

09 Settembre 2025

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Nel dibattito sulla modernizzazione della Pubblica Amministrazione italiana, c’è un elemento che si sta rapidamente imponendo come game-changer: l’intelligenza artificiale. Non si tratta più di una suggestione futuristica, ma di una concreta leva di trasformazione organizzativa e culturale, capace – se integrata con consapevolezza – di traghettare la PA verso un modello più efficiente, trasparente e orientato al cittadino. Non basta aggiornare software o digitalizzare vecchi moduli cartacei. La vera rivoluzione parte dal ripensare la PA come una piattaforma collaborativa, capace di abilitare competenze, valorizzare i dati e semplificare l’esperienza utente. In questo senso, il caso del Comune di Parma è emblematico: sportelli polifunzionali, digital twin urbani, tecnologie GIS e LiDAR. Tutto integrato in una visione strategica, che mette l’innovazione al servizio della sostenibilità e della qualità dei servizi. Non a caso, Parma è una delle 100 città europee selezionate per diventare climate-neutral entro il 2030.

Ma è l’Intelligenza Artificiale a rappresentare oggi il fronte più promettente – e sfidante – della trasformazione. Secondo una recente indagine dell’AgID, sono già 120 i progetti di IA in corso presso le amministrazioni centrali e i gestori di servizi pubblici nazionali. Il 42% di questi, punta a migliorare l’efficienza operativa, il 24% la gestione dei dati e il 18% l’accesso ai servizi. Tuttavia, solo il 20% dei progetti censiti dispone di KPI chiari, a riprova di una governance ancora acerba. La tecnologia, però, non è un fine. È un abilitatore. E da sola non basta.

Perché l’IA funzioni davvero nella PA, serve un profondo cambiamento culturale: leadership diffusa, formazione continua, condivisione degli errori come momenti di apprendimento. La PA non può permettersi di restare ostaggio di un modello verticale, ingessato, autoreferenziale. Serve passare da una logica di adempimento a una cultura del risultato, in cui il valore generato si misura anche (e soprattutto) dal punto di vista del cittadino. Non è un caso che l’Unione Europea, con l’AI Act e il Piano Coordinato sull’IA, chieda alle amministrazioni pubbliche di essere “pioniere nell’uso di queste tecnologie. Ma pone anche limiti chiari: trasparenza, responsabilità, sicurezza, inclusività. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche giuridicamente accettabile o socialmente desiderabile. Da qui l’importanza dell’analisi dei rischi, della tracciabilità degli algoritmi e dell’adozione di standard tecnici condivisi. Anche in Italia, DTD, AgID e ACN stanno lavorando in tal senso, per costruire un’IA pubblica che sia antropocentrica, sicura e conforme ai valori democratici.

L’inserimento dell’AI nella PA, inoltre, è un’opportunità per recuperare efficienza senza sacrificare l’umanità dei servizi. Grazie ai chatbot e agli assistenti virtuali, si possono liberare risorse umane dai compiti ripetitivi, destinandole all’ascolto, all’empatia, alla soluzione personalizzata. Non un’intelligenza “contro” l’uomo, ma “accantoall’uomo. Anche questo è liberalismo moderno: tecnologie al servizio della persona, non viceversa. Tuttavia, rimane urgente affrontare il nodo delle competenze. L’indagine AgID segnala che molte amministrazioni dipendono in modo critico da consulenti esterni. Eppure, senza skill adeguati all’interno delle PA – dagli AI Officer ai Data Steward – ogni innovazione rischia di restare superficiale, fragile, non scalabile. Siamo davanti a una sfida epocale: non una semplice transizione digitale, ma una transizione istituzionale. L’IA può aiutare a ridefinire il rapporto tra cittadino e Stato, rendendolo più trasparente, proattivo e, perché no, più giusto. Ma la direzione non è neutra: o si guida il cambiamento, o lo si subisce. E, come ci insegna Parma, l’innovazione funziona solo quando è parte di un disegno coerente, radicato in una cultura della responsabilità pubblica e dell’intelligenza collettiva.

Oggi, la PA non può più essere solo amministrazione. Deve diventare governance. E l’intelligenza artificiale, se accompagnata da una visione chiara e da una cornice etica solida, può essere lo strumento giusto per tornare a mettere la persona al centro della cosa pubblica.

 

Di Riccardo Renzi

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