24 Agosto 2025
A sx l'etichetta in inglese, a dx la traduzione corretta
"Se sei celiaco Heinz ti tira la sòla" segnala dal Giappone un lettore del GdI, con tanto di fotografie a riprova.
Le foto inviate dal lettore del GdI mostrano una scatola di carne e vegetali la cui etichetta, nella versione inglese, tra gli ingredienti non segnala la presenza di "wheat/grano". Tuttavia l'etichetta in giapponese ne sconsiglia l'uso a chi è allergico alla farina.
"Per una confezione di carne in scatola con verdure di un marchio molto noto a livello internazionale mia figlia, celiaca, ha rischiato di finire in ospedale - scrive amareggiato il nostro lettore - come d'abitudine, prima di acquistare qualsiasi prodotto, a maggior ragione all'estero, leggo sempre con la massima attenzione la lista degli ingredienti. Nell'etichetta in lingua inglese presente sulla scatola non era riportata la presenza dell'allergene cui mia figlia è sensibile, quindi l'ho messa nel carrello. Poi l'istinto di padre mi ha spinto a verificare e ho fatto tradurre da uno degli addetti alla vendita la dicitura in giapponese: dice chiaramente che il prodotto non è consigliato a chi è allergico al 'wheat', grano, glutine insomma.
Devo confessare di essere indignato, è una cosa gravissima. Peraltro in Giappone, al pari dell'Europa, è obbligatorio indicare la presenza degli allergeni principali tra cui rientra, appunto, il grano".
Nel 1999 un organismo di Fao e OMS, la Commissione del Codex Alimentarius, ha messo a punto l'elenco degli allergeni prioritari, alimenti o ingredienti che devono essere dichiarati sull'etichetta perché causa di allergie in tutto il mondo, con reazioni significative anche se assunti in piccole quantità. I "big-8" sono latte, uova, pesce, crostacei, frutta a guscio, arachidi, grano, soia e solfiti (in concentrazioni pari o superiori a 10 mg/kg). Unione Europea, Usa, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda seguono le raccomandazioni del Codex Alimentarius e richiedono l'etichettatura obbligatoria di questi allergeni negli alimenti preconfezionati.
"Sono sinceramente sconcertato - scrive il nostro lettore - anche perché per mia figlia avevo scelto un prodotto di un'azienda nota in tutto il mondo, Italia compresa, che reputavo offrisse garanzie. Ai miei connazionali che si trovano all'estero, e in particolare in Paesi con alfabeti di base non latina, dico dunque di fare molta attenzione alle etichette e di verificare sempre prima di acquistare o mangiare qualcosa".
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