30 Giugno 2025
Anastasia Trofimova e Andromeda Fonte: Chi l'ha visto
Anastasia Trofimova e la figlia Andromeda sono state immortalate nel cortile del Centro Missionario Canossiano, a due passi dal Vaticano, il 24 maggio. Ma a distanza di pochi giorni da quella immagine, i loro corpi senza vita sarebbero stati ritrovati su un prato di Villa Pamphili. Oggi, suor Rosalba rompe il silenzio: “Mai viste qui, sono capitate per sbaglio”.
"A Roma stiamo bene". Così scriveva Anastasia Trofimova alla madre in Russia, accompagnando le sue parole con una foto scattata nel giardino del Centro Missionario Canossiano di via Francesco Marchetti Selvaggiani, una struttura che ospita sacerdoti a due passi dal Vaticano. Una scena di apparente serenità, un soggiorno che sembrava di lusso in una delle zone più eleganti della Capitale. E invece, un’illusione.
La verità è emersa solo dopo la tragedia: il 7 giugno, Anastasia e la piccola Andromeda sono state trovate morte tra le sterpaglie di Villa Pamphili. Uccise su un prato, lontane da ogni protezione, in una Roma che per loro non era mai stata un rifugio sicuro.
Quelle immagini, inviate ai familiari in Russia, erano l’ennesimo tassello della messinscena orchestrata da Francis Kauffman, che continuava a rassicurare la famiglia: stavano bene, c’erano i soldi, il lavoro proseguiva, i documenti erano in arrivo. In realtà, madre e figlia vivevano in strada.
Interpellata da Il Messaggero, suor Rosalba, responsabile del Centro Missionario, ha smentito con decisione che la giovane donna e sua figlia avessero mai soggiornato nella struttura: “Le foto sono state scattate qui da noi, ma non abbiamo mai visto questa donna e la sua bambina, non si erano rivolte a noi per cercare aiuto”.
La religiosa suggerisce un possibile fraintendimento dovuto alla tecnologia: “Un bug nel navigatore di Google per Villa Pamphili a piedi da porta direttamente al nostro cortile, come fosse una continuazione del parco che, invece, si trova dall’altro lato dell’Aurelia e non è confinante. Spesso lasciamo il cancello aperto e troviamo turisti”.
Quella breve visita nel giardino del Centro, immortalata in una fotografia, sarebbe dunque l’unico passaggio di madre e figlia in quel luogo. Nessuna permanenza, nessun sostegno chiesto. Un’illusione costruita per far credere a un’esistenza serena, mentre la realtà era di emarginazione e degrado.
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