30 Agosto 2023
Fonte Facebook: @Notizie.it
Un'ipotesi che da tempo circolava tra gli investigatori è stata ufficialmente confermata: l'autopsia effettuata e presentata oggi alla Procura di Milano ha rivelato la presenza di veleno per topi sia nel "feto" che nel "sangue" della donna. Questo terribile fatto getta luce su un oscuro piano di avvelenamento orchestrato da Alessandro Impagnatiello nei confronti della sua compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi al momento della sua tragica morte avvenuta il 27 maggio. La giovane donna è stata trovata senza vita, vittima di ben 37 coltellate, il suo corpo gettato vicino a dei box a Senago, provincia di Milano. L'autopsia oltretutto conferma che Giulia è morta dissanguata e non subito dopo le 37 coltellate, seppur letali. Il feto di conseguenza si è spento lentamente con la mamma, un dettaglio che servirà a dimostrare la crudeltà dell'omicidio.
Sebbene il veleno per topi non sia stato la causa diretta della morte di Giulia, emerge chiaramente che Impagnatiello stava cercando di avvelenare la sua compagna, forse per indurre un aborto. L'autopsia ha rivelato l'aumento della somministrazione del veleno "nell'ultimo mese e mezzo". Questo sinistro piano è emerso nelle indagini, rivelando uno scenario oscuro e spietato.
Gli investigatori avevano già avanzato l'ipotesi che Impagnatiello cercasse di avvelenare Giulia per liberarsi dalla responsabilità di diventare padre, un fatto che lo avrebbe legato indissolubilmente alla giovane donna. Questa teoria era supportata da vari elementi, tra cui un messaggio sul cellulare di Giulia con la scritta "Non mi sento bene" e le ricerche di Impagnatiello su internet riguardo al veleno per topi nelle bevande calde. Già a giugno erano stati trovati due bustine di veleno all'interno della casa.
L'orribile verità emerge anche da ricerche online effettuate da Impagnatiello. Uno dei messaggi chiave trovati è stato: "Quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona", datato gennaio. Nel corso del tempo, è emerso che il "bromadiolone", l'anticoagulante più tossico tra quelli utilizzati come veleno per topi, era presente sia nel sangue che nel feto di Giulia.
Nel corso delle sue ricerche, Impagnatiello aveva cercato online il motivo per cui il veleno non stava facendo effetto, così come quanto tempo fosse necessario per agire. Ha scoperto che il veleno perdeva potenza se somministrato con "bevande calde". E, prima della sua morte, Giulia aveva condiviso i suoi sintomi di malessere con un'amica attraverso chat, menzionando di sentirsi una "pezza" e soffrendo di bruciore di stomaco, sottolineando: "lo stomaco mi uccide, mi sento drogata".
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