22 Settembre 2023
Messina Denaro, fonte: imagoeconomica
Il Giornale d'Italia apprende da fonti qualificate che il boss di cosa Nostra Matteo Messina Denaro è stato dichiarato clinicamente morto in serata subito dopo che i medici, intorno alle 20, hanno staccato le macchine. Il boss era detenuto nel reparto speciale per i detenuti dell’ospedale dell’Aquila.
L’uomo malato da tempo di tumore, si trovava nel supercarcere dell’Aquila dove era stata allestita un’apposita sala medica per permettergli di proseguire con la chemioterapia.
Le sue condizioni si erano già aggravate nell’ultimo periodo, motivo per il quale si era reso necessario il ricovero in ospedale su spinta dei suoi legali che da tempo sostenevano che la sua salute fosse incompatibile con il regime del 41 bis e da ieri si trovava in uno stato di coma irreversibile.
La notizia secondo cui Matteo Messina Denaro è stato dichiarato clinicamente morto, è stata taciuta, poiché concomitante con quella del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Come ha appreso Il GdI da fonti qualificate, si starebbe addirittura pensando di tardare con i funerali, in modo tale che non coincidano o seguano di poco quelli di Napolitano, per il quale è stato proclamato il lutto nazionale.
Matteo Messina Denaro, denominato “Diabolik” o “U Sicco” era nato a Castelvetrano il 26 aprile del 1962, città del cui mandamento criminale era considerato il capo indiscusso.
Ritenuto molto vicino al capo dei corleonesi Totò Rina ed elemento chiave delle stragi del 1992, fu inserito nel 1993 nella lista dei 10 latitanti più pericolosi e ricercati al mondo.
Quarto di 6 figli, Matteo Messina Denaro, avrebbe voluto studiare, ma a causa di problemi economici della famiglia, fu costretto a lasciare gli studi al terzo anno di superiori in un istituto tecnico, restando dunque solo con la licenza media. Il suo rimorso per non aver continuato a studiare lo svelerà poi in uno dei pizzini spediti all’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, al quale confidò che non continuare a studiare fu l’errore più grande della sua vita e che se avesse potuto tornare indietro, si sarebbe anche laureato.
Nella sua vita ha lavorato come bracciante agricolo nelle terre della famiglia D’Alì Staiti. Nel 1996 sposa Franca Alagna e nel dicembre dello stesso anno nasce la loro figlia Lorenza che ha preso però il cognome della madre, non avendo mai conosciuto il padre.
Un’altra relazione di Matteo Messina Denaro è quella con Maria Mesi, intrattenuta durante la latitanza e interrotta quando le forze dell’ordine si misero sulle tracce della donna, arrestata nel 2000 con l’accusa di favoreggiamento.
I primi coinvolgimenti criminali di Matteo Messina Denaro risalgono al 1986 quando il boss aveva solo 24 anni. La prima denuncia per il reato di associazione mafiosa arriva nel 1989, poiché ritenuto coinvolto nella faida tra i clan Accardo e Ingoglia.
Nel 1991 uccide un albergatore di Selinunte che aveva osato lamentarsi “dei mafiosetti sempre tra i piedi”. L’uomo, Nicola Consales, fu ucciso a colpi di pistola perché aveva messo in giro la voce che li avrebbe allontanati non appena sarebbe diventato direttore d’albergo.
Capo della cosca di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro era alleato con i corleonesi e su ordine di Riina, nel 1992 partecipò alla strage di Alcamo con centinaia di omicidi e sparizioni con il metodo della “lupara bianca”.
Nel 1992, dopo l’arresto di Riina, Messina Denaro continuò ad offrire la sua disponibilità a Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, per continuare gli attentati dinamitardi, mettendo addirittura a disposizione un suo uomo, da Roma, per il supporto logistico.
Nel 1993, Matteo Messina Denaro andò in vacanza con la famiglia a Forte dei Marmi e da lì inizia la sua latitanza, perché colpito da mandato di cattura per quadruplice omicidio commesso nel 1989.
Tuttavia, la sua opera mafiosa continua e, nel novembre dello stesso anno, organizzò con altri, il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino che aveva testimoniato il loro coinvolgimento nella strage di Capaci. Il piccolo sarà poi sciolto nell’acido.
Mandante dell’omicidio del poliziotto penitenziario Giuseppe Montalto, in segno di protesta per i detenuti al 41bis, il 6 giugno 1998, a cinque anni dall'inizio della latitanza, venne condannato all'ergastolo insieme a tutto il gotha di Cosa nostra; gli ergastoli verranno poi confermati dalla Corte d'Assise di Appello di Firenze il 13 febbraio 2001 e dalla Cassazione il 6 maggio 2002.
Dopo 30 anni di latitanza, il 16 gennaio 2023, Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai Carabinieri del ROS nella clinica La Maddalena di Palermo, dove si recava per la chemioterapia con l’identità di Andrea Bonafede.
Da allora, detenuto nel supercarcere dell’Aquila, si è sottoposto a diversi interventi, fino alla morte sopraggiunta a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni.
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