18 Gennaio 2023
Signore, perdona loro perché non sanno quello che dicono. Oppure perdona noi perché non sappiamo perdonarli. Oppure fulmina tutti e non parliamone più. Se non hai la pazienza dei monaci fai sempre più fatica a svolgere questo mestiere che consiste nel registrare l'attualità per commentarla: tutto viene ribaltato in un pandemonio demoniaco e ad uscirne terremotato è per primo il linguaggio, struttura che dà forma a tutto il resto. Basta “una autocertificazione” per cambiare sesso, e la burocrazia deve adeguarsi: un po' come nel film di Trinità, il Bambino in confessionale che autocertifica la conversione al frate: “Sono pentito. E adesso assolvimi!”. E gli distrugge il confessionale. Il guaio è che questi cambiano idea ogni quarto d'ora e ci vorrà una app per aggiornare il codice non binario, trinario, snodo ferroviario, come a Bologna. La pedofilia, lo abbiamo visto, non esiste più, esistono quelli “sessualmente attratti dai bambini”, come fosse cosa buona e giusta, e pure la Chiesa si adatta. Ma se sei uomo dell'altro secolo, se fai questo mestiere grossomodo come avevi cominciato, senza nasconderti dietro le formule, a bocce ferme, con un minimo sindacale di onestà, non ti orienti più.
Arrestano dopo latitanza infinita, nel costume dei boss siciliani, Matteo Messina Denaro, neanche lo traducono in caserma che già i soliti fanatici, o peggio, ma loro preferiscono chiamarsi garantisti, abbaiano: una barbarie! È vecchio e malato! Fatelo tornare a casa sua! Siamo oltre nessuno tocchi Caino, siamo al Pantheon per Caino. Ma come: uno che ha fatto trenta o quaranta stragi, che ha concepito omicidi di bambini sciolti nell'acido, che ha strozzato una donna incinta dopo averle scannato l'uomo sotto gli occhi, e questi lo vogliono fuori? In nome di quale fottutissimo garantismo, o umanitarismo, o delirio, o tara mentale dovremmo accettare tutto questo? Trent'anni che aspettavano di trovarlo, e una volta preso dovrebbero dirgli, beh, abbiamo giocato, torni pure a casa sua, dove stava anche prima? Con quale faccia davanti al mondo intero? Come se in Colombia dopo avere pizzicato un vertice del cartello della droga lo invitassero al palazzo del Governo o nelle scuole a far conferenze. Lo capiscono o no questi malati di mente che abbiamo già una reputazione abbastanza famigerata, che non è il caso di corroborare? Che dal grande intreccio internazionale ci si isola anche così, che certe bestialità si pagano? Ma questi sono i “lulisti”, i nostalgici del situazionismo guerrigliero: c'è gente che, partita dalle spranghe filosofiche dei katanga, si è poi fatta tutta la via crucis del potere, da Craxi a Berlusconi, da Salvini a Draghi fino a Meloni, aspettando il prossimo, ma patisce sempre il richiamo della foresta, dove c'è un megadelinquente, un mafioso, un terrorista loro perdono la testa, li vogliono fuori, li vogliono liberi e belli. Nel nome del garantismo.
Non va meglio col campanilismo criminale. Ogni volta che acciuffano uno di questi mostri, che contribuiscono a tenere nel sottosviluppo servile le loro comunità, parte il coro dei muggiti: sì, indubbiamente, un'anima nera, uno spietato, un famelico, però alla fine uno dei nostri e chi qui non ci è nato non può capire. Non so quante volte mi sono scontrato con questa mentalità sul provinciale lercio, fosse in Sicilia, a Napoli o tra le 'ndrine calabresi. Ma ormai pure il nord è stato contagiato, “la linea delle palme e del caffè” di cui parlava Sciascia, uno che questa mitologia distorta l'ha alimentata per sua parte, è abbondantemente risalita. Vanno a prendere il Messina Denaro e la gente, intervistata per la strada: “Iih, delinquente, indubbiamente, però... mente rraffinatissima!”. Per dire che loro, da siciliani, sono più sottili, più intelligenti di tutti. Se sono così bravi perché vivono ancora secondo logiche tribali di cui non riescono a liberarsi? I giudici antimafia sono i peggiori, ne ho accompagnati di tutti i tipi nelle scuole e il copione era sempre lo stesso: la mafia è il male, Peppino Impastato, non si deve abbassare la testa, bisogna tenere alta la guardia, però quello è mente rraffinatissima. E il senso è chiaro: loro sono dei geni, del male ma dei geni, noi siamo più geni, del bene, perché gli mettiamo il sale sulla coda però insomma siamo tutti geni noi. Bravissimi, purissimi, rraffinatissimi. Una volta da un oscuro regista napoletano mi sentii spiegare che Saviano è un martire però la camorra non è niente, “una questione culturale”. Una cultura che resiste dai tempi del passaggio di Garibardo, purtroppo. Il processo di banalizzazione mitopoietica dall'informazione c'è sempre stato, ma la situazione precipita vertiginosamente anno per anno contribuendo al regresso di chi la fruisce; all'inizio del Novecento si narrava dei reali “che si fanno la barba da soli”, ma ad uso e consumo di un pubblico raramente e sommariamente alfabetizzato; oggi che l'informazione è una vasellina pubblicitaria che scorre per tutti i marchingegni i codici si sono fatti persino più elementari, più immaturi. E uno come me, uno dell'altro secolo, abituato a mettere insieme gli elementi, gli arcana imperii, per ricostruire un quadro comprensibile, si sente svuotato, sbatte contro il muro del personalismo pubblicitario di stampo infantile e tradisce tutta la sua impotenza. Che ci fa Chiara Ferragni a Sanremo? “Perché lei è la numero uno” dice il conduttore nasone con una delle sue frasi pleonastiche che non significano niente. No, perché essendo questa cosiddetta “creatrice digitale” un collettore di marchi, la usano come ONG dei grandi sponsor festivalieri e la trattativa matura grazie agli sherpa, al reticolo di impresari – quello di Amadeus, quello di Chiara, quelli del Festival – che sono gli anelli di congiunzione tra RAI, business e politica. Ma se glielo spieghi ti rispondono: rosicone, lei è la number one, ha 28 milioni di follower.
Non si può più parlare dei grandi fatti del mondo, tocca affrontarli nelle loro implosioni personalistiche, fumettistiche: non l'invasione ucraina con tutto ciò che ne deriva, ma l'esaltato Zelenzki a Sanremo. Non la presunta crisi climatica che brucia cinque, sei trilioni l'anno e 800 milioni di posti di lavoro da qui al 2050, ma Greta che, dopo avere avvertito i media, si fa rimuovere da una centrale a carbone. Non le assurde logiche del programma canzonettaro in Rai, ma Madame coi suoi vaccini farlocchi. Non la mafia che resta una piaga biblica, non la cattura di latitanti che latitano per decenni sotto gli occhi dei paesani, ma il boss con la mitraglia sul cofano della macchina (da non arrestare, pover'uomo). Ma quante menti rraffinatissime, madamadorè.
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