28 Ottobre 2022
Bisognerà presto tardi avviare un discorso serio, filosofico e insieme politico, sul tema dell'immigrazione. Un discorso a distanza di sicurezza dalle ideologie che, quasi come tifoserie, si dividono in celebrazione dogmatica dell'immigrazione o in dogmatica condanna della medesima. Questi discorsi opposti ugualmente dogmatici, ovunque imperanti, hanno come caratteristica il fatto che non ci fanno capire il fenomeno dell'immigrazione ma semplicemente generano tifoserie contrapposte, basate semplicemente su una fede dogmatica. La verità è che il capitalismo globalizzato si fonda su una norma generale: trovare sempre qualcuno disposto a produrre il medesimo a un costo più basso. Per questo, le due leve fondamentali del globalcapitalismo sono l'immigrazione di massa e la delocalizzazione: con la seconda, la produzione si trasla ove convenga al capitale, ove cioè il lavoro costi meno per via dell'assenza dei diritti e della tutela dei lavoratori.
Con l'immigrazione di massa, invece, il capitale attira forzatamente braccia a basso costo: le sfrutta senza pietà e, come se non bastasse, le impiega ad arte per abbassare i costi della forza lavoro in generale e per fomentare scontri orizzontali tra lavoratori autoctoni e lavoratori migranti, di modo che il conflitto non si organizzi mai come lotta unificata dei lavoratori contro i padroni del capitale sans frontières. Il nemico non sono i migranti, ma il capitale e le classi padronali: perché il nemico non è chi fugge ed è disperato, ma chi costringe a fuggire e getta nella disperazione.
Questo mi pare essere il modo giusto per impostare la questione dell'immigrazione di massa: un modo che naturalmente si colloca a distanza di sicurezza dalle due fedi dogmatiche dalle quali abbiamo preso poc'anzi le mosse. Questo modo di impostare le cose naturalmente non è buono per produrre consensi elettorali, che come si sa si basano su fedi e su semplificazioni. E tuttavia è il solo modo, almeno a giudizio di chi scrive, per impostare in maniera seria e riflessiva una questione decisiva del nostro tempo, che sarebbe un grave errore lasciare nelle mani delle fedi dogmatiche e degli imbonitori della politica.
di Diego Fusaro
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