10 Dicembre 2021
Fonte: sito del Ministero dell'Interno (https://www.interno.gov.it/it/ministero/dipartimenti/dipartimento-liberta-civili-e-limmigrazione/michele-bari)
Michele Di Bari, capo immigrazione al Ministero dell'Interno, si è appena dimesso in quanto la moglie è indagata per caporalato e sfruttamento in provincia di Foggia. La donna aveva un ruolo fondamentale, in quanto era l'anello di congiunzione tra i caporali e gli imprenditori.
L'operazione è stata un maxi blitz delle forze dell'ordine. I carabinieri hanno iscritto 16 persone al registro degli indagati, tra cui la moglie dell'ex capo immigrazione. Le indagini stanno ancora continuando in quanto potrebbero essere coinvolte altre persone. Gli indagati al momento sono: due in carcere, tre ai domiciliari e undici tra obblighi di dimora e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Tutti gli indagati sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Questo non è un caso nuovo né improvvisato, i carabinieri infatti stavano andando avanti da tempo con le indagini, a partire da luglio 2020. È stata scoperta una vera e propria rete di sfruttamento, che coinvolgeva una vastità di persone.
Vi era una macchina alla base, gestita da caporali e proprietari di aziende che congiuntamente erano responsabili dei reati sopracitati. Non si tratta solo dello sfruttamento in sé, ma anche di tutto ciò che c'è dietro. Caporali e imprenditori si occupavano anche del reclutamento, sistema di selezione, utilizzo e pagamento della manodopera. Insieme avevano messo un giro d'affari di circa 5milioni di euro. A farne le spese purtroppo erano per la gran parte cittadini immigrati dall'Africa. I carabinieri hanno puntato i riflettori sulle condizioni in cui vivevano le persone sfruttate. La loro occupazione principale era quella di braccianti agricoli. Tutti gli sfruttati vivono in delle baraccopoli nel Foggiano che ospitano oltre 2mila persone in condizioni disumane. La zona in cui operano è quella delle campagne di Capitanata, non troppo distante dalle loro "abitazioni".
Le condizioni di lavoro sono pietose, i braccianti lavorano dalla mattina alla sera e percepiscono un compenso di 5 euro per ogni cassa di frutta o verdura che riescono a riempire. Il paradosso è che ad essere coinvolti in questa indagine vi sono anche altri immigrati. Due di loro, in particolare, sono in combutta con i caporali e gli imprenditori. Il loro compito è quello di trasportare le persone sfruttate nei campi e trovare loro il lavoro. Tutto ciò non viene fatto gratis da questi immigrati. La misera paga che i braccianti sfruttati ricevono a fine giornata era soggetta ad una "tassa", che ricorda quasi più il cosiddetto "pizzo". Una volta terminato il lavoro, i braccianti sono costretti a dare 10 euro ciascuno agli immigrati che si sono occupati del trasporto e che gli hanno trovato un lavoro. Una vera e propria "guerra tra poveri".
La vicenda ha fatto cadere un enorme acquazzone sul Viminale. La ministra Luciana Lamorgese ha immediatamente accettato le dimissioni di Di Bari e sono già iniziati i primi attacchi politici contro il ministero, sia da parte della maggioranza che dell'opposizione. Il primo partito ad esprimersi sulla vicenda è stato la Lega, che in una nota ha affermato: "Sbarchi clandestini raddoppiati, 100.000 arrivi negli ultimi due anni, un'Europa su questo tema assente e lontana. E oggi le dimissioni del capo dipartimento dell'Immigrazione. Disastro al Viminale, il ministro riferisca immediatamente in Parlamento". A seguire, Francesco Lollobrigida (Fratelli d'Italia), ha parlato per una parte dell'opposizione, dicendo: "Non basta che il capo del dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione del Viminale si dimetta dal proprio incarico. Dopo anni di continue criticità, serve una vera svolta per mettere la parola fine alla scandalosa gestione dei dossier in capo al ministero dell'Interno che ha in Lamorgese la principale responsabile". Non contento, Lollobrigida, ha chiesto le dimissioni immediate della Lamorgese, attribuendole la responsabilità di troppi errori.
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