04 Maggio 2025
La bomba, al contrario di quella ormai dimenticata di Luciano Bianciardi al grattacielo Pirelli, scoppiò effettivamente, come effettivamente programmato, al grattacielo Pirelli di Milano, alle 04.05 della mattina del 5 maggio, mentre lui, che era un tipo elegante, era a Francoforte per una riunione con alcuni committenti arabi e tedeschi.
Il botto fu notevole e fu udito in praticamente tutta la città e limitrofi. I danni relativamente pochi, fortunatamente nessuna vittima umana né animale; la impressione viceversa sensazionale, immediata e nel periodo successivo.
Lui in giornata aveva sfoggiato due suoi abiti del suo sarto preferito di Molfetta, una grisaglia e un Solaro, presi su non sapendo bene che tempo aspettarsi in Germania. In realtà quel giorno anche in Germania faceva un caldo estivo fuoristagione e la grisaglia era rimasta in valigia, e la cravatta di lana gli era rimasta addosso un po' fuoriposto. Dopo una successiva ulteriore cena di lavoro al ristorante Via Montenapoleone sulla Bockenheimer Strasse lui aveva congedato gli ospiti e si era concessa una buona passeggiata senza meta, di ottimo umore come succede talvolta, quando si ha tempo fortuna e destino per bighellonare in una città sconosciuta. Al rientro in albergo si era sintonizzato in anticipo sui canali di informazione, curioso di sapere chi per primo e in quanti minuti sarebbe stata data la notizia.
In tutto ciò il viaggio di lavoro a Francoforte si era dato dopo una ampia serie di viaggi, che stranamente la azienda aveva affidato a lui, essendo lui abbondantemente capace di parlare, ma alcune anche male, le principali lingue europee, tra cui il russo e il greco. Stranamente è il caso di dire, poiché in Italia raramente si ha contezza che non esista solo l'inglese all'estero, e pure malparlato, in una caciaresca imitazione dell'americhese, spesso pessima in giro per l'Europa, quasi sempre orrida in Italia. Gli italiani sono spesso approssimativi in molte cose, ma non certo sul vestire, ed il dettaglio del suo essere una specie di gagà anche un poco gigione gli aveva opportunamente dato la fortuita occasione per il migliore degli alibi. Pure, alle 04.05 lui era in pigiama, e la notizia fu data per primo da un turista olandese su Instagram, forse di passaggio alla prospiciente Stazione Centrale di Milano e ovviamente subitaneo nel filmare gli incendi situati poco prima degli ultimi piani, dai quali erano deflagrate le esplosioni. Non ci fu nessun crollo eccessivamente melodrammatico, se non ovviamente delle parti esplose e dei molti detriti, sostanzialmente al di sotto della "terrazza panoramica" e sostanzialmente al di sopra della area interessata dall'incidente aereo in cui nei primi anni duemila, non molto tempo dopo il crollo delle Torri Gemelle di New York, un monomotore turistico si era schiantato dopo il 25o piano del supposto capolavoro dell'architetto Gio Ponti, in un piuttosto assurdo incidente accertato poi come alieno da intenti terroristici.
Parimenti il posizionamento degli apparati esplosivi era stato fatto talmente tanti mesi prima, ed in circostanze assai difficilmente riconducibili a lui, se non con una paradossale e cervellotica ricostruzione investigativa degna di un miglior Poirot, da non rendersi nemmeno minimamente necessaria la sua assenza dal territorio nazionale italiano, se non per godersi alcune portate del ristorante italiano sulla Bockenheimer, dal nome visibilmente milanese. Un dettaglio sardonico che Hercule Poirot avrebbe certamente apprezzato, almeno in una sua versione contemporanea altrettanto ben vestita.
Il successo della operazione fu travolgente, nella esecuzione come, almeno come impressione psicologica, negli effetti eversivi. Il sistema di pubblicità del comunicato di rivendicazione fu semplice quanto tradizionale: insieme con i detriti precipitati sull'ampio piazzale sottostante le cariche detonanti avevano proiettato in aria e per terra anche un migliaio di banalissimi volantini in cartoncino, con la minacciosa e sintetica nonché sincretica dicitura in italiano: NON DISTRUGGERETE I SIMBOLI, MA UCCIDERETE GLI SFRUTTATORI.
Ne furono trovati fin da subito fino a molta distanza, e i primi curiosi ad accorrere sul luogo del relativamente modesto disastro se li accaparrarono ben prima che la Polizia li facesse sparire e li requisisse.
Lei era una tipa elegante anche e soprattutto in bikini, in qualche giorno di vacanza a cavallo del megaponte di Pasqua, 25 aprile e Primo maggio con la sorella e alcuni amici a Ibiza, in un B&B di una loro amica proprio milanese, trasferitasi nella celebre isola del peccato dopo una serie di delusioni sentimentali mortificanti, che in confronto alle sue sembravano, agli occhi di lei e forse anche di sua sorella, robetta da telenovela brasiliana, ai quasi timidi raggi di sole di un'estate anticipata.
In quella vacanza tutta al femminile anche la idea di andarsi a cercare un uomo con cui spassarsela ad Ibiza era sì retrostante, ma anche nominalmente ampiamente deprecata. Salvo eccezionalità palesi, naturalmente. A Ibiza i tori da monta, almeno all'apparenza, non mancano di certo.
Lui, il tipo elegante di Mondovì, non propriamente con le sembianze di un toro da monta, non era affatto sparito come in un primo momento lui stesso avrebbe ben voluto. In quei mesi si era rocambolescamente sottratto all'approfondimento adducendo una scusa esiziale ed atroce: una relazione precedente da concludere senza incutere sofferenza e spargimenti di sangue emotivo a nessuno, certamente non alla precedente soggetta femminile, ma neanche a lei. Questo proposito, addizionato alla lunga teoria di viaggi ed alla effettiva trattativa per risolvere il proditorio pasticcio con la Alemandi, aveva consentito a lui soprattutto di non fare emergere la sua inquietudine per la ultimativa preparazione dell'attentato al grattacielo, ed in seconda o forse anche prima battuta, di impedirsi di innamorarsi di lei come un ciuco, cosa che lo avrebbe gettato in una condizione di malattia mentale necessaria in ultima analisi alla vita, ma esiziale ed atroce, si sa, quanto e più del trinitrotoluene. Ma lei questo non lo sapeva. Quello che sapeva era che questa sospensione la aveva massacrata più di una telenovela brasiliana, ai quasi timidi raggi di sole di un'estate anticipata.
Di Lapo Mazza Fontana
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