07 Ottobre 2024
Fra le migliori destinazioni enogastronomiche italiane, celebre a livello mondiale per l’altissima qualità dei preziosi vini e di altri ingredienti lusso come funghi e tartufi, la zona delle Langhe Roero e Monferrato in Piemonte vanta un microclima unico e una tradizione di cucina eccelsa, con la carne, la pasta e i formaggi quali ingredienti di base.
In loco, Stefano Raimondi, l’unico ampelografo d’Italia, esperto di un misto fra archeologia e viticultura, si prende cura di oltre 560 varietà diverse di vitigni autoctoni, importati, rari o addirituura scomparsi, in una roccaforte genetica posta sui terreni di Ginzane Cavour, insieme al CNR e al consorzio di produttori di vino Albeisa, ex proprietà terriera dell’omonimo Conte Camillo Benso e famiglia.
A pochi chilometri, sorge la scuola enologica di Alba, riconosciuta per essere fra le più importanti al mondo, come ricorda Mauro Carosso, legato alla Associazione Italiana Sommelier dove insegna da oltre 35 anni.
Proseguendo in questi paesaggi, Patrimonio Unesco dell’Umanità ed eccezionali testimonianze storiche della coltivazione della vite, si incontra la nuova sede del consorzio Albeisa che conta oggi oltre 370 cantine iscritte, intorno all’utilizzo delle celebri bottiglie doc dal collo allungato, altro luogo privilegiato dove la cultura e la coltura del vino vengono divulgate con la collaborazione delle tante aziende familiari e delle loro ricette personali di vinificazione.
A questo paradiso enogastronomico spetta l’arduo compito di far amare il vino italiano far capire le princiali differenze, ad esempio, fra Barbaresco, Barbera, Dolcetto e Barolo.
E’ lo stesso Mauro Carosso a spiegare per sommaria divisione territoriale, a destra e a sinistra del fiume Tanaro, i prodotti nati da terroir differenti, sabbiosi dalla parte del Roero, invece argillosi in zona Langhe.
Il Dolcetto è per il vino locale del bere quotidiano, dotato di bassa acidità e tannini discreti, dal potere un po' digestivo e ricostituente; sia che sia fatto con tecniche modernissime che metodi ancestrali ha bisogno di ossigenarsi e di aprirsi per essere meglio degustato.
Durante il periodo d’autunno del foliage, i vitigni di Dolcetto sono facilmente riconoscibili per le bucce e le foglie rossicce, pregni di una uva delicata che va colta al momento giusto ed è commestibile. Al bicchiere si fa ben accompagnare dalla mitica pasta all’uovo piemontese (tajarin agnolotti ravioli), o da provare al volo con un crostino con olio o con il gorgonzola, ricco di colore, concentrato di profumi di frutta e ciliegia matura e da un buon potenziale di invecchiamento in bottiglia.
All’opposto, il più internazionale dei vini del piemonte, la Barbera ha più acidità ed caratterizzato da grappoli con buccia blu intenso e sentore di ciliegia acerba, liquirizia e toni balsamici.
Il Nebbiolo, prodotto anche in Lombardia (Valtellina) e in Valle d’Aosta, ha un color rosso trasparente, dotato di aroma balsamico e speziato. Il nome deriverebbe dal periodo migliore per coglierne l’uva violacea tardiva, ovvero quando cala sul panorama rupestre la nebbia autunnale.
Barolo e Barbaresco sono famosi per essere i due vini gastronomici di punta, che regalano bouquet complessi e avvolgenti. Il primo, possiede il caratterisctico color granato intenso, un profumo al contempo speziato e fruttato, e un goloso cocktail di frutti rossi, ciliegie sotto spirito, suggestioni di rosa e viola appassita, cannella e pepe, noce moscata, vaniglia e talvolta liquirizia, cacao, tabacco e cuoio. Il suo invecchiamentto è di almeno tre anni, e solo dopo cinque può fregiarsi della denominazione Riserva.
Le note balsamiche e aristocratiche del secondo sprigionanano dalla sua tonalità che va dal rosso rubino al granato, stimolando profumi fruttati eppure eterei, che richiamano lampone, rabarbaro e confettura di frutti rossi, geranio e viola, ma anche pepe verde, cannella e noce moscata, fieno e legno, nocciola tostata, vaniglia e perfino anice.
Il succo d’uva deve riposare almeno due anni, di cui uno in legno di rovere, e dopo quattro può definirsi Riserva. Spesso ha una precisazione dell’origine sull’etichetta, che in alcuni casi fa riferimento a posizioni collinari, nomi di cascine, di vigneti e di località.
Nella zona del Roero si distingue anche un’altra produzione, quella dell’Arneis, un vino antico ritornato in auge, dal carattere scontroso e un po' dispettoso ma una interessante capacità di invecchiare bene e migliorare nel tempo.
Di media acidità e sapidità, si può esaltare con affinamenti in bottiglia il suo sentore di fiori di campo ed erbe mai troppo aromatiche, sia nella vinificazione in rosso (20 mesi di affinamento e 32 per la Riserva) sia in quella in bianco (4 mesi di affinamento e 16 per la Riserva).
Continuando a volgere lo sguardo all’infinito, alle valli e alle colline che si susseguono senza sosta fra le Langhe e il Roero, si scorgono oltre ai vitigni, una serie di osterie, trattorie e ristoranti che, anche quando parlano il linguaggio della contemporaneità o addirittura dell’avanguardia, sono estremamente fedeli all’identità enogastronomica territoriale.
Sorprese veraci si hanno presso la cantina sociale Bottega dei 4 Vini (nel borgo di Neive), dove ‘zia’ Elena è la regina delle degustazioni a base di vini biologici e di prodotti locali (insaccati, salumi, giardiniera e formaggi), o da Luciano presso Ostù di Djun (a Cherasco) uno dei pochi locali rimasti come una volta, con menù classico piemontese e una convivialità promossa dai gestori che non ha pari.
Frequentato da oltre quattro generazioni, il ristorante e dimora storica Felicin, a Monforte d’Alba, è meta di buongustai che voglio la certezza di trovare piatti ben cucinati e familiari, come i famosi tajerin della casa, tagliati al coltello secondo la ricetta del fondatore, le carni bovine come la Guancia di Fassona brasata al vino rosso verdure e funghi, gli agnelli e le verdure coltivate nelle serre biologiche.
Arredi e mobilia creano una meravigliosa atmosfera unica d’eleganza retrò, curata anche nell’attenta e raffinata mise en place.
Da Nesto è un indirizzo da segnarsi a La Morra, a metà fra il rustico e l’elegante, capitanato da chef Alessandro Franco con la sua cucina di terra e di mare, il pane artigianale, il tartufo e i funghi alta qualità in stagione, castagne e nocciole, i formaggi doc (Bra, Raschera, Castelmagno, le tome e le robiole) e la carne di bovino piemontese (bolliti e brasato inclusi).
In queste località, dove vi è la più alta concetrazione di materie prime di qualità nel raggio di cento chilometri, si mantengono le antiche ricette e i metodi di cottura (la piastra in ghisa, ad esempio, antesignana della bassa temperatura di adesso o delle lunghe cotture) rivisitate però dalla mano contemporanea di Franco.
Un altro chef che ha portato la sua giovane equipe nelle Langhe, insieme al fratello Francesco premiato come miglior cuoco emergente, è Giuseppe D’Errico in carica a La Madernassa (a Guarene), ristorante e resort, coadiuvato in sala dal sapiente maestro di cerimonia Giuseppe Palazzi e dalla giovanissima e appassionata Giorgia.
Ivan Delpiano, co-fondatore e ceo, punta all'eccellenza e all'innovazione, concentrati ad accogliere i clieni e a preparare ogni piatto, servizio ed esperienza nella sua forma più perfetta.
Formatosi con Gualtiero Marchesi e poi in Francia, D’Errico unisce alle sue origini campane e ai gusti decisi l’amore per il mondo del vegetale, spesso protagonista tanto quanto la proteina nei piatti, declinato in proposte golose e raffinate.
Il menù degustazione e la carta cambiano secondo stagione e naturalmente quests è quella di funghi e tartufi, con una speciale proposta ‘Oro Bianco’ di cinque portate legate in maniera alchemica e indissolubile con il Tartufo Bianco d’Alba e ai vini Nebbiolo, Barbaresco e Barolo.
In altre occasioni si assaggia anche un incredibile salmerino marinato con zafferano uva e rafano, il concentrato di mare (a base di cannolicchi, cozze, vongole, calameretti, erbe marine ed estratti di salicornia e plancton), la cima di rapa croccante unita alla salsiccia di Bra, l’Nduja, la salsa di ricotta affumicata e il gel di bergamotto.
Oppure il Grande Rosso Risotto all’acqua di pomodoro e origano, la ventresca di tonno con salsa di vitello e l’agnello abbinato a sapori orientali.
Tornando alla tradizione, il ristorante Battaglino a Bra è istituzione longeva e narrazione storica del territorio, oggi gestito da Alessia, con la cugina Roberta, alla quarta generazione, a continuare la tradizione di famiglia e a difendere, quale fiero portabandiera, la migliore cucina piemontese. Nel menù trovano posto la tipica varietà di antipasti, le paste come tajarin, agnolotti e gnocchi, rigorosamente fatti in casa, i nobili tagli di carni locali, ma anche trippa, lumache, finanziera e i bolliti.Appassionata ed esperta anche di cucina naturale, Alessia propone da anni piatti che hanno particolare attenzione alla provenienza biologica degli alimenti, alla presenza di diversi stili di cottura all’interno dello stesso pasto e alla combinazione dei cibi, guadagnandosi la citazione di locale Slow Food alla corte di Carlìn Petrini, ideatore del movimento che proprio dalla cittadina di Bra è partito.I borghi, i locali di ospitalità e ristoro, si susseguono, uno più curioso dell’altro, circondati viste con torri svettanti, chiese antiche, palazzi nobili e archeologia neolitica e romana.
Non si può mancare di visitare gli antici scavi di Alba Pompeia (accompagnati nei cunicoli sotterranei dalle narrazioni dell’archeologo e professore di lettere e storia Marco Mozzone, presidente di Associazione Ambiente & Cultura in città) oppure concedersi una sportiva pedalata in e-bike (con il team professionale di Elio Sabena e cicli DeStefanis).
Fra le antiche distillerie da ammirare insieme alle innumerevoli cantine, Donna Selvatica produceva grappa dagli alambicchi e la firmava con etichette scritte a calamaio.
In autunno, vale la pena provare la caccia al Tarfufo, insieme agli esperti locali (come il trifolaio Piercarlo Vacchina) che sanno selezionare fra oltre venti specie di tuberacee, dal nero scorzone a quello bianco, da grattare poi sui piatti il prima possibile: si suggeriscono 5 grammi sulle uova e 10 grammi sulla pasta, anche in combinazione coi funghi freschi.
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