29 Ottobre 2025
Segnalo una mostra da non perdere per la qualità delle opere e per l'ingegnosa concezione del tema di fondo. Non siamo in presenza di un concetto estetico, di tempi, di luoghi, di epoche, ma della volontà di stimolare diversi schemi interpretativi utilizzando il contrasto o l'assimilazione di alcuni dettagli. Nella esposizione vengono convogliate la forza o la caratteristica di un'opera per puntare un laser su alcuni aspetti emblematici dell'altra. La lettura di un'opera d'arte è sostanzialmente solipsistica, si tratta di un rapporto diretto, empatico tra un oggetto e un individuo. La nascita di una scintilla non è mai casuale ma correlata a una serie di fattori umorali, spazio-temporali che ci conducono a una visione più o meno predisposta alla comprensione, all'apprezzamento o al rifiuto. La tendenza di combinare arte di diversi periodi storici negli ultimi anni ha avuto anche lo scopo di accendere la curiosità verso alcune categorie di lavori accantonati dall'interesse generale, come magistralmente descritto nel catalogo, insieme al concetto di questa mostra, dallo storico e critico Gabriele Reina. In effetti l'abitudine di accostare antico e "moderno" rappresenta una tradizione della borghesia colta che ha saputo sfruttare in maniera creativa le stratificazioni dei beni di famiglia, rigenerati nelle abitazioni dalle nuove generazioni, attente e incuriosite dalle correnti artistiche e dalle innovazioni del disegno industriale soprattutto dal dopoguerra. Questa usanza, ha avuto un ruolo di sfoggio e di affermazione sociale non solo economica, ma soprattutto culturale. Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a mostre memorabili in cui i tagli cromatici di Lucio Fontana sono stati accostati ai fondi oro trecenteschi, seguendo un concetto coerente di modernità di diverse epoche, un artista spazialista che esplorava i diversi livelli dell'universo e le innovative intuizioni prospettiche e volumetriche di Giotto. In questa mostra milanese il confronto è più ardito e sofisticato. I galleristi Paolo Bonacina, Edoardo Koelliker e Massimo Vecchia con il titolo Presenza Assenza hanno voluto evidenziare la duplice vocazione della galleria, dedicata all'antico e al "moderno", indagando sulla mancanza di colore come impressione di assenza contrapposta alla presenza dell'artista. "Il bianco colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto" scrisse Kandinsky. I galleristi hanno effettuato una selezione accurata di rare opere di Piero Manzoni, grazie anche alla collaborazione della Fondazione dell'artista; opere difficili da radunare in un così cospicuo numero e varietà, che spazia dalle carte, alle ovatte, al polistirolo espanso con vernice fosforescente che si illumina al buio. Gli Achromes nella loro sperimentale matericità, sono messi a confronto con grandi tele raffiguranti i personaggi sanguigni di Bernardo Strozzi, maestro genovese del seicento, la cui valenza pittorica é evidenziata da dettagli di vesti in candida biacca che sembrano vibrare come le increspature, le pieghe e le sfumature delle opere di Manzoni. Attraverso l'accostamento con le Nature Morte del pittore barocco si può riflettere sull'origine snaturata delle ovatte di Manzoni, in cui il batuffolo di cotone viene esposto in maniera asettica. "Dove manca la figura umana si sente più forte la presenza dell'artista" scrive Gabriele Reina nel catalogo, che contiene contributi dei galleristi, di Gaspare Luigi Marcone e di Flaminio Guareschi. Ringrazio la direttrice Margherita Strada per l'esauriente visita e illustrazione dei contenuti della mostra. BKV Fine Art, Via Fontana 16, Milano
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