31 Luglio 2025
Hector Alonso Madriñan Tanco, fondatore e proprietario di The American Factory, è stato intervistato da Il Giornale d'Italia.
Dal mondo delle multinazionali al mondo dello street food. Qual è stato il momento preciso in cui ha capito che era ora di cambiare vita?
"Ho cambiato vita nel momento in cui ho avuto una crisi etica: le multinazionali sono impersonali, non vedono le persone come esseri individuali. Mi mancava il contatto con le persone, ero una macchina dentro un ingranaggio, dà lì ho deciso di mettere in atto un cambiamento".
Che cosa le ha insegnato la sua esperienza da manager che oggi applica il suo business?
"La visione del mondo e la conoscenza dell'essere umano, quando hai grosse responsabilità impari a conoscere le persone solo guardandole; scambiando due parole puoi capire chi è che hai di fronte".
Che cosa ha trovato a Milano che non ha trovato altrove?
"Milano è New York in versione scala 1:50".
A livello di persone o a livello di business?
"A livello di quotidianità, Milano è un paesino internazionale, invece a New York (o in altre città come San Paulo in Brasile, Buenos Aires, Bogotà, Città del Messico) la gente si perde nella giungla di calcestruzzo. A Milano c'è un rapporto più personale".
Qual è stata la sfida più grande nel passaggio da dirigente a imprenditore?
"La sfida più grande c'è stata dopo la perdita dei miei genitori. Quando hai una grossa ditta che ti segue non si presenta alcun problema: sei con il Big Brother che ti protegge. Al contrario, quando sei imprenditore non ti copre nessuno, devi fare da solo".
È riuscito a circondarsi di persone in questa avventura che l'aiutano?
"Sì, certo, le persone più semplici, incontrate per la strada, sono quelle più vere. Chi pensa di essere una persona per bene non è autentico".
Come vede l'evoluzione del mercato dello street food in Italia e che ruolo vuole giocare con il suo brand?
"In Italia la gente percepisce questo mercato come un mercato emergente: lo street food è anche McDonalds, una delle ditte più grandi al mondo. Tutto è street food. Il 98% della popolazione mondiale mangia street food, non può permettersi di andare in ristoranti Michelin. È molto semplice: tutti cercano il modo di mangiare un buon pasto a poco prezzo".
A questo proposito, qual è il segreto dietro la scelta degli ingredienti e come fa a mantenere alta la qualità?
"In Italia è facile perché a livello qualitativo i prodotti sono buoni. Ciò che manca è la cultura dello street food. La qualità è a portata di mano, basta andare al mercato o al supermercato e scegliere il prodotto giusto, ricercarlo; lo si troverà sempre. Questo beneficio qualitativo degli alimenti non lo ha nessuno al mondo; qui basta comprare il prodotto e riuscire a valorizzarlo".
Secondo lei quanto conta la sperimentazione in cucina?
"Tutto, per la sperimentazione e l'assaggio è necessario non dire mai di no; dopo aver assaggiato si può esprimere un giudizio. In Italia molte persone ritengono l'hot dog spazzatura, in realtà la sua produzione in Europa è molto controllata: ogni passaggio della lavorazione della carne lo è, fino al suo consumo. Ci sono cuochi molto famosi che non applicano le stesse regole; in questi casi non si può mai sapere come è stato trattato il prodotto e sicuramente non lo può capire il cliente da come la carne viene loro presentata".
Tornasse indietro, rifarebbe le stesse scelte di carriera?
"Si, ho avuto una vita pazzesca. Ho vissuto ovunque nel mondo, in Indonesia, America, Sudamerica, Europa, e conosciuto tutte le culture. Certo che lo farei. Mi manca l'Africa, ma avrò sicuramente modo di visitarla".
Quali sono i suoi progetti futuri?
"In questo momento stiamo lavorando sullo sviluppo del franchising per rendere possibile, in maniera facile e semplice, alle persone di diventare imprenditore. Tutti possono fare lo stesso che sto facendo io e avere un reddito molto considerevole con poco investimento. Questa maniera di fare business rende le persone indipendenti, sereni. Lo street food genera reddito alto, tempo libero e tanta libertà economica, molto difficile da trovare nel mondo: se sei attaccato a una busta paga sarai sempre uno schiavo. Per questo motivo ho lasciato le multinazionali, ero uno schiavo. Adesso le persone possono fare business con un cellulare, un business significativo, che rende liberi economicamente e lavorativamente parlando. Questa è la filosofia di The American Factory, sviluppare un business con poco investimento, anche partendo da zero".
Hector Madriñan Tanco (47 anni), nasce in Colombia a Bucaramanga. Dopo la laurea in Economia, lavora come barista, buttafuori in discoteca, venditore di assicurazioni e automobili. Diventa poi dirigente per la Philip Morris in Sud America, in seguito direttore amministrativo di una società che produce sigarette per aziende internazionali. I suoi continui viaggi lavorativi, senza sosta, lo fanno sentire schiavo del sistema. Nel 2009 si trasferisce a Cucutà, città in cui gestisce la Telmex, un’importante società di telecomunicazione, e tre dopo il trasferimento in Italia, a Milano. È proprio qui che registra il marchio "The American Hot Dog Factory", girando per le vie della città con il suo carretto di hot dog.
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