25 Febbraio 2025
Monica Maffioli e Roberta Valtorta, curatrici della mostra "Enzo Sellerio. Piccola Antologia Siciliana" in occasione dell'inaugurazione della mostra hanno dichiarato:
Piccola antologia siciliana. Quale immagine della Sicilia vuole raccontare con le sue foto Enzo Sellerio?
“Enzo Sellerio vuole raccontare una Sicilia umana, una Sicilia che ha la forza di riprendersi dalla sua condizione, in molti casi, di terra difficile, di una società che ha vissuto e ha stratificato nel suo DNA un percorso di continue invasioni e di storie di civiltà diverse. Invece c'è una Sicilia genuina, una Sicilia fatta di persone che al di là delle condizioni sociali di miseria comunque ha una resilienza e una capacità di rinascita costante proprio attraverso la volontà e la relatività di quello che è la vita in queste situazioni”.
“Quella raccontata da Enzo Sellerio è una Sicilia di situazioni trovate nelle strade, di tante umanità, di bambini, di gente che lavora, di gente che sosta, eccetera. La mia sensazione è che, certo, Sellerio fotografa prevalentemente la Sicilia ma tende a vedere nelle situazioni che trova un po l'umanità in generale; svolge, cioè, una riflessione sulla condizione umana e sulle tante cose che accadono. Questo, forse è quello che ci fa sentire la Sicilia così vicina e non invece respinta in una sua specialità, in una sua tipicità”.
Quale è stato il criterio con il quale sono state selezionate le fotografie? Avete voluto enfatizzare un tema, un valore in particolare?
“In questa mostra si trovano le fotografie più classiche, le stesse che Sellerio aveva già scelto, pubblicato nei suoi libri. E poi ci sono degli inediti che comunque si agganciano in maniera molto armoniosa al nucleo storico delle fotografie di Sellerio”.
Ha detto che Sellerio una cosa che non voleva rappresentare era la violenza e anche nella foto che avete citato, quella della fucilazione, lui non vuole che l'attenzione sia proprio sul gesto violento in sé, ma su una realtà complessa.
“In realtà lui rappresenta un gioco in quel momento, perché quei bambini sono totalmente lontani dall'idea di violenza, sono gioiosi. Hanno ricevuto per la festa dei morti i regali come si faceva all'epoca. Tra i regali, ovviamente ci sono i vestiti da cowboy, i fucili e le pistole. Fanno un gioco rituale, in realtà, degli indiani della fucilazione. Poi c'è stata, ovviamente c’è, e subito dopo è stata male interpretata o usata, strumentalizzata per dargli anche significati di violenza. Quella violenza che già si sentiva molto presente nell'aria che poi dopo negli anni 70 e 80 avrebbe connotato degli anni difficili della Sicilia. Non è la sua una rappresentazione di violenza, anzi è di gioco, di felicità di bambini per strada che si inventano una scenografia.”
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