28 Luglio 2023
Centinaia di manifestanti si sono radunati nella capitale del Niger, Niamey, per dimostrare il proprio sostegno al golpe sventolando bandiere nigerine, russe e simboli riconducibili alla brigata Wagner. Elementi che non sono passati inosservati a numerosi osservatori internazionali. Come non è passata inosservata l'accusa formulata a maggio dal (ormai ex) Presidente Bazoum, al momento in stato di arresto in una località segreta, secondo il quale i troll di Prigozhyn avrebbero lanciato una campagna di diffamazione on line nei suoi confronti, durata mesi. Una denuncia mai confermata ma che apparentemente ben si inserisce nella successione degli eventi degli ultimi giorni.
Le infiltrazioni russe in Niger, pur non essendo ancora confermate, seguirebbero comunque un iter già rodato che dall'inizio dell'anno ha comportato ben quattro colpi di Stato nel Sahel (area francofona dell'Africa occidentale): Mali, Ciad, Guinea e Burkina Faso (Paesi oggi noti come "la cintura dei golpe"). Un processo in corso da anni che si inserisce nel solco della controversa inluenza francese sulle ex colonie e che si è sempre manifestato secondo un sistema preciso. L'ex colonia dimostra insofferenza nei confronti dell'ex colonizzatore, lamenta quindi il timore per l'insorgenza dello jihadismo di Boko Haram (ancora molto attivo nell'area) e per le strutturali difficoltà socio economiche, depone in risposta all'emergenza il presidente più o meno democraticamente eletto mettendo al suo posto una giunta militare formata e sostenuta da contractors, in molti casi, Wagner.
Paesi giovani, quelli del Sahel, e nei quali l'esorbitante patronato francese non ha mai permesso la formazione di un vero e radicato equilibrio dei poteri. Tale condizione si traduce nella difficoltà che le diverse anime dell'autorità hanno nel sostenere un impianto istituzionale percepito sterile o privo di reale valore. Conseguenze dirette nei momenti di crisi, le mattanze delle guerre civili o il pigro adagiarsi sulla crisi stessa. In Niger sembrerebbe essersi per il momento realizzata la seconda opzione. Notizia di queste ore, infatti, le forze armate, nei momenti convulsi del golpe considerate il solo soggetto capace di frustrare le ambizioni della guardia presidenziale ribelle, si sono alla fine dette favorevoli al cambio di regime.
Difficile, con le attuali informazioni, immaginare una svolta nel colpo di Stato, anche se permangono elementi di rischio per i golpisti, che potrebbero ancora capovolgere la situazione. Due gli attori sui quali sono puntati gli occhi degli osservatori internazionali: Stati Uniti e Francia. Se gli Usa, pur mantenendo la base Air Base 201 nella città nigerina di Agadez (definita dal Dipartimento della Difesa americano, quando venne aperta nel 2020, "il più grande progetto di costruzione della storia dell'aeronautica Usa" ed un modo per "mostrare i muscoli nel Sahel"), si sono finora limitati a chiedere con fermezza la liberazione di Bazoum (in questo seguiti da Ue e Russia) ed il ripristino dell'ordinamento democratico, Parigi si è invece dimostrata meno "paziente".
La Francia è terrorizzata di poter perdere anche l'ultimo avamposto sotto il suo pieno controllo e, fino a poche settimane fa, relativamente "tranquillo" in Africa Occidentale. Per Parigi, poi, il controllo del Niger resta di primaria importanza non solo per il suo posizionamento geografico, ma anche e soprattutto per via delle sue miniere di Uranio, asset vitale per una potenza nucleare come lo è la République. Qui, non a caso, dopo la débâcle in Mali l'Armée de terre ha concentrato una forza di almeno 1500 uomini, equipaggiati, tra le altre cose, con diversi sistemi missilistici e droni.
Non sorprende, quindi, la durezza delle parole vagamente minacciose della Ministra degli Esteri francese Catherine Colonna: "Il golpe in Niger non è definitivo. La situazione è fluida ed è sempre possibile trovare una via d'uscita". Parole secondo alcuni rivolte ai golpisti, per rassicurarli che Parigi sarebbe pronta ad intervenire anche militarmente nel Paese per sostenere il Presidente filo occidentale Bazoum. Secondo un'altra interpretazione, invece, l'amministrazione Macron non avrebbe la forza per interrompere l'onda del colpo di Stato e sarebbe quindi interessata a trovare una via d'uscita insieme ai ribelli, instaurando con loro un nuovo partenariato che ricalchi quello finora esistente. Le parole di Colonna, quindi, sarebbero rivolte ad eventuali "giocatori esterni" contrari a questo sviluppo. Forse, la Russia.
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