24 Ottobre 2025
Che il mondo sia purtroppo preda di un involutivo processo di generale imbarbarimento, sussistono ormai pochi dubbi e anche quanto sta accadendo, riguardo Gaza e a tutto il suo dramma, lo sta pienamente confermando.
Abbiamo visto i cosiddetti Grandi della Terra, con a capo il Presidente Trump, incontrarsi a Sharm el Sheik il 13 ottobre scorso per sancire l”Accordo di pace di Trump”, come testualmente riportato nel documento, poi firmato dai Presidenti di USA, Egitto e Turchia e dall'Emiro del Quatar e avallato dalla presenza di una pletora di Governanti europei, accorsi a celebrare un evento definito storico. Un Trattato che considera il Medio Oriente come una delle aree più importanti del mondo per la sua storia, la sua valenza religiosa e la sua posizione geo-strategica e per il quale tutti si sono impegnati a percorrere, con qualsiasi mezzo, le vie della stabilizzazione, della pacificazione e della convivenza.
Tante belle parole, sostenute in maniera generalizza anche da intenti pragmatici per lo sminamento, la rimozione delle macerie e la ricostruzione di tutta la Striscia, azioni per le quali sono state anche azzardate ipotesi di costi, di varie decine di miliardi di dollari.
Un solo aspetto della tragedia palestinese non è stato minimamente considerato da alcuno dei partecipanti, mentre invece avrebbe dovuto essere uno dei principali argomenti, al centro dei pensieri di quei Governanti occidentali, che si considerano gli alfieri della civiltà, della democrazia e dei Diritti dell'uomo. Nessuno si è posto il problema dei morti di Gaza, di tutti quei civili rimasti uccisi nei combattimenti che, secondo le stime ONU, sarebbero alcune decine di migliaia e che, con ogni probabilità, dovrebbero essere ancora tutti nella Striscia.
Nessuno si è chiesto cosa fare con tutti quei corpi che, per quel poco che si sa, molto probabilmente saranno in minima parte in fosse comuni e in gran parte ancora sepolti sotto le macerie. Persone da considerarsi ufficialmente come dispersi, ma che il Diritto Internazionale, oltre che un indispensabile senso della decenza umana, impone di ritenere come salme in attesa di essere ritrovate e dignitosamente sepolte.
La normativa internazionale protegge i civili morti, vietando il mancato rispetto della loro dignità, disciplinando il trattamento dei corpi che devono essere tutelati, siano essi di combattenti che di civili. Le stesse Convenzioni di Ginevra, soprattutto la Quarta, prevedono (art. 16) che “ognuna delle Parti in conflitto favorirà i provvedimenti per ricercare i morti..” (senza distinzioni tra combattenti e civili), obbligando, di fatto, a rispettare i deceduti addirittura anche durante le operazioni belliche, per cui, a maggior ragione, tale imposizione deve valere nei momenti di tregua e di fine delle ostilità.
Le Convenzioni sanciscono altresì che anche una Nazione Occupante, come è da considerarsi in questo momento Israele a Gaza, è soggetta a tale obbligo.
Un'operazione tanto pietosa quanto doverosa che, teoricamente, competerebbe principalmente alle due Parti belligeranti, quindi Hamas e Israele, ma che, per il sano realismo da cui non si deve prescindere, dovrebbe comportare l'indispensabile coinvolgimento della Comunità Internazionale la quale, non solo dovrebbe esercitare le dovute pressioni sui citati contendenti affinché, se non altro, non intralcino tale opera, ma dovrebbe impegnarsi materialmente con tutte le proprie risorse, governative e non.
Un compito che, se si vorrà assolvere come dovuto, sarà molto difficile, estremamente complesso e, soprattutto, richiederà tempi molto lunghi e che, probabilmente, creerà molti problemi di convivenza con le esigenze di alloggiamento e di sopravvivenza di coloro che, rimasti in vita, stanno tornando a Gaza.
Per meglio comprendere il quadro d'insieme di un'operazione del genere, si può fare riferimento ad alcuni eventi nel passato in cui, per motivi bellici o per disastri naturali, si sono prospettate situazioni simili a quelle attuali della Striscia, magari con un numero di vittime superiori, come il terremoto di Haiti del 2010, in cui perirono più di 250.000 persone, di cui gran parte nella Capitale di Port-au-Prince, un'area urbanizzata intensamente popolata come Gaza, ma che non prospettava di certo gli stessi rischi.
Un ulteriore esempio, però dovuto ad una situazione di violenta belligeranza con grande coinvolgimento della popolazione civile, può essere il caso di Srebrenica nella Bosnia orientale, in cui ci fu il grande massacro di Bosniaci, perpetrato nel 1995 dalle milizie serbo-bosniache, durante la guerra civile della ex Jugoslavia. Allora furono uccisi più di 8.000 uomini, sia adulti che giovani, i cui corpi furono buttati in fosse comuni. Nel 1996, per affrontare tale emergenza, venne costituita dal pro tempore Presidente USA Clinton la ICMP - International Commission on Missing Personell, un apposito organo composto da personale altamente specializzato, che si mise subito all'opera nella ricerca delle fosse, nella ricomposizione dei corpi sepolti da tempo, nella loro identificazione tramite DNA e nella degna sepoltura.
Si può dire che la situazione di Gaza abbia le caratteristiche di entrambi gli eventi, perché si tratta di moltissimi morti in una situazione bellica, i cui corpi sono, anche da un certo periodo di tempo, sia in fosse comuni che sotto le macerie, in un contesto fortemente urbanizzato e ancora intensamente abitato da una popolazione in sopravvivenza precaria.
Ma la situazione di Gaza è peggiore, perché in nessuno dei precedenti casi sussisteva una condizione di belligeranza apparentemente cessata, ma probabilmente solo sospesa e pronta a riattivarsi per un nonnulla e con una violenza, se possibile, superiore a prima. Così come non sussisteva, nelle aree di ricerca dei dispersi, la massiccia presenza di ordigni esplosivi inesplosi, che rendono estremamente rischiose, complicate e prolungate le attività degli operatori.
A Srebrenica l'opera della ICMP è durata più di vent'anni, ma per Gaza potrebbero teoricamente necessitare tempi ancora più lunghi, perché più difficile per un numero ben superiore di morti e dalla dispersione tra le macerie di gran parte dei corpi.
Occuparsi, come doveroso, delle decine di migliaia di morti civili a Gaza è probabilmente una delle incombenze più delicate dell'intervento che la Comunità Internazionale dovrà fare a Gaza, ma da cui non si può assolutamente prescindere. Lo impongono gli aspetti strettamente umanitari, che devono arginare il generale imbarbarimento che il mondo sta subendo e lo impone la convinzione che qualsiasi via si voglia percorrere, per implementare tutti i buoni propositi esternati ed applauditi a Sharm-el-Sheik, per una riconciliazione dei due popoli, questo percorso deve obbligatoriamente avviarsi dal ripristino del rispetto della dignità umana, che si tratti dei vivi sopravvissuti alla violenza o delle sue stesse vittime.
Questo deve essere l'approccio che un mondo che si definisce civile deve imporsi e, soprattutto, sapere e volere imporre nei confronti di tutti, che si tratti di ostaggi israeliani o di civili palestinesi, che si tratti di vivi o di morti.
Generale di Corpo d'Armata degli Alpini
Marcello Bellacicco
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