19 Dicembre 2025
campo profughi di Yarmouk Fonte: X @grazianotortell
Yarmouk, costruito nel 1957 su un'area di 2,1 chilometri quadrati, era considerato la "capitale della diaspora palestinese" prima che la guerra civile siriana lo riducesse a un cumulo di macerie. Prima del conflitto, ospitava circa 160.000 rifugiati palestinesi e 650.000 residenti siriani, costituendo un vivace sobborgo di Damasco noto per i suoi mercati, le sue attività commerciali e la sua vita culturale.
Un ritorno carico di dolore ma anche di speranza, reso possibile dall'assistenza emergenziale dell'UNRWA che sostiene le famiglie nella ricostruzione delle loro case e delle loro vite. La spirale di violenza iniziata nel 2011 ha trasformato il campo in un campo di battaglia. Nel dicembre 2012, intensi scontri causarono le prime vittime e sfollamenti di massa. Nel luglio 2013 venne imposto un assedio che restrinse drasticamente l'accesso a beni essenziali e aiuti umanitari. Nel 2015, gran parte del campo fu conquistata dallo Stato Islamico. L'offensiva finale delle forze governative siriane nell'aprile-maggio 2018 lasciò appena 100-200 residenti in un campo completamente devastato. Secondo l'Action Group for Palestinians of Syria (AGPS), circa il 60% degli edifici del campo è stato danneggiato o distrutto durante la guerra, durante la quale sono morti 4.300 rifugiati palestinesi e oltre 3.000 sono stati detenuti. Dei 160.000 palestinesi che vivevano a Yarmouk prima della guerra, entro il 2018 solo 200 erano rimasti nel campo.
A partire dalla fine del 2020, i rifugiati palestinesi e altri ex residenti hanno iniziato a tornare gradualmente a Yarmouk. A settembre 2024, la popolazione del campo aveva raggiunto circa 10.000 rifugiati palestinesi registrati con l'UNRWA. Con la caduta del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, il numero è aumentato significativamente: entro febbraio 2025, circa 15.300 persone (4.500 famiglie) erano tornate al campo, di cui l'80% rifugiati palestinesi.
Il ritorno è spinto da motivazioni diverse e spesso disperate. Molti, come testimonia Ahmad al-Husseinche lasciò il campo nel 2011, sono stati costretti a tornare dall'impossibilità di pagare gli affitti altrove. Prima della caduta di Assad, l'accesso al campo era severamente controllato dalle autorità di sicurezza, che sottoponevano chi voleva rientrare a lunghi interrogatori burocratici. "Dovevi sederti a un tavolo e rispondere a chi era tua madre, chi era tuo padre, chi nella tua famiglia era stato arrestato e chi era con i ribelli... Ventimila domande per ottenere l'approvazione", racconta al-Hussein.
Chi torna trova uno scenario apocalittico. Secondo una valutazione condotta dall'UNRWA tra aprile e giugno 2024, il 72% delle case e degli appartamenti nel campo è stato danneggiato durante la guerra. Le strade sono ancora piene di macerie. Gli edifici che non sono stati distrutti dalle bombe sono stati demoliti dal governo o saccheggiati: finestre, cavi elettrici, persino i rubinetti sono stati portati via. Dawlat, 71 anni, e suo marito Husein, 85 anni, hanno lasciato Yarmouk nel 2012. Sono tornati circa un anno fa, dopo che Dawlat ha trascorso oltre cinque anni ad andare e venire dal campo per riparare la loro casa quasi completamente distrutta. "Quando sono tornata, dormivo sul fango", ricorda. "La cosa più importante è che siamo tornati alla nostra casa. Per me, sedere sulle macerie della mia casa è meglio che sedere in casa di qualcun altro o in rifugi collettivi". Le infrastrutture pubbliche sono in condizioni disperate. Non c'è elettricità nella maggior parte del campo, anche se in alcune zone c'è acqua e il sistema fognario funziona. I servizi di base sono scarsi, i trasporti limitati, e l'infrastruttura pubblica è stata in gran parte distrutta.
In questo contesto di devastazione, l'UNRWA ha avviato programmi cruciali per sostenere il ritorno dei rifugiati e la ricostruzione del campo. Il programma di Minor Shelter Repair (riparazioni minori degli alloggi) dell'agenzia sta fornendo assistenza alle famiglie più vulnerabili per la riabilitazione delle loro case danneggiate o distrutte. Secondo i dati più recenti, fino a maggio 2025, l'UNRWA ha già aiutato 80 famiglie di rifugiati palestinesi a riparare i loro alloggi attraverso questo programma, con l'obiettivo di continuare a fornire supporto a molte altre famiglie. Nel primo semestre del 2025, 43 famiglie (175 persone) hanno ricevuto assistenza in contanti per riparazioni minori degli alloggi tramite l'approccio di auto-aiuto nel campo di Yarmouk. Ma l'assistenza va ben oltre le riparazioni edilizie. L'UNRWA fornisce assistenza in denaro a circa 145.000 rifugiati palestinesi in Siria appartenenti alle categorie più vulnerabili, aiutandoli a soddisfare i loro bisogni di base. Nel 2025, l'agenzia pianifica di fornire assistenza multipurpose in contanti a 426.000 rifugiati palestinesi in Siria. "L'assistenza dell'UNRWA non riguarda solo la riparazione delle case, ma la ricostruzione delle vite", spiega Walaa, una rifugiata palestinese di 35 anni che sta partecipando al programma. "Ora ho speranza per più spazio per le mie figlie, più calore e più dignità".
Dal 2023, l'UNRWA ha riaperto progressivamente servizi essenziali nel campo. È stata riaperta una scuola e un centro sanitario, e recentemente è stato inaugurato il Yarmouk Services Centre, che fornisce istruzione, assistenza sanitaria, servizi sociali e un centro comunitario. Nell'anno scolastico 2024/25, 1.633 studenti (793 ragazze e 840 ragazzi) si sono iscritti, con numeri che dovrebbero crescere man mano che più famiglie sfollate tornano. Le scuole sono dotate di sistemi di energia solare sostenibile e miglioramenti per l'accessibilità. Prima della guerra, l'UNRWA gestiva 29 scuole a Yarmouk in 16 edifici, tutti ora bisognosi di riparazioni significative o ricostruzione. La riabilitazione delle scuole sta procedendo per fasi per soddisfare la crescente domanda. Uno spazio comunitario riabilitato dall'UNRWA, riaperto nel 2023, si erge ora tra gli edifici in rovina, simbolo di speranza. Ahmad, 85 anni, che era ancora bambino quando arrivò nella Siria meridionale dalla Galilea durante la Nakba del 1948, ora guarda i suoi nipoti giocare allegramente sugli scivoli colorati in questo spazio.
Nonostante i progressi, le sfide rimangono enormi. L'insicurezza alimentare è aumentata drasticamente: dal 56% nel 2023 al 63% nel 2024, raggiungendo il 92% nel 2025. La malnutrizione tra i bambini sotto i cinque anni è raddoppiata negli ultimi due anni. I rifugiati palestinesi che tornano a Yarmouke in altri campi in Siria affrontano pressioni economiche schiaccianti. Il costo proibitivo degli affitti nello sfollamento prolungato ha costretto alcuni dei rifugiati palestinesi più vulnerabili a tornare a case danneggiate nei campi, dove vivono in mezzo a edifici distrutti e infrastrutture idriche, fognarie ed energetiche decimate.
Con la caduta del regime di Assad e l'ascesa al potere di a Ahmad al-Sharaa, i circa 450.000 rifugiati palestinesi in Siria sono incerti sul loro posto nel nuovo ordine. "La nuova leadership siriana, come si occuperà della questione palestinese?", si chiede l'ambasciatore palestinese in Siria, Samir al-Rifai. "Non abbiamo informazioni perché non abbiamo ancora avuto contatti reciproci". I rifugiati palestinesi in Siria non hanno la cittadinanza, ufficialmente per preservare il loro diritto di tornare alle case da cui sono fuggiti o da cui sono stati espulsi durante la Nakba del 1948 e dove attualmente è loro vietato tornare. Tuttavia, a differenza del vicino Libano, dove ai palestinesi è vietato possedere proprietà o lavorare in molte professioni, in Siria i palestinesi avevano storicamente tutti i diritti dei cittadini tranne il diritto di voto e di candidarsi alle elezioni.
L'UNRWA richiede finanziamenti urgenti per continuare ad assistere con la riparazione degli alloggi danneggiati e delle installazioni UNRWA nei campi profughi palestinesi in Siria, e per riprendere i servizi essenziali, inclusi istruzione e assistenza sanitaria, su scala più ampia. Nel 2025, l'agenzia prevede di riabilitare e riparare le installazioni dell'UNRWA a Yarmouk (Damasco), Ein el Tal (Aleppo) e nei campi di Khan Eshieh (vicino a Damasco). L'appello d'emergenza 2025 per Siria, Libano e Giordania richiede 464 milioni di dollari per fornire assistenza critica, inclusi contanti, servizi sanitari ed educativi, e interventi di protezione. L'agenzia pianifica anche di fornire supporto rapido per alloggi transizionali a oltre 57.000 rifugiati palestinesi in Siria e Libano, sfollati dalle recenti ondate di conflitto. Altri 6.800 rifugiati palestinesi in Siria riceveranno supporto per riparazioni più sostanziali utilizzando l'approccio di auto-aiuto, con la supervisione ingegneristica dell'UNRWA. Nel 2025, l'agenzia intende offrire questo supporto a 2.000 famiglie, in particolare nei campi profughi palestinesi di Dera'a, Ein el Tal e Yarmouk. Il ritorno dei rifugiati palestinesi a Yarmouk rappresenta un momento carico di significati contrastanti: è un atto di resistenza e di attaccamento alla propria identità, ma è anche il segno di una disperazione economica che costringe le persone a tornare tra le macerie. Come dice Taghrid Halawi, una rifugiata di 48 anni: "Da uno sfollamento all'altro, questo è il destino dei palestinesi". Tuttavia, con il supporto dell'UNRWAe della comunità internazionale, c'è speranza che Yarmouk possa gradualmente tornare alla vita. La ricostruzione fisica del campo procede lentamente, ma la ricostruzione delle vite e della comunità è già iniziata. I bambini giocano di nuovo tra le rovine, le scuole riaprono, i centri sanitari forniscono cure, e le famiglie riparano le loro case. Come afferma Natalie Boucly, Vice Commissario Generale dell'UNRWA: "Questo è un momento per rassicurare i rifugiati palestinesi che sono stati sfollati sia internamente che in Libano e Giordania che l'UNRWA è lì per loro più forte che mai". Ma senza un sostegno finanziario adeguato e sostenuto, questa fragile ripresa rischia di essere vanificata. La comunità internazionale deve rispondere all'appello dell'UNRWA per garantire che i rifugiati palestinesi di Yarmouk possano non solo sopravvivere tra le macerie, ma ricostruire veramente le loro vite con dignità.
Di Eugenio Cardi
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