19 Dicembre 2025
"Non escludo una guerra contro il Venezuela": questa una delle ultime dichiarazioni rilasciate dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante un'intervista esclusiva presso la NBC News. Si tratta dell'ennesima minaccia provocatoria lanciata dal tycoon contro il regime chavista di Nicolas Maduro dopo la decisione di imporre un "blocco totale e completo" a tutte le petroliere in viaggio verso e dallo Stato venezuelano.
Le "reali" intenzioni dell'amministrazione trumpiana contro l'establishment di Maduro stanno progressivamente emergendo. Ma non in maniera "diretta" bensì indiretta, potenziale, com'è solito esprimersi il tycoon in ottica di rapporti geopolitici. L'affermazione rilasciata dalla NBC getta un nuovo seme della discordia: la possibilità che si verifichi una guerra non è remota, eppure resta sempre una "possibilità". Questo il significato dell'espressione "non escludo", che ancora una volta lascia al leader venezuelano la responsabilità delle sue mosse. "Dipende - ha aggiunto il tycoon tallonato sulla collaterale possibilità di ulteriori sequestri di petroliere -, se sono abbastanza sciocchi da navigare, navigheranno di nuovo in uno dei nostri porti".
Purtuttavia, le reali intenzioni belliche di Trump emergono in filigrana e oscillano tra atto e potenza: da un lato lo schieramento di una massiccia "armata" al largo delle coste sudamericane, chiaro accerchiamento e minaccia visibile, nonché il potenziale rafforzamento dell'esercito Usa in Paraguay col più recente patto di sicurezza sottoscritto da Marco Rubio e dal ministro degli Esteri paraguaiano Rubén Ramírez Lezcano. Dall'altro il freno tirato, strategia anzitutto linguistica - quindi politico-diplomatica -, del tycoon per una "guerra indiretta", che cioè lascia la responsabilità di eventi futuri agli altri, magari con la speranza che tumulti intestini al Venezuela creino quella stasi complessiva utile a destabilizzare ulteriormente Maduro. "Sa esattamente quello che voglio. Lo sa meglio di chiunque altro" ha continuato Trump riferendosi a Maduro e lasciando quel solito velo di ambiguità che ne contraddistingue la politica di dealmaker.
E dopotutto, questa (tacita) ammissione-non-ammissione di Trump è significativa perché sembra apparentemente cozzare coi suoi soliti autoelogi relativi alla cessione di "7 guerre" e all'attribuzione di un Premio Nobel per la Pace. Nel suo discorso dopo aver vinto le elezioni, il tycoon aveva assicurato che non avrebbe iniziato guerre: "ho intenzione di fermare le guerre" era stato il suo cavallo di battaglia. Intanto però anche il presidente brasiliano Lula si è inserito nella delicata tensione continentale proponendosi da forza mediatrice tra le parti per il raggiungimento di un accordo diplomatico.
"Penso che, prima di Natale, potrei dover parlare di nuovo con il presidente Trump per scoprire cosa può fare il Brasile per raggiungere un accordo diplomatico e non una guerra fratricida" ha fatto sapere Lula.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia