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Guerra 12 giorni contro Iran pianificata a febbraio 2025 da Trump e Netanyahu: attacco ai siti nucleari di giugno decisa da Usa e Israele

Israele e Stati Uniti avrebbero avviato già a febbraio 2025 la pianificazione segreta della guerra contro l’Iran, tra diplomazia e preparativi militari

19 Dicembre 2025

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Netanyahu e Trump, fonte: imagoeconomica

La guerra dei 12 giorni fra Israele, Iran e Stati Uniti dello scorso giugno sta mostrando ora i suoi retroscena. Gli attacchi ai siti nucleari iraniani sono infatti stati decisi e pianificati nei minimi dettagli in un incontro riservato fra il presidente americano Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a febbraio 2025.

Guerra 12 giorni contro Iran pianificata a febbraio 2025 da Trump e Netanyahu: attacco ai siti nucleari di giugno deciso da Usa e Israele

La guerra contro l’Iran non è scoppiata all’improvviso. Secondo un’inchiesta del Washington Post, la pianificazione di un possibile attacco al programma nucleare iraniano sarebbe iniziata già nel febbraio 2025, durante un incontro riservato tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente statunitense Donald Trump, al suo ritorno alla Casa Bianca per un secondo mandato.

In quell’occasione, Netanyahu avrebbe presentato a Trump quattro scenari militari: un’azione esclusivamente israeliana, un’operazione guidata da Israele con un supporto minimo degli Stati Uniti, una collaborazione militare piena oppure un attacco diretto a guida americana. Trump avrebbe scelto formalmente di dare spazio alla diplomazia nucleare, ma – sempre secondo le fonti citate dal quotidiano – l’intelligence condivisa e i preparativi militari non si sarebbero mai fermati. L’idea di fondo era semplice: negoziare, ma restare pronti a colpire in caso di fallimento dei colloqui.

Nei mesi successivi, Washington e Gerusalemme avrebbero costruito una complessa strategia di depistaggio pubblico per rassicurare Teheran. Dichiarazioni concilianti, indiscrezioni su presunte tensioni tra i due governi e la fuga di notizie su imminenti colloqui diplomatici avrebbero contribuito a creare un clima di apparente distensione. In realtà, la macchina bellica stava accelerando.

Un ruolo centrale sarebbe stato svolto dal Mossad, che avrebbe armato e attivato oltre cento agenti iraniani sul territorio della Repubblica islamica, alcuni addestrati direttamente in Israele. Le loro missioni, frammentate e compartimentate, non rivelavano l’ampiezza dell’operazione in corso, concepita come un’azione combinata di intelligence, sabotaggio e attacchi aerei.

Quando l’operazione è entrata nella sua fase attiva, a giugno, Israele ha colpito in profondità il sistema nucleare e missilistico iraniano, eliminando anche undici scienziati di alto livello. Solo dopo il rifiuto di un’ultima proposta americana, giudicata particolarmente dura da Teheran, Trump avrebbe deciso di affiancare apertamente Israele nell’operazione militare.

La ricostruzione suggerisce quindi che il conflitto non sia stato una reazione improvvisa, ma l’esito di una pianificazione lunga mesi, avviata già a febbraio, in cui diplomazia e preparativi di guerra hanno proceduto in parallelo, fino al punto di rottura.

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