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Codello (architetto): "Il libro 'Imprese private e pubbliche virtù' tratta di aziende e bene comune, bisogna avvicinare le nuove generazioni"

Renata Codello, architetto e autrice del libro 'Imprese private e pubbliche virtù. Progetti e visioni in dialogo sul bene comune': "Per fare il bene pubblico le aziende devono parlare direttamente alle nuove generazioni per non allargare ancora il divario". L'intervista a Il Giornale d'Italia

18 Settembre 2023

In occasione della presentazione del libro di Renata Codello e Simone Bemporad "Imprese private e pubbliche virtù. Progetti e visioni in dialogo sul bene comune", Renata Codello ha dichiarato a Il Giornale d'Italia:

"Il libro "Imprese private e pubbliche virtù. Progetti e visioni in dialogo sul bene comune" è una sfida, un tentativo di mettere a confronto le due posizioni storicamente opposte, settore pubblico e settore privato.

Questo viene fatto, sicuramente in linea  teorica, ma anche con degli esempi concreti in cui il rapporto tra le due sfere sopracitate, pubblico e privato, hanno funzionato molto bene. Questo si materializza anche nell'architettura, essendo questa l'arte più sociale e più inclusiva per tutti. Quanto appena espresso rappresenta uno dei temi a cui teniamo molto, così si impara e si comincia a diventare sostenibili".

Riguardo al rapporto tra profitto e bene pubblico - concetto affrontato all'interno del libro - come pensa che le aziende possano davvero far del bene alla comunità, senza guardare al proprio guadagno ma rendendosi utili per il bene comune?

"Conoscendo di più i temi della cultura, le grande potenzialità che il mondo dei giovani ha, riconoscendo il valore della creatività, a prescindere da tutto, e cogliendo i frutti di questa grande azione di fiducia nei confronti di chi raccoglie il loro testimone".

Questo si concretizza solo nelle assunzioni?

"No, non si tratta solo di assunzioni, si tratta di un diverso modo di concepirle: sono assunzioni di qualità, aperte, sono assunzioni in ruoli che non esistono, anzi sono proprio quelli che non esistono che ci servono maggiormente. Sono nuovi profili di collaborazioni che non devono essere o diventare precari, devono anzi essere costruiti insieme e parlare direttamente alle generazioni dopo le nostre evitando che il divario si allarghi ulteriormente".

La sfida più grande che un'azienda può mettere in pratica per accorciare questo divario?

"Mettersi in gioco e impiegare le proprie risorse economiche per costruire il soft power della cultura".

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