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Braga (Fondazione Laureus Italia): "La Charity Night è la nostra serata più importante, raccontiamo i progetti che cambiano la vita dei bambini"

Il Giornale d'Italia ha intervistato Daria Braga, Direttrice di Fondazione Laureus Italia: "Lo sport è uno strumento inclusivo, che genera emozioni e crea reti educative nei territori più fragili"

04 Settembre 2025

Daria Braga, Direttrice di Fondazione Laureus Italia in occasione della Charity Night della Fondazione, alla sua undicesima edizione, è stata intervistata da Il Giornale d’Italia.

Undicesima edizione della serata di Charity Night di Laureus Italia, Ci racconta qualcosa su questa fantastica serata?

"Come sempre, siamo emozionatissimi quando parte la Charity Night, perché è la serata di raccolta fondi più importante per la Fondazione. È la serata in cui teniamo moltissimo a raccontare quelli che, durante l'anno, sono stati i progetti realizzati grazie agli investimenti e al supporto di tutte le aziende.
Qui siamo al Teatro Franco Parenti, la serata ha diversi momenti, ma abbiamo scelto Parenti perché il teatro ci permette di raccontare quello che veramente noi facciamo sul territorio.
Questo racconto, con dei video meravigliosi, è stato realizzato con il supporto di tutto il team Laureus , con Pier Pardo che ha gestito la serata, e con il coro dei Song, questi bambini con cui abbiamo un progetto particolare.
Con l’associazione Song abbiamo messo insieme sport e musica: i risultati sono stati eccezionali. Stasera abbiamo vissuto un coro di bambini che ha accompagnato storie di guerra, che poi sono state interrotte da pace grazie alle canzoni, grazie allo sport.
Storie che hanno accompagnato racconti dal campo, narrati da Giovanni Bruno, molto emozionanti. Il coro ha aiutato a regalare ancora più emozione.
E poi i nostri video, e quello che facciamo sul campo: i nostri sportivi. Dybala, che sta seguendo un progetto che si sta svolgendo a Roma, con Calcio Insieme, un progetto pazzesco, una vera squadra di calcio composta interamente da bambini autistici.
E funziona. Funziona perché lo sport è uno strumento straordinario, inclusivo, che genera emozioni.
Il nostro modello di formazione per gli allenatori fa sì che questo utilizzo dello sport, cambi davvero la vita di tanti bambini.
Noi lavoriamo nelle periferie delle grandi città, e lavoriamo con i bambini più fragili, quelli con meno fattori protettivi. Quindi, uno strumento come lo sport, ma soprattutto la rete che creiamo sui territori — dove noi facciamo bene lo sport e altri fanno bene altre cose, come l’aiuto ai genitori o il doposcuola — tutto questo ha un impatto per migliorare davvero la qualità della vita dei nostri bambini."

Ci può accennare a un paio di progetti per i quali avete avuto maggiore soddisfazione?

"Questa sera abbiamo raccontato dei Centri Sportivi di Comunità, perché sono un progetto che mette insieme l’esperienza della onlus, lo scopo, la formazione degli allenatori, insieme a tutto quello che serve per avere un presidio educativo per i nostri bambini.
Quindi: mettere insieme l’attività sportiva ed educativa, un doposcuola, un supporto ai genitori — ma tutto a un alto livello.
Questi Centri Sportivi, che stiamo creando un po’ in tutta Italia, hanno questo obiettivo, attivare il territorio, coinvolgere sempre più bambini con reti che realizziamo anche con le scuole.
L’obiettivo è fare in modo che questi luoghi siano davvero un’alternativa concreta. Spesso, in queste periferie dove operiamo, mancano fattori protettivi per i bambini. Noi vogliamo crearli all’interno di questi centri sportivi."

A proposito di bambini, c’è un tema importante: i bambini a Gaza. Su questo fronte avete in mente qualche possibile iniziativa? Non dico direttamente lì, ma magari per quelli che arriveranno in Italia?

"Lo sport per noi è "calcio e accoglienza", è una porta di inclusione. A livello globale, nel nostro movimento Global, nato su ispirazione di Mandela, ci impegniamo molto.
Mandela diceva che lo sport ha il potere di cambiare il mondo e che è più forte del governo. L’obiettivo della Fondazione è cercare davvero di supportare sempre di più i bambini che vivono in contesti molto, molto complicati.
Sicuramente la guerra è uno dei contesti più complessi e difficili, e la nostra speranza è che si trovi una via, una via di dialogo."

Prima hai parlato del problema dei formatori, dei supporti sul territorio. Su quel fronte, cosa si potrebbe fare?

"La formazione è molto importante, perché oggi si parla tanto di figure adulte di riferimento, ma queste figure mancano. Ed è per questo che il modello Laureus che noi insegniamo agli allenatori funziona davvero. Significa che si forniscono competenze relazionali ad allenatori che magari hanno grandi competenze tecniche, ma per gestire le problematiche dei ragazzi spesso mancano loro queste competenze. Queste vengono fornite dalla formazione che facciamo con i nostri psicologi e le nostre psicologhe delle scuole."

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