10 Dicembre 2025
Lui esce dall'ufficio e sale sulla vecchia Jaguar parcheggiata nel parcheggio sottostante. Sì, certo, Lui era un tipo elegante, ma quel giorno era vestito un po' scazzato, pur piuttosto bene come sempre. Aveva su una vecchia camicia di Charles Tyrwhitt a righe bluette con il collo un po' liso e un vecchio maglione marrone dei tempi migliori di Benetton, con le toppe, una vetusta giacca di tweed grigio con sopra il Parka verde modello Quadrophenia, dei jeans Lee Cooper comprati usati e delle scarpe Red Wing non originali, poiché quelle originali sono troppo care e rigide, diceva Lui. Lui sale sulla macchina, avvia e mette su una stazione radio nazionale che trasmette una passata hit di dei Radiohead, molto adatta al suo umore frastornato, diventata molto popolare sui Social Media recentemente: "Everything in its right place"; è già dicembre e le pubblicità tra un pezzo musicale e l'altro già sono natalizie con i loro fastidiosi sempiterni tintinnii. Non fa freddissimo ma fa freddo e servono sciarpa e guanti, e Lui guida quasi sempre con i guanti, se li infila su in corsa, mentre impugna il volante. Si ferma ad un chioschetto di fioraio per prendere un mazzolino di tulipani o di fiori di campo per Lei; i fiori di campo sono meno sciccosi ma a Lei piacciono molto e Lui questo se lo ricorda. Si ferma anche in un supermercato a prendere una saponetta, dentifricio e spazzolino da denti e una bottiglia di vino, un bel Primitivo di Manduria, che è un vino che a Lui piace molto.
Arriva da Lei prima delle sette di sera; suona il campanello e Lei apre. Lui sale le scale a piedi e la porta è già aperta; Lui sente una musica arrivare già nel pianerottolo. È una canzone francese degli anni venti o trenta e Lui distingue più o meno una specie di ritornello che dice qualcosa come "J'ai rêvé d'une fleur, qui durerait toujours".
La porta è aperta e Lui entra, ma non la vede; la casa è piccola e Lei non è né in soggiorno né in cucina. Lui apre prima la porta del bagno, non la trova dentro e si dirige verso la fonte della musica, che è in camera da letto. Lei è seduta di tre quarti sulla poltroncina di fronte al suo tavolo da toeletta con lo specchio e sta fumando una sigaretta, con addosso solo una vestaglia di seta da uomo color amaranto, a disegnini Paisley, con la cintura lasca, quasi slacciata, le sue gambe spiccano per il docile setoso rosa a contrasto col rosso scuro. Quando lo vede entrare non dice niente e lo guarda dallo specchio. Poi butta la cenere della sigaretta nel posacenere e la spegne, si gira verso di Lui rivolgendogli una seconda occhiata degna di Dorothy Malone in The Big Sleep con Humphrey Bogart. E anche Lei, come la ammaliante libraia, pensa a tirar giù tende e a chiuder serrature:
Hai chiuso la porta di là, scemoide?
Gli domanda. E la vestaglia scivola via dopo pochi istanti
Poi, quando la canzonetta francese finisce la playlist continua, ma loro due non la sentono più davvero. Perdono un po' la nozione del tempo ma Lui sa che non si può fermare perché tra circa tre ore e mezzo deve prendere un treno per Bologna. Un suo zio materno a cui Lui è affezionato, non di Mondovì, è morto in un grave incidente d'auto, ma Lui ancora non lo sa. La figlia più giovane della seconda moglie lo ha avvertito poco prima che Lui uscisse dall'ufficio. Non sapeva neanche lei delle condizioni del patrigno: a Lui ha solo detto che è in ospedale al Sant'Orsola in Terapia intensiva.
Lei invece ha preparato da mangiare una cena per due; primo, secondo, contorno e dolce, ma non glielo dice perché non vuole staccarsi da Lui, per andare avanti ancora possibilmente all'infinito. Giustamente così pensano talvolta due a letto insieme, due che si piacciono molto. Lui anche non vuole dirle che deve prendere il treno per Bologna tra non molto.
Poi, dopo un tempo indefinibile ma a Lui quasi chiaro, prende la decisione di concludere, molto malvolentieri. Mentre sono ancora avvinghiati Lui prova a dirglielo, ma Lei va avanti a baciare come se non avesse sentito. Lui ripete mestamente che ha un treno da prendere in serata. Lei lo guarda, lo bacia ancora sul collo e si interessa ancora al suo profumo legnoso.
Poi si ferma e dice
Non vuoi neanche mangiare qualcosa?
Sì, sì; abbiamo tempo abbastanza, ho preso anche un vinello, bello corposo, dovrebbe piacerti
Eh mi piacciono le cose belle corpose
A me è piaciuta molto la tua vestaglia di seta. A chi la hai rubata?
La ho comprata in un vecchio negozio del centro tanto tempo fa. Mi era costata tutti i soldi che avevo
Eh ma guarda! Con quanti altri uomini la hai utilizzata?
Non lo saprai mai
Rimangono ancora un po' lì a guardarsi, poi Lei si alza dal letto, si infila dei pantaloni cargo e un grosso maglione a collo alto e scusandosi va a preparare meglio la tavola in soggiorno, portando i piatti e le posate ed un cestino di pane. Trova il mazzo di fiori sul tavolo e Lui la sente esultare mentre si rimette la camicia e i jeans. Poi si allaccia le Red Wing e si sposta anche Lui in salotto.
Devo solo buttare giù i ravioli di ricotta e spinaci, il sugo di noci è pronto, lo scaldo e poi ho fatto un polpettone di verdure e tonno e i cetrioli con lo yogurt come mi hai detto che li faceva tua mamma. Abbiamo anche il gelato. Ti piace il polpettone di tonno, vero?
Sì certo. Come hai fatto a ricordarti dei cetrioli?
Lei fa spallucce. Lui resta veramente senza parole, la guarda mentre armeggia in cucina e pensa che Lei sia bella ad mortem.
Fuori dalla finestra un cielo bluone carico fa contrasto con una specie di nuvola di passaggio più a sfumatura di grigio. Il tavolo ha una bella tovaglia di un tessuto azzurro in finto Windowpane ed è illuminato da una lampada a piantana con un paralume color caffelatte che spande una luce di casa. Una chiesa non lontana batte un rintocco di campanile sempre familiare.
Lei arriva con la zuppiera piena di ravioli e con un gran sorriso, dopo essersi scusata ironicamente anche per la mise informale: mezza nuda le faceva troppo freddino e soprattutto se si macchiasse di sugo la sua vestaglia da uomo ricco le dispiacerebbe moltissimo. Non gli dispiace vero? Certo che no.
Lei gli chiede di suo zio, vuole sapere tutto, chi è e chi non è, quanti anni ha, se Lui gli è legato affettivamente, se Lui torna stanotte o domani o quanto sta via. Ma Lui è reticente, e poi non sa granché sull'incidente e poi adesso non ci vuole pensare perché il pensiero gli pesa molto. Pensa sicuramente di tornare domani o al massimo dopodomani in teoria, ma non sa. Quello zio era un uomo notevole, ed era sempre stato buono con Lui: lo portava a caccia di starne quando Lui era ragazzino e saperlo in ospedale lo abbatte in modo pesante. Non vuole pensare di vederlo steso in un letto di ospedale. Non vuole nemmeno pensare di lasciare questa tavola imbandita con piccole e grandi buone cose. Ci sono cose orribili che sono successe nella sua vita, e ora Lui pensa che neanche Gisella sia più in grado di scacciarle, o forse sì, ma non vuole trattenere questo pensiero in sé neanche nello spazio di questa stessa elaborazione. Sa che deve prendere questo treno e vorrebbe essere cattolico per rivolgersi a qualcuno ai piani superiori oltre che solo al proprio IO pensante, ma nessuno c'è, praticamente mai, a smazzare le carte. Vengono fuori così, a cazzo di cane. O forse non è a cazzo di cane, o forse meglio: il cazzo di cane è voluto ai piani superiori. Non è dato sapere, quindi resta a cazzo di cane. Guarda Lei e si chiede se con un jolly si possa vincere una partita, ma forse non tutto un torneo: un colpo di fortuna averla conosciuta, ma quante mani di carte dura la fortuna?
Lei lo guarda mentre insieme mangiano il primo piatto, e Lei pensa che abbia fatto l'amore con Lei con un tatto inconsueto, quasi con una strana cautela e con una forma inedita di coinvolgimento, almeno così le è sembrato, forse. Lei vede che Lui ha perso stasera buona parte della sua aria sardonica usuale, sovrastata da un suono sordo, come di bombardamenti in lontananza, che pure si appressano, e lo guarda di sottecchi senza voler farsi scorgere. Vorrebbe non farlo andare via.
Di Lapo Mazza Fontana
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