31 Marzo 2025
Innocenzo Cipolletta
Il numero degli associati AIFI ha raggiunto quota 183 nel 2024, includendo soggetti eterogenei per grandezza e attività svolta. Il portafoglio del private equity e venture capital conta quasi 2.400 società, mentre il comparto del private debt ha registrato investimenti in oltre 600 aziende negli ultimi cinque anni. Complessivamente, questo settore occupa più di 850 mila dipendenti.
Il mercato del private capital ha visto una crescita significativa sia a livello internazionale sia in Italia, accompagnata da cambiamenti nei modelli di business. Questi temi sono stati al centro del Convegno annuale AIFI, svoltosi presso Assolombarda con il contributo di KPMG.
“La raccolta di capitali e gli investitori istituzionali sono cambiati nel tempo, mentre a livello internazionale, quelli tradizionali hanno incrementato il peso degli asset alternativi nel proprio portafoglio, e al loro fianco sta ricoprendo un ruolo sempre più importante la ricchezza privata come asset manager e family office, in Italia la raccolta rimane la parte più complicata dell’attività, anche se ci sono alcuni segnali confortanti e le performance del mercato risultano molto positive” - afferma Innocenzo Cipolletta presidente AIFI.
Nel mercato italiano, 24 operatori di private equity e venture capital adottano un focus tematico, con la metà concentrata sulla tecnologia. Inoltre, 15 operatori hanno ampliato le asset class offerte, trasformandosi in piattaforme multi-asset. Sempre più asset manager includono investimenti alternativi nelle loro strategie.
A livello internazionale, i cinque maggiori fondi di private equity tra il 2022 e il 2024 hanno raccolto oltre 100 miliardi di euro, con gestori americani che superano i 100 miliardi di dollari in asset. In Italia, invece, gli operatori gestiscono importi più contenuti: oltre la metà ha meno di 200 milioni di euro in gestione.
“Nel 2024, a livello globale, inflazione e tassi d’interesse sono diminuiti, creando condizioni più favorevoli al mercato M&A – commenta Stefano Cervo, Partner KPMG, Head of Private Equity. Nel Private Equity i valori degli investimenti e degli exit sono aumentati e sono tornati i mega-deal. Gli exit restano comunque ai livelli più bassi del decennio, creando pressioni sulle distribuzioni agli investitori. Nonostante l’attuale incertezza macroeconomica e geopolitica, la liquidità disponibile ed il numero di asset in portafoglio degli operatori che dovrà arrivare sul mercato ci rendono moderatamente ottimisti anche per il 2025”.
In Italia, i private equity domestici chiudono operazioni più piccole, con una media di 16 milioni di euro, rivolgendosi a Pmi familiari in crescita. Gli operatori internazionali investono mediamente 55 milioni per operazione, con notevoli differenze: gli americani raggiungono i 104 milioni, gli anglosassoni 84 milioni, mentre i francesi si focalizzano sul mid market con 32 milioni. Le operazioni di venture capital hanno una media di due milioni, mentre quelle infrastrutturali si attestano a 175 milioni.
Nel private debt, gli investimenti medi sono di otto milioni per gli operatori domestici e di 40 milioni per gli internazionali. Anna Gervasoni, direttore generale AIFI, sottolinea che questa eterogeneità di attività e dimensioni è fondamentale per rispondere alle esigenze del tessuto industriale italiano.
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